Arriva nei cinema dal 25 gennaio con Merlino Distribuzione il film che ha aperto la Semaine de la Critique nel 2016, Tutti gli uomini di Victoria, secondo lungometraggio della regista francese Justine Triet dopo La Battaglia di Solferino, presentato sempre a Cannes nel 2013 nella sezione Acid. Una commedia sulla vita caotica di una donna moderna, Victoria, interpretata all’attrice belga Virginie Efira, giovane e avvenente avvocato penalista, madre single che si districa tra la gestione delle sue due bambine, verso le quali è amorevole ma spesso distratta, la ricerca di affermazione professionale e una turbolenta vita sentimentale, fatta da una serie di fugaci quanto insignificanti incontri. Una donna complessa e piena di contraddizioni, sull’orlo di una crisi esistenziale e intrappolata in una spirale emotiva che finisce per contaminare anche la sua vita professionale. “Il mio personaggio mescola più contraddizioni – sottolinea Virginie Efira – spesso i personaggi femminili che interpreto sono donne che cercano di cavarsela da sole, con una forte solidità di base, ma questa volta ho potuto mostrare anche la possibilità di crollare, essere forti da soli non è poi molto interessante”. Victoria sottostima il suo bisogno di essere consolata e coccolata, non si rende abbastanza conto della sua stessa vulnerabilità, “un aspetto caratteriale che mi appartiene profondamente”, rivela l’attrice. Così, quando alla fine perde il controllo, crollano improvvisamente tutte le sue certezze, sia personali che professionali, e si ritrova totalmente inerme, travolta dal suo fragile equilibrio emotivo messo duramente alla prova.
Tutti gli uomini di Victoria è un’analisi ironica e divertita sulle condizioni della società contemporanea e su una nuova tipologia di madri single, concentrate sul proprio lavoro e spesso in crisi personale, che, come Victoria, vivono sovente in appartamenti disordinati e con i figli abbandonati ad una apparente semi-anarchia. “L’unica emozione piacevole, però, nella vita di una donna come Victoria tanto irrigidita dalle responsabilità quotidiane, è proprio quel disordine che nel suo caso diventa allegria”, sottolinea la sessuologa e terapeuta Marinella Cozzolino, che rispetto alla difficile relazione uomo-donna messa in scena nel film evidenzia: “Nella vita privata di Victoria non manca tanto il desiderio ma il piacere. Ci sono lavori con alti livelli responsabilità, come quello dell’avvocatura, che trascinano le persone in un vortice in cui l’ambito lavorativo occupa uno spazio talmente enorme, anche nella vita personale, che finisce per non lasciare margine per se stessi. Victoria ha una parte maschile molto sviluppata, non ha tempo per pensarsi libera e quindi per desiderare. Lei erotizza il lavoro, erotizza il potere e il denaro. Ambisce al possesso, aspetto che annulla in lei il desiderio: nella sua vita i maschi li possiede, sono suoi, e quindi non li desidera. L’unico piacere che Vittoria si concede sono le sigarette, che fuma compulsivamente, un piacere orale immediato la cui soddisfazione non ha bisogno di relazioni e non necessita dell’altro”.
Il rapporto con la giustizia e con il denaro, il calo del desiderio sessuale, gli assalti di un ex marito che prova in tutti i modi a sfruttare la loro passata relazione, sono tutti gli aspetti della complicata vita quotidiana di Victoria che vengono esaminati nel film. “Mi sono totalmente identificata con la protagonista – rivela l’avvocato Giada Bernardo, anche lei madre single alle prese con un figlio piccolo da crescere. “Come Victoria avverto il peso del tempo per me stessa che manca e la necessità di accontentare tutti, e non è sempre così facile. L’ho trovato un film divertente, ma anche reale e amaro sotto molti profili, che rappresenta perfettamente la professione dell’avvocato e della donna al giorno d’oggi, problematica e piena di impegni difficili da incastrare”.
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