Vanzina/100autori: destagionalizzazione della distribuzione e allungamento della stagione

Due interventi su 'La Stampa' a opera del regista e dell'Associazione si concentrano su come sia cambiato il pubblico


Una lettera dell’Associazione 100autori è stata pubblicata ieri su ‘La Stampa’, si concentra su come è cambiato il pubblico delle sale cinematografiche negli ultimi anni, in risposta alle riflessioni espresse da Enrico Vanzina sul tema della “destagionalizzazione della distribuzione di film e sull’allungamento della stagione cinematografica”.

“Ormai le abitudini del pubblico sono cambiate – si legge – Sono in molti ad aver ridotto – per necessità o per virtù – la durata delle vacanze estive in luoghi di villeggiatura. Spesso una buona parte degli spettatori sarebbe disposta ad andare al cinema anche d’estate, ma non trova nelle sale un’ampia proposta di film. E così finisce per disertarle per due o tre mesi, riorganizzando il proprio tempo libero con attività sostitutive. Per intervenire su questa tendenza e riavvicinare il pubblico, la nuova Legge Cinema dovrebbe prevedere che i contributi automatici alla produzione tengano conto del periodo di uscita del film, determinando una “destagionalizzazione” della distribuzione, premiando le uscite estive e puntando sull’allungamento della stagione cinematografica. È vero, come sostiene nella sua lettera Enrico Vanzina – che ringraziamo per aver sollevato l’attenzione su questo tema – che molti autori, produttori e distributori non amano uscire nei mesi estivi, perché pensano di ottenere migliori risultati in altri periodi dell’anno o temendo che essere distribuiti in quel periodo significhi anche attestare la proposta di film di minore valore “commerciale”.

Così come è vero che alcuni film – di ogni nazionalità – vengono fatti uscire nei periodi meteorologicamente “caldi” come “uscite tecniche” finalizzate semplicemente a valorizzare al meglio la vendita televisiva.  Va pure sottolineato che essere distribuiti quando c’è poca concorrenza comporta una speranza più elevata di restare in sala più a lungo rispetto ai periodi più competitivi. C’è però anche una categoria di film che, pur non avendo un pubblico potenzialmente numeroso, meriterebbe di essere proposto nei mesi a maggiore intensità di frequentazione delle sale. Per questa ragione 100autori auspica che la DGCinema del Mibact, che è adesso in fase di scrittura dei decreti attuativi, lavori in direzione di incentivi che facciano uscire i film commercialmente “forti” nei mesi difficili e di altrettanti incentivi a favore dell’uscita di film “difficili” al di fuori del periodo estivo. Nel primo caso si incoraggiano i cineasti a scommettere sul pubblico e nel secondo si incoraggia il pubblico a scommettere sui cineasti. La vera partita, dunque, è riavvicinare tutti gli spettatori alla sala, durante tutto l’anno. Ed è questo l’augurio che 100autori condivide”.

Di seguito la lettera mandata da Vanzina, il 3 marzo: “Caro Direttore, la prima capitale italiana del Cinema fu Torino. Nel 1896, proprio a Torino, i Fratelli Lumière esibirono per la prima volta in Italia il loro film destinato a cambiare la cultura del pianeta. E fu sempre a Torino che, nel 1907, nacquero i primi studi cinematografici nazionali; quelli dove Giovanni Pastrone girò il mitico Cabiria. Per questo ho deciso di rivolgermi a Lei, direttore del giornale simbolo del capoluogo piemontese, con l’ urgenza di lanciare un grido d’ allarme che riguarda la vita del cinema italiano contemporaneo. Fino a poco tempo fa, in Italia, quando arrivava l’ estate, i cinema chiudevano «per ferie». In estate, gli italiani preferivano andare al mare, ai monti, in campagna, disertando le sale cinematografiche. Colpa del caldo, dei riti storici delle lunghe villeggiature, delle città abbandonate, delle fabbriche, degli uffici, dei ristoranti e dei negozi tutti chiusi. Ma il mondo è andato avanti. Oggi le piccole sale di una volta (talvolta con rammarico) sono state sostituite dai moderni multiplex. E con l’ arrivo delle multisale, il cinema adesso viene programmato anche d’ estate. Aria condizionata e luoghi di aggregazione commerciale hanno reso questa innovazione possibile. Il merito va anche alla politica delle grandi major americane che hanno distribuito, con risultati eccellenti, i loro film nuovi e importanti a giugno, luglio e agosto. D’ altronde all’ estero, in America, in Francia, in Inghilterra, addirittura in Spagna dove fa caldo come da noi, la stagione estiva è il clou della programmazione, visto che gli studenti, insomma i giovani, sono in vacanza. Eppure, il cinema italiano si rifiuta di uscire nelle sale durante questo lungo periodo estivo. Come mai? Semplice: in estate, produttori e autori nostrani temono d’ incassare meno. E quindi si concentrano, con ottusa visione lobbistica, nei mesi autunnali, invernali e primaverili. Così creano un danno irreparabile sia al cinema italiano che a tutto il sistema. Questa loro ottusità, infatti, provoca, per nove mesi l’anno, un affollamento di titoli nelle sale. E ciò impedisce il sano sfruttamento economico di ogni singolo film. La tenitura è compromessa, i film spariscono dai cinema dopo una settimana, la concorrenza diventa autolesione. Tutti lo sanno ma nessun cineasta italiano è pronto a sacrificarsi per il bene comune. Come accade spesso nel nostro Paese, tutti pensano solo al loro orticello. Negli ultimi anni, mio fratello Carlo ed io abbiamo intuito la gravità del problema, decidendo di fare uscire alcuni dei nostri film a fine stagione: Un’ estate al mare e Un’ estate ai Caraibi sono stati dei grandi successi. Altri hanno faticato un po’. Ma questa è la via giusta da percorrere. Una via di sopravvivenza per tutto il nostro settore. Se altri colleghi, dopo di noi, non seguiranno questa strada, il fatturato del cinema italiano sarà destinato a scendere sempre più in basso. L’anticamera di una crisi nera”. 

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16 Marzo 2017

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