Stoya, androide, anarchica, sex worker

A Trieste Science+Fiction Stoya, trentaduenne americana di origini serbe, accolta da una vasta platea di fan e curiosi, ha accompagnato l’anteprima di Ederlezi Rising


TRIESTE – Più di ogni altra cosa Stoya sembra una donna libera. Libera dagli stereotipi, da qualsiasi giudizio e da ogni forma anche nascosta di moralismo o “benpensantismo”. È iscritta al partito democratico, ma si sente un’anarchica. Il cliché della porno-diva lo contrasta evitando regolarmente qualsiasi traccia di make-up, smalto, extension o protesi al silicone, ostentando invece un corpo pallido, esile e snodato che usa come un’arma affilata, politicamente significante. Ma anche l’etichetta di “femminista” le va stretta e ci tiene a rimarcarlo, nello stesso modo in cui pone veti su eventuali domande in tema di #metoo o di sexual harassment, in particolare, si intuisce, sulla vicenda delle accuse lanciate su twitter all’ex fidanzato e collega James Deen. Collaboratrice per alcune tra le più importanti testate internazionali (“The New York Times”, “The Guardian”, “Vice”…), è da poco uscito il suo libro Philosophy, Pussycats & Porn, in cui prende in esame i pregiudizi più comuni nei confronti delle sex-workers e riflette sul modo in cui la sessualità ha influenzato e influenza la società, ma – sostiene – “faccio attivismo a modo mio”. “Faccio politica e combatto quando vedo consumarsi attorno a me delle ingiustizie, se persone della mia comunità rischiano la vita per colpa di decisioni sbagliate prese dall’alto. Ma io sono e rimango una pornografa”.

A Trieste Science+Fiction Stoya, trentaduenne americana di origini serbe, accolta e applaudita da una vasta platea di fan e curiosi che affollavano il Teatro Rossetti, ha accompagnato l’anteprima nazionale di Ederlezi Rising, esordio alla regia del serbo Lazar Bodroža in cui interpreta una seducente androide di nome Nimani. Si tratta del suo primo ruolo in un film non pornografico, ma di proposte al di fuori del mondo dell’hard in passato ne erano già arrivate. “Niente che mi interessasse – afferma risoluta – alla fine ricevevo sempre e solo le stesse offerte: ‘la spogliarellista n.3’, ‘la prostituta n.6’ e così via. Francamente non mi piaceva l’idea di finire a fare la brutta copia di me stessa. Rimpiango solo di non aver potuto partecipare al film di Maja Milos Clip (Tiger Award nel 2012 all’International Film Festival di Rotterdam, ndr), ma impegni precedenti me l’hanno impedito”.

È solo questione di tempo. Infatti la spunta Lazar Bodroža, artista visivo laureato a Belgrado che, tramite un amico comune, fa arrivare a Stoya il suo script. E allora comincia l’avventura. Tra le poche richieste avanzate dal regista quella di accorciare i capelli con un taglio alla Louise Brooks, scelta che l’attrice accetta senza riserve. Nessun modello in particolare la ispira per il personaggio di Nimani, nessun androide femminile impresso nell’immaginario sci-fi del passato. “Non volevo farmi influenzare e finire involontariamente per ricalcare un modello esistente. Non ho studiato recitazione, non ho una formazione specifica, ma il porno mi ha insegnato a stare davanti alla macchina da presa. Mi sono semplicemente affidata ai suggerimenti di Lazar e di tutta la troupe. Per entrare nel personaggio mi è stata utile l’ambientazione. E anche i costumi, che mi obbligavano a mantenere una certa postura, a muovermi in un certo modo. Quando recitavo nuda, infatti, cercavo di ricordarmi di quella particolare postura, per continuare a sentirmi e a muovermi come un robot. Con sembianze umane ma un robot”.

Ederlezi Rising è tratto da un romanzo breve di Zoran Neskovič. Racconta un viaggio spaziale su Alpha Centauri. A bordo della navicella viaggiano un astronauta e una androide. Tra loro si stabilisce un rapporto che mette in campo desiderio, seduzione, sessualità, dominio e sottomissione. Per certi versi, al netto dell’ambientazione spaziale e dell’illuminazione al neon, più che un film che indaga le relazioni tra esseri umani e cyborg, sembra scandagliare le dinamiche di rapporto tra uomini e donne. “Infatti, penso che la questione fondamentale sia proprio questa. La domanda che il film si pone è: anche in futuro, nelle relazioni con i cyborg, gli uomini continueranno a commettere gli stessi errori che oggi commettono nei rapporti con le donne?”

Lucida, vigile, attenta. Anche se non lo ammetterà mai, Stoya è proprio un animale politico. Il suo libro, uscito durante l’estate, è una raccolta di saggi, di articoli per il NYT, pensieri in libertà che saltano di palo in frasca, legati dall’intento di stabilire cosa significa, oggi, essere sex worker e pornografa in America. “Una risposta ancora non c’è – conclude l’attrice -. È solo da poco, soprattutto in seguito alla pressione dell’amministrazione Trump, che io e altre colleghe stiamo uscendo allo scoperto per raccontare le nostre esperienze. Da un lato c’è la speranza in un futuro migliore, dall’altro il timore che il prossimo bersaglio politico, dopo musulmani e transgender, si possa essere noi”.

Beatrice Fiorentino
05 Novembre 2018

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