Silvio Soldini: “Il mio film per altri occhi”

“Sono straordinari e fanno cose straordinarie per vivere una vita il più possibile ordinaria”. Silvio Soldini parla così dei suoi attori, un gruppo di non vedenti che ha accettato di raccontarsi al regista e a Giorgio Garini ne bel documentario Per altri occhi – avventure quotidiane di un manipolo di ciechi. Nel film, prodotto dallo stesso Soldini e dalla Lumière di Lionello Cerri, si dipana la vita quotidiana di dieci persone con il comune handicap della cecità che affrontano con autoironia e leggerezza, caparbietà e vitalità, arrivando a fare cose che, in teoria, sembrerebbero per loro (e anche per molti vedenti) impossibili. Dopo questo film guarderete i ciechi con altri occhi.

Anticipando di un giorno la giornata mondiale della vista, promossa dall’Organizzazione mondiale della Sanità, che si celebra ogni anno il secondo giovedì di ottobre, Per altri occhi sarà nelle sale un solo giorno, il 9 ottobre, accompagnato da un evento speciale trasmesso via satellite dal cinema Anteo di Milano: un incontro tra i registi e i protagonisti con Gianna Nannini e il velista Giovanni Soldini. Nella chiesa di San Marco, a Milano, il 14 ottobre alle 18 ci sarà l’inaugurazione della mostra “Sesto Senso” di Felice Tagliaferri, con il patrocinio del Museo Tattile Statale Omero di Ancona. 

Per altri occhi, in modo naturale eppure intenso, ci aiuta a comprendere l’esperienza di alcuni non vedenti: Enrico fa il fisioterapista e appena può va in barca a vela. Giovanni ama sciare. Luca fa il musicista e ama la fotografia. La giovanissima Gemma  suona il violoncello e ha conquistato una medaglia di bronzo in una competizione mondiale di sci. Claudio gioca a baseball, mentre Loredana tira con l’arco, Felice è un ex campione nazionale di judo e fa lo scultore. Insomma lo sport, l’arte e persino la fotografia sono sfide praticabili, anzi entusiasmanti, nonostante la cecità. Poche le recriminazioni, gli scoraggiamenti, per le tante, indiscutibili difficoltà. Su questo prevale la voglia di esserci, di stare al mondo in modo libero e avventuroso, di esprimersi. Usando il tatto, l’udito, ma anche facendosi aiutare da “guide”, come nello sci, dove il non vedente segue un vedente lungo le piste. E anche dalla tecnologia, che ha affinato alcuni dispositivi utili (anche se il vecchio alfabeto “braille” rimane sempre fondamentale). 

“Cercavo un fisioterapista – racconta Soldini – perché avevo mal di schiena e ho incontrato Enrico che ha cominciato a raccontarmi le sue attività intrigandomi molto. Insieme a Giorgio abbiamo cominciato a documentarci, Enrico ci ha presentato alcuni amici e ad uno ad uno abbiamo incontrato gli altri”. L’arte, la scultura, la musica, la fotografia e lo sport, importantissimo per imparare a relazionarsi con lo spazio e con il proprio corpo sono il vero trait d’union del gruppo. “Facciamo una vita dura – spiega Giovanni – tutte le mattine è come affrontare una sfida che arriva fino a sera, a fine giornata. Siamo patiti della barca, non pensavo fosse possibile, invece abbiamo imparato che possiamo fare tutto. E’ dura sempre, però è bello sempre”. E il limite, per Michela, “è quello che ci poniamo noi, abbiamo questo mazzo di carte, qualcuna la vorremmo cambiare ma non si può, e quindi giochiamo al meglio con quelle che abbiamo”. 

Il lavoro è durato due anni e ha contribuito a far nascere più di un’amicizia e a sdoganare luoghi comuni e barriere, come ricorda il regista: “Il documentario permette di entrare in un mondo sconosciuto molto più facilmente e ti arricchisce. Abbiamo avuto dei brevi colloqui prima di girare, ma la fiducia reciproca ha accelerato i tempi, ci hanno subito fatto entrare nelle loro vite e i rapporti sono stati di grande semplicità. Questo è il documentario più bello e interessante che ho fatto”.