C’è stato un tempo in cui tre attrici italiane si sono divise la platea internazionale, furoreggiando a tutte le latitudini, da Hollywood a Tokyo, da Cinecittà fino all’Africa dei cinema all’aperto: Anna Magnani, Gina Lollobrigida e Sophia Loren. Delle prime due rimane la polvere magica del nitrato d’argento, una memoria cara ai cinefili e una risonanza indistinta che arriva fino alle nuove generazioni. Di Sophia Loren, che compie 90 anni il 20 settembre, la memoria è invece chiara: il suo mito fa parte del cinema contemporaneo, non foss’altro che per la candidatura all’Oscar di Laura Pausini con la canzone “Io sì / Seen” dalla colonna sonora di La vita davanti a sé, che la gran signora del cinema italiano ha interpretato diretta dal figlio Edoardo nel 2020.
Davanti a un compleanno così simbolico, a una carriera che parla da sé con 98 titoli (per lo più lungometraggi di successo), e a una vita orgogliosamente difesa nella sua “normalità” accompagnata da una bellezza stupefacente che si è adattata a ogni età sempre sfavillando, viene naturale il crampo anche al giornalista navigato. Cosa si può aggiungere? Cosa suggerire che non sia già nei libri di storia?
Potremmo partire dall’inizio, da quella bimba nata a Roma il 20 settembre 1934 da una partenopea verace, l’onnipresente mamma Romilda Villani, insegnante di pianoforte col mito del cinema, che aveva dovuto negarsi Hollywood come controfigura di Greta Garbo, ma che trasferì in fretta sulla figlia il suo sogno di gloria. Col papà le cose non andarono meglio, visto che Riccardo Scicolone, di schiatta nobiliare siciliana, rifiutò sempre di sposare la donna amata pur riconoscendo la figlia e dandole il nome: Sofia Costanza Brigida Villani Scicolone. Allo scoppiare della guerra, in difficoltà economiche, madre e figlia si trasferiscono nella casa di Pozzuoli e da lì a Napoli per sfuggire ai bombardamenti alleati. Ed è qui che fiorisce la “napoletanità” di Sofia, col primo concorso di bellezza vinto a 15 anni, il breve ritorno a Pozzuoli e poi il viaggio verso Roma coi primi soldi guadagnati.
Si può immaginare che la denuncia per prostituzione spiccata dal padre nei confronti di Romilda e della figlia (poi rivelatasi infondata e prontamente ritirata) abbia segnato l’adolescente Sofia, che da quel momento cerca una figura paterna capace di offrire protezione e rassicurazione. Invece la realtà è quella delle copertine per rotocalchi, altri concorsi di bellezza (vince il titolo di Miss Eleganza all’edizione 1950 di Miss Italia), qualche fotoromanzo e le prime comparsate a Cinecittà. La ragazza è di bellezza prorompente, incarna un nuovo sogno opulento e gioioso del primo dopoguerra, quando le forme perfette e il portamento altero sono il passaporto della nuova Italia che esce dagli stenti della guerra e si affaccia al benessere. Carlo Ponti, produttore emergente e determinato, la nota all’ennesimo concorso di bellezza, quando Sofia ha già assaggiato la notorietà alla radio nella mitica trasmissione di Corrado Il rosso e il nero. A Ponti basta poco per capire che ha trovato una star nascente in quella bellissima sedicenne: in 24 ore le fa firmare un contratto all’americana (sette anni di fedeltà) che gli permette di usarla per i suoi film e di “noleggiarla” ad altri colleghi come Goffredo Lombardo, che le imporrà il nome d’arte di Sophia Loren (si dice ispirandosi alla svedese Marta Torén). E in breve dal rapporto di lavoro si passa alla relazione sentimentale, faticosamente approdata al matrimonio solo nel 1966 dopo che lui aveva ottenuto il divorzio dalla prima moglie.
Intanto Sophia nel 1953 fa strabuzzare gli occhi degli spettatori nei succinti costumi egiziani in Due notti con Cleopatra di Mario Mattoli, a fianco del già affermato Alberto Sordi. Nel 1954 il suo fascino esplode con ben 15 set attraversati in pochi mesi e il successo trionfale di L’oro di Napoli con Vittorio De Sica (il suo primo ruolo da “pizzaiola”) e Peccato che sia una canaglia di Alessandro Blasetti con Marcello Mastroianni, che resterà l’amico della vita e il partner ideale. Sempre nel ’54 girerà anche, insieme a Totò, Miseria e nobiltà. Il suo talento è un autentico fuoco d’artificio che Sophia – ormai bisogna chiamarla così e i nomi precedenti come Sofia Lazzaro sono finiti in soffitta – rifinisce con caparbia determinazione: da un lato utilizza tutte le armi della sua bellezza seduttiva (seno trionfante, gambe bellissime, occhi profondi e ironici), dall’altro costruisce un personaggio solare e spregiudicato che troverà la prima completa incarnazione in Pane, amore e… di Dino Risi, in cui dà il cambio all’amica/rivale Lollobrigida, ammiccando al maturo brigadiere De Sica.
La lista delle sue interpretazioni maiuscole accompagna la stagione migliore del nostro cinema e la supera quando, insieme al futuro marito, l’onnipresente Carlo Ponti, varca l’oceano con tanto di scandali sentimentali e finanziari del produttore-padre-despota. Sarà moglie e madre più inattaccabile di una dea dell’Olimpo: a nulla varranno i tentativi amorosi di divi come Frank Sinatra o l’amatissimo Cary Grant, l’unico che per sua stessa ammissione le fece vibrare il cuore dopo il flirt adolescenziale con Achille Togliani. Dal 1966, quando finalmente poté sposare Ponti a Sevres, ha anche la cittadinanza francese, ma vive tra Los Angeles e la Svizzera, pur tenendo Napoli nel cuore: ha anche annunciato che vi aprirà una pizzeria.
Icona di bellezza ed eleganza – negli anni ha seguito la passione del marito per il collezionismo d’arte – ha saputo rimodellare il suo personaggio ma, da vera attrice, è in grado di passare in pochi istanti dalla distante cortesia dei salotti alla napoletanità verace che ritrova sempre con passione, come nei numerosi sodalizi della maturità con Lina Wertmüller.
Nel gioco della memoria ciascuno può iscrivere alla lista dei film indimenticabili La ciociara o Boccaccio ‘70, Ieri, oggi e domani o Matrimonio all’italiana, Questi fantasmi o Una giornata particolare. Ma ancora più lunga è la lista dei suoi titoli di culto che, specie nel periodo hollywoodiano, coincidono con esemplari trionfi del kitsch. Qualche esempio? La caduta dell’impero romano o Lady L, La baia di Napoli o La contessa di Hong Kong, El Cid o Un marito per Cinzia, là dove (non) fiorì la passione con Cary Grant. Sempre e comunque però la luce del “Diamante Loren”, nel tempo lavorato fino a diventare un brillante di inestimabile valore, continua a rifulgere: due Oscar, altrettanti Golden Globes, 11 David di Donatello, un Leone d’oro alla carriera e due premi come migliore attrice a Cannes e Venezia ne sono solo pallide conferme.
“Se mi guardo indietro – ha detto Sophia Loren – non trovo nulla di cui pentirmi davvero, poche cose che non rifarei; ma tante sono invece quelle che ho ancora voglia di scoprire. Chissà se avrò tutto il tempo che mi serve”.
Tanti auguri, Donna Sofia, per te il tempo si è fermato!
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