Un codice numerico, la finestra di fronte, il senso del desiderio: “la vita alla fine è tutta una questione di punti di vista” per il “procrastinatore” Luca Messico (Riccardo Scamarcio), professore di Storia e Filosofia al liceo, con una tesi di dottorato mai finita, una moglie, Sara (Maria Chiara Giannetta), medico internista in ospedale e figlia di un “padre della fecondazione assistita” (Paolo Pierobon), che opera nella sua clinica privata.
La pandemia (quella reale del 2020) disegna la cornice della storia e dà riverbero amplificato ai dettagli che compongono la sceneggiatura di Muori di lei, scritto e diretto da Stefano Sardo, ispirato a una canzone dei Verdena, Muori delay: “ho risentito il brano in tv e pensato subito fosse il titolo per il mio film, c’era qualcosa di graffiante; ho messo poi la canzone nei titoli di testa con l’animazione di Donato Sansone, un genio: la musica per me evoca immagini, è un arredo emotivo, un dispositivo che ti fa viaggiare nel tempo”, spiega l’autore per cui “il desiderio è il motore più importante delle nostre vite e appena desideriamo… deragliamo e succedono cose. L’avevo pensato come un film ambientato in un Ferragosto romano, un po’ come Il sorpasso, e pensato prima del lockdown, che poi ho capito fosse un momento di crisi esistenziale ma anche una strana commedia. Sentivo che questa storia di attrazione potesse trovare nel lockdown un punto di bilancio per tutti noi, un modo per mettere i personaggi in vitro e vedere di più di se stessi, provando ad assecondare anche la natura del maschio in crisi: ho pensato a un uomo di oggi, che si sente poco uomo e si trova a vivere un’avventura, come tale è anche quella sentimentale perché vivi qualcosa di pericoloso”, così Sardo allude alla relazione che dopo le prime sequenze s’innesca tra il personaggio di Scamarcio e Amanda (Mariela Garriga), apparentemente… la vicina di casa, ospite del b&b dirimpetto all’appartamento in cui lui vive con la compagna di vita, alla ricerca di un bambino, per cui sembra avvicinarsi il momento di scegliere per la fecondazione assistita, per mano del padre di lei, Antonello, ricco, sarcastico, impenitente viveur, nonostante la seconda paternità a 65 anni, profilo così a contrasto di quel professore delle superiori per cui Sara dice: “a me piace che mio marito non sia ambizioso”.
Mentre lei, medico, è chiamata in prima linea, per cui esce di casa per turni massacranti in ospedale, scafandrata dentro tute bianche, mascherine e visiere – come dovevano essere i medici durante la pandemia – lui trascorre il tempo a casa (costruita, insieme a quella di fronte abitata da Amanda, a Cinecittà), facendo didattica a distanza ma, soprattutto, avvicinandosi – pericolosamente – a quella fanciulla, fisico mozzafiato e vissuto delicato. Luca, parlando di lei, a lei, dice che sembri arrivata nella sua vita “come la protagonista de Le mille luci di New York”…
Scamarcio racconta il suo Luca come “un uomo cresciuto con la figura del padre eroe (morto salvando due bambini dall’incendio di una casa), che vive in questo appartamento regalato dal suocero: è un po’ un gatto d’appartamento a cui piacerebbe essere un leone. È un uomo mite – lontano da come sono io nella vita – però l’incontro con la vicina e il lockdown creano condizioni per cui capisce ci sia qualcosa che lì lo attrae, che non è solo il desiderio erotico. Il film comincia come commedia romantica e finisce come thriller noir, con dentro l’evoluzione di Luca Messico”, considerazione dell’attore per fare anche un breve ma denso parallelismo con il proprio papà, ricordandolo come “un esempio incredibile di uomo: è riuscito a consolarmi anche mentre stava morendo”.
Garriga – modella e attrice cubana, interprete da Mission Impossible – The Final Reckoning a I delitti del Bar Lume – spiega di essere “molto selettiva nella scelta dei ruoli ma questo progetto era pieno di sfumature e con un personaggio imprevedibile, qualcuno che ti porta a fare cose oltre quello che c’è scritto: Amanda è una figlia non voluta, che vive in un tempo come il lockdown, che amplifica tutto. Il film parla del desiderio di trovare un perché… nella vita: tanto fai che il desidero può arrivare, anche con conseguenze che non ti aspetti”. Per l’interprete, “una delle cose più interessanti del film è il percorso per avere un figlio: non sempre ci riesci e con il film ho scoperto la sindrome dell’ovaio policistico, una cosa che non conoscevo, qualcosa che stimolava anche delle domande interiori”.
E colei che nella storia s’appresa a ricorrere alla fecondazione assistita proprio per la suddetta ricerca di un bimbo è il personaggio di Maria Chiara Giannetta, che nella vita reale dichiara per il momento di non sentire il desiderio di diventare mamma ma – con il film – “da persona non interessata alla maternità mi si è aperto un mondo sul tema, portandomi a chiedere a dove porti l’ossessione: è interessante che s’indaghi come le donne affrontino la maternità”. Per l’attrice, Sara “è un personaggio che dice: ‘non lo voglio sapere, prendo per buono quello che mi viene detto’. L’ossessione di volere il figlio, però, li porta quasi all’incomunicabilità. Lei è un personaggio che quando incontriamo non ha una personalità definita, ma il lockdown le ha fatto capire il motivo per cui ha deciso di fare il lavoro che fa, tornando infine dal marito come donna nuova, motivo per cui poi s’innamorano ancora. Sara riesce a trovare un centro dopo quell’esperienza: il lockdown è stato anche un tempo per pensare, un tempo per maturare”.
La vicenda personale, intima, s’intreccia quindi con quella erotica e sentimentale, parallelamente al vissuto sociale, fino al colpo di scena, un intreccio inatteso da Luca, una rivelazione, un nodo per cui afferma che “nessun sentimento, nemmeno l’amore, è forte come la paura”.
Muori di lei esce dal 20 marzo in “250 sale”, annuncia Giampaolo Letta di Medusa Film, che lo distribuisce: “il progetto ci è piaciuto perché intreccia generi e tematiche, cosa che in Italia si fa molto poco, ma sono uscite tante sfaccettature e siamo contenti”.
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