Stefano Accorsi: “Creare sinergie tra cinema e televisione”

Abbiamo incontrato l'attore bolognese a Celebrating Connections, l'evento organizzato dal MiC e da Cinecittà allo European Film Market. Presto lo vedremo nei panni di Guglielmo Marconi


BERLINO – Incontriamo Stefano Accorsi a Celebrating Connections, l’evento organizzato dal MiC e da Cinecittà, fortemente voluto dal sottosegretario Borgonzoni e dalla presidente Sbarigia, allo European Film Market. Una vetrina di giovanissimi talenti italiani condotta da Federico Ielapi (l’attore bambino scoperto con Pinocchio) oggi tredicenne. Ospiti d’onore, Matteo Garrone e appunto Accorsi. Il regista ha inviato un breve video messaggio da Los Angeles dove è impegnato nella campagna per l’Oscar di Io, capitano, mentre l’attore bolognese ha mostrato le prime immagini della fiction Rai su Guglielmo Marconi, genio bolognese di cui ricorrono i 150 anni dalla nascita, “the man who connected the world”. La serie, che andrà in onda in primavera, è prodotta da Simona Ercolani per Stand by me, con la regia di Lucio Pellegrini, e mette in scena anche il rapporto tra Marconi e la politica, in particolare il fascismo, un aspetto controverso della sua figura.

Cosa puoi dirci del tuo Marconi?

È stato un talento giovane, ha cominciato prestissimo, aveva una sorta di vocazione e fu un autodidatta. Era fondamentalmente un inventore, ma aveva anche una grande capacità imprenditoriale. Quando inventò il telegrafo senza fili, precursore della radio e della televisione, divenne famosissimo ed ebbe il Nobel per la Fisica nel 1909 che condivise con lo scienziato tedesco Carl Ferdinand Braun. Quando andarono a ritirare il premio a Stoccolma, il collega disse di non meritarlo, tanto stimava Marconi. Era bravissimo anche a trovare i finanziamenti, un genio in tutto. Eppure oggi molti giovani non lo conoscono e pensano che sia stato un pilota, visto che l’aeroporto di Bologna è intitolato a lui.

Cosa ti ha convinto a partecipare a Celebrating Connections?

Credo che mi abbiano invitato più che come capo delegazione come zio, essendo tutti minorenni avevano bisogno di un maggiorenne che si prendesse la responsabilità. A parte gli scherzi, promuovere la nostra cultura e il nostro cinema nel mondo è un invito che raccolgo sempre con grande piacere. È vero che il nostro cinema si difende bene da solo, ma io credo che non si debba mai smettere di parlarne, di promuovere la nostra cultura, perché comunque ogni occasione è importante, specie all’estero.

Esiste già uno star system italiano o c’è qualcosa da fare in più?

Abbiamo tanti attori e attrici importanti in Italia e credo che potremmo creare un sistema un pochino più solido. Se ci fosse la volontà politica, si potrebbe realizzare una sinergia tra uscita nelle sale e televisioni, possiamo prendere le cose che funzionano dalla Germania, dalla Francia. Il giorno di uscita dei film, per esempio, possiamo evitare che la televisione trasmetta film. Se riuscissimo a creare alcuni punti, sedendoci attorno a un tavolo, facendoci ascoltare da chi governa, si potrebbe legiferare anche in funzione della tutela del nostro sistema. La nostra cultura è grande e riconosciuta in tutto il mondo. Non ce lo dobbiamo mai dimenticare.

Sei attivissimo in questo periodo, hai appena presentato la fiction “un amore”, sta per arrivare la serie su Marconi ed è da poco uscito in sala il film con Fabio De Luigi “50 km all’ora”, in cui raccontate l’amore/odio tra due fratelli diversissimi.

Sì, è un momento molto positivo. Ma è anche un caso perché alle volte i progetti si affastellano. 50 km all’ora l’avevamo girato la scorsa primavera, alla serie un amore lavoravamo da prima del Covid, mentre Marconi viene trasmesso adesso perché ci sono i centocinquanta anni dalla nascita dello scienziato. Una delle parti più belle del mio mestiere è proprio quella di variare. Il 7, 8 e 9 marzo sarò al Teatro Massimo di Palermo con il mio spettacolo Giocando con Orlando, accompagnato dall’Orchestra Sinfonica Siciliana. Per me alternare cinema, teatro, televisione e – ti dico – anche pubblicità è importante perché sono tutte forme per esplorare il linguaggio della comunicazione. Oggi viene accettato questo esplorare, per fortuna, mentre prima c’erano dei pregiudizi e dei compartimenti stagni.

 

 

 

 

 

 

 

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