TORINO – Bozzetti, disegni, fotografie, concept art, storyboard, costumi, opere in movimento, progetti mai realizzati, maquette, pupazzi, installazioni scultoree a grandezza naturale. Oltre cinquecento esempi di opere d’arte originali, alcune mai viste prima, per raccontare l’universo creativo di un grande autore visionario. Tim Burton ha incontrato la stampa a Torino per inaugurare nella Mole Antonelliana, Il mondo di Tim Burton, mostra ideata e co-curata da Jenny He in collaborazione con lo stesso regista e adattata da Domenico De Gaetano per il Museo Nazionale del Cinema.
In programma fino al 7 aprile 2024 l’esposizione immersiva, suddivisa in nove sezioni tematiche, si concentra sull’archivio personale di Burton, mostrando un’incredibile varietà della sua produzione artistica basata sulla sua straordinaria immaginazione. “La fantasia è sempre stata importante nei miei lavori. Io traggo la realtà dalla fantasia, per me sono due aspetti che si compenetrano. La cosa importante sono anche le emozioni umane che suscitano”, ha detto il regista di Burbank, 65 anni. Anche il mondo di oggi continua a stimolare la creatività di Burton: “Per me è importante guardare fuori dalla finestra, osservare il vento che soffia, le cose intorno a me e pensare”, ha detto.
Sin da bambino, l’autore di Edward mani di forbice e Nightmare Before Christmas ha espresso la sua fantasia attraverso il disegno. “Crescendo ho continuato a farlo, pur sapendo di non essere così bravo. ma per me è stata una sorta di terapia. Attraverso i disegni ho esplorato il mio subconscio, il mio io interiore, le mie idee. Sono stato fortunato, non ho ascoltato le critiche negative. E invito gli altri a fare lo stesso. Non preoccupatevi di quello che dice la gente!”.
Per la formazione di Burton è stato fondamentale anche il cinema italiano, che lo ha influenzato sin dalla gioventù: “Nella mia città ho potuto vedere anche i film italiani, sono cresciuto con loro. Il primo regista con il quale mi sono identificato è stato Mario Bava di cui guardavo gli horror. Ho visto prima i suoi film e poi ho imparato il suo nome. Poi c’è stato Federico Fellini. Mi piaceva il suo aspetto onirico, la sua visione. Guardando questi film potevo vivere sogni e incubi”. E a proposito di incubi, Burton ha detto di non averne mai avuto paura: “A me spaventano più le cose normali. Anche quando ero ragazzino, avevo paura ad esempio di alzarmi e andare a scuola, oppure di alcuni miei familiari”.
Ancora oggi il regista californiano si sente “un outsider, un reietto, l’ultimo della mia specie (facendo riferimento all’immagine scelta per rappresentare la mostra, The last of its kind, ndr). È una sensazione che non mi abbandona mai”. Per questo nei suoi lavori ha voluto sempre raccontare gli ultimi, come Mercoledì, personaggio al centro della sua prima serie. Dopo una prima stagione uscita lo scorso anno su Netflix, ne ha diretta una seconda: “Purtroppo siamo fermi per via degli scioperi, La finiremo appena si rivolveranno i problemi. Mercoledì mi ha parlato fin da subito. Ho sentito che era scritto per me. C’è ancora dentro di me una parte da adolescente disturbato, mi sono sentito parte della famiglia Addams”.
Se con Mercoledì, Burton ha trovato una sua nuova forma espressiva attraverso la serialità, il cinema rimane fondamentale per lui. “C’è chi è preoccupato per il futuro del grande schermo, come Martin Scorsese. Io non lo sono. Le persone continuano ad andare al cinema, la televisione non lo ha soppiantato come si pensava durante il Covid”. Bisogna temere l’intelligenza artificiale? “Dipende da come viene utilizzata la tecnologia, se in modo positivo o negativo. Certo hai la strana sensazione di non essere più nel tuo corpo”, ha risposto. E il politicamente corretto? “È qualcosa di orribile per un artista. Io sono sempre stato scorretto nel mio lavoro. Spero si torni a ragionare perché ci sono generi che risentono molto del politicamente corretto”.
Ad accogliere a Torino Burton – che in serata ha ricevuto il premio la Stella della Mole, e ha sfilato sul violet carpet allestito di fronte alla Mole per incontrare i fan, firmando autografi e scattando selfie – è stato Enzo Ghigo, presidente del Museo Nazionale del Cinema: “Abbiamo investito molto su questa mostra. Credo che questo connubio tra la follia architettonica dell’Antonelli e la follia visionaria dei personaggi di Tim Burton trovino qui alla Mole la giusta sintesi. Spero che tutti i visitatori proveranno la stessa emozione che abbiamo provato noi a guardarla”. E Domenico De Gaetano, direttore del Museo Nazionale del Cinema, ha spiegato della mostra, costata 900mila euro: “Tim Burton piace a diverse generazioni di spettatori. Non c’è un autore che sia stato più amato e influenzato dalle altre arti. Nei suoi film ha dato sempre spazio agli outsider, ai reietti. La mostra ha invaso tutta la Mole Antonelliana, dalle rampe ai giardini, si è fusa con la magia dell’architettura e il racconto della storia del cinema permanente, per mostrare il talento di Burton“.
Domani alle 18.30 al cinema Massimo di Torino Burton terrà una masterclass pubblica (sold out) condotta da Piera Detassis. Alle 20.30 ci sarà la proiezione di Beetlejuice-Spiritello porcello, film di cui a distanza di 35 anni ha girato recentemente il sequel dove tra i protagonisti c’è anche Monica Bellucci, sua attuale compagna.
Dal 13 novembre al 15 dicembre 2024 al Museo Nazionale del Cinema, sulla cancellata storica della Mole, la mostra sulla Torino di fine anni ’70. Il 42mo Torino Film Festival ospiterà anche la proiezione ufficiale di Ragazzi di stadio nella sezione Zibaldone
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