Nelle sale dal 3 maggio, con un’anteprima a Roma al cinema Apollo alle 21:00, Uno sguardo alla terra, il nuovo film di Peter Marcias distribuito da Luce Cinecittà e prodotto da Capetown Film in collaborazione con Società Umanitaria Cineteca Sarda (che custodisce il Fondo Fiorenzo Serra), con il sostegno della Fondazione Sardegna Film Commission-Fondo Filming Cagliari, e Sardegna Solidale. Un documentario sui documentari che nasce dalla volontà di recuperare uno dei più importanti lavori del cinema del reale, L’ultimo pugno di terra di Fiorenzo Serra (1965) sul cambiamento sociale ed economico della Sardegna negli Anni ’60. Il documentario, che vide la supervisione di Cesare Zavattini, nacque su commissione della Regione Sardegna che voleva vedere celebrati i progressi del progetto di Rinascita, che invece Serra presentò in chiave dubbiosa e poco ottimista. Non godendo dell’approvazione dei suoi stessi committenti, L’ultimo pugno di terra fu smontato per realizzare dei documentari più brevi che invece circolarono in sala. Peter Marcias ha scelto L’ultimo pugno di terra come punto di partenza della sua riflessione, concentrandosi non tanto sul contenuto, ma sul senso che esso veicola: questa necessità costante di un cinema che catturi il reale.
La versione restaurata dalla Società Umanitaria Cineteca Sarda nel 2005 è stata mostrata lo scorso anno a diversi registi per arrivare a una riflessione sul loro approccio al documentario. Vincenzo Marra, Jose Luis Guerin, Claire Simon, Tomer Heymann, Sahraa Karimi, Mehrdad Oskouei, Brillante Mendoza e Wang Bing si sono confrontati sul significato di cinema del reale e soprattutto sullo stato di salute della Terra. “È stato facile entrare in contatto, tutti si sono subito mostrati disponibili perché si parlava di cinema”, spiega Peter Marcias. “Discutere con i registi come si lavora nel cinema documentario è stata un’occasione rara e un grande privilegio. Poter mostrare loro la mia terra, la Sardegna, anche grazie a Fiorenzo Serra, mi ha permesso di capire di più il mondo dove vivo”. Uno dei punti di forza del progetto è il fatto di non avere una lingua come l’inglese come regola. Ogni documentarista si esprime nella sua lingua di origine, così si sentono testimonianze in italiano, tagalog, spagnolo, francese, ebraico. Quello che emerge è un film torre di Babele, una grande sinfonia di voci che parlano idiomi diversi ma capaci di capirsi attraverso le immagini. “Uno sguardo alla terra non è né un biopic né un testo meramente celebrativo, bensì un complesso work in progress polifonico – continua il regista – nel quale la prospettiva di Serra innesca una riflessione filmica ambiziosa, ben più critica e intrigante sulla scrittura dell’intimo e del sociale, sul confine labile tra illusione di neutralità e sguardo soggettivo.
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