Stephen King e il cinema: un rapporto controverso

In occasione dell'uscita di 'The Monkey' ripercorriamo senza pretesa di completezza la storia delle trasposizioni cinematografiche e televisive degli scritti del re del brivido


Dopo aver ritrovato in soffitta la vecchia scimmietta giocattolo del padre, i fratelli gemelli Hal e Bill assistono a una serie di morti orribili che iniziano a verificarsi attorno a loro. Terrorizzati, decidono di sbarazzarsi del macabro oggetto e prendere strade separate nella vita. Tuttavia, anni dopo, quando gli eventi inspiegabili riprendono, i due fratelli sono costretti a riunirsi per affrontare il loro passato e trovare un modo per distruggere definitivamente il giocattolo maledetto.

Sta per arrivare, distribuito da Eagle Pictures La scimmia (The Monkey), scritto e diretto da Oz Perkins – appena reduce del successo di Longlegs – e basato sul racconto breve ‘La scimmia’ di Stephen King.

C’è un precedente che in pochi ricordano: Il dono del Diavolo di Kenneth J. Berton, del 1984, che pur non rappresentando una trasposizione ufficiale presenta una trama molto simile.

Stephen King rappresenta un asse problematico quando si tratta di trasposizioni delle sue opere al cinema. Con la sua crescente popolarità negli anni ’80, periodo di massimo splendore del genere horror e suspence di cui è maestro, è naturale che in molti abbiano provato a portare le sue atmosfere sul grande (e anche sul piccolo schermo).

Riuscirci era un altro paio di maniche, vuoi per il suo stile articolato e molto basato sulle descrizioni, difficile da rendere con la sintesi del media cinematografico, vuoi per oggettive difficoltà di budget, dato che ancora non esistevano i potenti mezzi della cgi e alcune rappresentazioni del re del brivido risultavano troppo costose o elaborate da realizzare.

Così, il rapporto tra King e il cinema è d’amore/odio, fino ad arrivare al paradosso per cui lui disprezza uno dei più grandi capolavori cinematografici tratti dalla sua penna, lo Shining di Stanley Kubrick – tando da decidere di dirigersi da solo una corrispettiva miniserie televisiva, che oggettivamente non regge il confronto nemmeno alla lontana – ma apprezza invece la versione di It di Andres Muschietti, che secondo molti spettatori tradisce fortemente lo spirito dell’opera originale spostando l’azione dagli ingenui anni ’60, in cui un lupo mannaro in giubbotto da liceale poteva davvero far paura, agli scafatissimi anni ’80, soprattutto per cercare di seguire l’onda di Stranger Things. Ed è un peccato, vista l’ottima prova di Bill Skarsgård nei panni del malefico clown Pennywise.

Meglio a quel punto la mini tv in due puntate diretta da Tommy Lee Wallace (1990), più casereccia ma anche più genuina, interpretata da un leggendario Tim Curry.

Esempi virtuosi, comunque, non mancano. Pensiamo a Carrie – Lo sguardo di Satana, cult del 1976 con una grandiosa Sissy Spacek e un imberbe John Travolta, a Misery non deve morire (1990), che valse a Kathy Bates un premio Oscar, al cruento Grano rosso sangue (1984), allo spaventoso Cimitero vivente (1989), che presentava assonanze anche col nostro Zeder.

Meno riusciti, almeno secondo critica e pubblico, Brivido (1986), diretto dallo stesso maestro e considerato da lui stesso un disastro, il remake di Carrie (2013), nonostante una brava Chloe Moretz, e La torre nera (2017), riduttivo per una delle saghe più complesse del re.

Poi ci sono i Kinghiani “atipici”, che smorzano terrore e raccapriccio per dedicarsi a temi più sentimentali, come il meraviglioso Stand by me – Ricordo di un’estate (1986), drammatico, nostalgico e amatissimo o Il miglio verde (1989), commovente e intenso.

Oppure i fantascientifici, come Il tagliaerbe (1992), molto costruito attorno alla realtà virtuale, ma per cui King ha chiesto addirittura di eliminare il suo nome dai crediti, o L’Implacabile (1987), con Arnold Schwarzenegger, che a dirla tutta è un ottimo action fantascientifico anni ’80… che però c’entra poco con il romanzo originale (pubblicato sotto lo pseudonimo di Richard Bachman) che era un thriller psicologico distopico con accenni di forte satira politica.

Plauso particolare al Doctor Sleep di Mike Flanagan (2019), che nel sequel di Shining riesce a mettere incredibilmente d’accordo King e Kubrick, compiendo un mezzo miracolo.

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15 Marzo 2025

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