Sharon Stone: “Mi manca molto Bernardo Bertolucci, uno dei grandi geni del cinema”

L'attrice a Torino riceve una Stella della Mole e presenta 'Pronti a morire', che aveva prodotto nel ‘95. Il suo impegno sociale e la consapevolezza della "forte resistenza al potere delle donne: la mia resistenza è l'intelligenza"


TORINO – È una stella (“star”) assoluta e a Torino è una Stella della Mole, una delle 12 personalità che il 42TFF premia con il riconoscimento.

È anche, e soprattutto, un’attrice, una produttrice, una modella e una pittrice, oltre che un’attivista per alcune battaglie sociali di portata universale.

Lei è Sharon Stone, nel cuore del Festival 2024 sin dalla cerimonia di apertura, e nel capoluogo piemontese ospite anche per presentare Pronti a morire (1995) di Sam Raimi, di cui Stone è stata produttrice e di cui ricorda subito “il grandissimo dop, Dante Spinotti: sono stata benedetta perché ho potuto produrre il film, ho potuto scegliere il cast, avere Russell Crowe e Leonardo Di Caprio per il grande ruolo del leader”.

Stone brilla di luce propria ma non sembra abbagliata da se stessa, anzi il suo sofisticato Quoziente Intellettivo restituisce una persona e un’artista di una consapevolezza solida e rotonda, in cui una riflessione l’affida al potere delle emozioni: “in questo momento, in cui nel mondo ci sono idee così diverse e conflitti, credo che l’onestà sia il modo più bello per comunicare, e l’arte sia il modo non politico per esprimersi; si tratta dell’unico modo che consente di esprimerci in maniera intelligente, con grazia e senza violenza”.

Un mondo che spesso è marionetta della politica, materia su cui Stone non svia e commenta puntando la luce su alcune tematiche, come la violenza sul femminile: “questione che è un grande problema: credo ci si debba fermare e pensare a chi scegliamo per governarci… L’Italia ha vissuto il fascismo, quindi voi capite, perché avete già visto succedere delle cose…, mentre il mio Paese è nella fase adolescenziale, come un adolescente è  ingenuo e arrogante; certe cose non le abbiamo viste prima e l’80% degli americani non possiede ancora il passaporto, non viaggia e dunque non conosce, vivendo in una straordinaria ingenuità. L’unico contributo possibile è un aiuto reciproco: gli uomini bravi devono aiutare e essere consapevoli che molti dei loro amici non siano uomini per bene, sono pericolosi e violenti e vanno tenuti lontani dalle fidanzate, dalle figlie, dalle mogli. Non possiamo più voltare lo sguardo dall’altra parte. Gli uomini sono il primo elemento di morte delle donne: quello degli uomini sono le malattie cardiologiche“.

Il passato, dunque, come effetto del presente, che non può escludere una visione sul futuro di cui l’adesso è propulsore ed ecco così la riflessione di Stone sulle nuove tecnologie e sull’intelligenza artificiale che per lei “non metteranno fine al cinema o alle nostre case: il microonde non ci ha reso sterili, insomma; l’AI può scrivere sceneggiature o musica che fanno schifo, insomma fare cose facili… ma non potrà prendere il sopravvento sulle emozioni umane. Credo ci sia un eccesso di reazione all’AI: ci aiuterà con cose operative, funzionali, ma io non penso sarò sostituta dall’AI“.

Se l’AI è il futuro prossimo, se non già il presente vivido, Stone ricorda anche il suo passato e da allora, e ancora, nella sua stabilità personale, nella sua visione del mondo, molto ricorre un humus italiano: “quando avevo 19 anni mi sono trasferita a Milano, cominciando come modella, e avevo un fidanzato italiano: poi, ci sono sempre tornata in tutta la mia vita, ho portato i miei figli, volevo cominciassero a capire la ricca cultura italiana e presto farò una mostra di pittura all’Ara Pacis di Roma”. Una sfaccettatura dello spirito italiano Stone la esprime anche nella riflessione su Sam Raimi e Martin Scorsese, che nell’anno domini 1995 l’hanno diretta (Pronti a morire, che lei ha appunto anche prodotto, e Casinò): “di Raimi mi piacevano i suoi film, intelligenti e divertenti, però lui è un ragazzino, non mi ha mai ringraziata, né  più richiamata, non ha mai riconosciuto il rapporto; mentre Scorsese è italiano, ha la fedeltà e il senso della famiglia: noi abbiamo ancora un rapporto. Lui ha una profondità, ha un ‘quid’ italiano: la mia cultura è sia inglese che profondamente francese, una cultura della famiglia quasi genetica“.

Stone, una nessuna e centomila, sarebbe stata pronta anche per la prova dietro la macchina da presa a fine Anni ’90 ma, come racconta, “dopo aver prodotto sono andata agli Studios, avevo ‘il miglior pitch mai sentito’ mi era stato detto, ma era evidente la resistenza al lavoro delle donne, che non ha permesso potessi anche dirigere: la mia intelligenza era sprecata per insistere con uomini meno intelligenti di me. C’è forte resistenza al potere delle donne: la mia resistenza è l’intelligenza“.

Una resistenza che porta in prima linea anche nelle cause umane, tra cui quella per la lotta all’AIDS: “come sapete, Liz Taylor ha iniziato l’amfAR – American Foundation for AIDS Research,  ma dopo soli 3 anni stava male e così ho preso il suo posto: immaginavo avremmo risolto la crisi ma solo decenni dopo… siamo stati in grado di cambiare la realtà di quella crisi, una grandissima sfida. Il Covid è un virus come l’HIV: per il primo c’è stato un vaccino, certo di test, ma messo a disposizione in maniera veloce, mentre mai è stato così per l’HIV, che ha contato 40mln di morti; adesso, c’è una medicina per contrastare la carica virale, ma questa ha richiesto decenni di ricerca senza il supporto che avremmo dovuto avere a livello mondiale, c’è stata mancanza di empatia“.

Dunque, mille “identità” per Stone, tra cui non può mancare quella di spettatrice: “guardo un po’ di tutto… e mi piace moltissimo la tv scandinava, credo sia una cultura molto sofisticata; sono ossessionata dal cinema: non c’è al momento molto di nuovo in tv, tra Covid e sciopero. Mi manca molto Bernardo Bertolucci, uno dei grandi geni del cinema”.

 

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24 Novembre 2024

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