Samuel Jackson da “Pulp fiction” a Martin Luther King


GIFFONI VALLE PIANA – Al Festival, dove ha ricevuto il Premio Francois Truffaut, l’attore afroamericano Samuel Leroy Jackson arriva insieme a sua moglie con cui è sposato da quarant’anni. Nella sua lunga carriera cinematografica si contano sessantotto sue apparizioni e una decina di altri film in cui è protagonista sono di prossima uscita in America. Jackson racconta di quanto è importante nel panorama della produzione mondiale, il ruolo che ha il giovane cinema indipendente non solo in America ma in ogni paese, perché “le nuove generazioni hanno menti fresche, sguardo vergine e hanno le forze per superare il tradizionale establishment”, dice l’attore. “Peccato che in America se ne fanno sempre di meno di film indipendenti perché è un periodo questo in cui vanno di moda i vampiri! Quindi il target privilegiato è quello dei ragazzini ai quali sono destinati i blockbuster”.

 

All’università ha studiato oceanografia e dice che “se avessimo più rispetto per la vita sotto il mare anche la terraferma ne gioverebbe”. Le catastrofi ambientali lo preoccupano ma è fiducioso “per le capacità della natura stessa di rigenerarsi”. Tra i prossimi impegni, una pièce teatrale dal titolo “The Mountain Top”, che racconta l’ultima notte di vita di Martin Luther King, lavoro questo a cui tiene tantissimo ma che ancora non sa se riuscirà a confermare per via di due film in cui sarà contemporaneamente impegnato.

 

Lui che è stato il Maestro Jedi Mace Windu in Star Wars I, II e III di George Lucas e che ha prestato la voce al personaggio di Lucius Best nella versione originale de Gli incredibili di Brad Bird e al personaggio di Zog di Astro Boy di David Bowers, dice che gli eroi a Hollywood non moriranno mai perché la gente li ama e si rispecchia in loro. Al contrario non è un buon momento per gli artisti afroamericani e per le minoranze in generale perché nel mercato dei film di cassetta, non c’è spazio per loro. “Si fanno molti piccoli film a basso budget, che seppur interessanti, non raggiungono il grande pubblico – aggiunge Jackson – e restano per lo più ignoti. Però dai tempi di Sidney Poitier ad oggi la rappresentazione degli afroamericani è di gran lunga cambiata: prima ci assegnavano ruoli di cattivi. Oggi sembra che siamo diventati Presidenti dell’Universo!” Importantissimi nella sua carriera di attore sono stati registi come Spike Lee e Quentin Tarantino. La svolta nella sua vita è arrivata soprattutto con Jungle Fever e Pulp Fiction che gli valse nel 1994 la nomination all’Oscar come miglior attore protagonista e poi ancora Jackie Brown sempre di Tarantino con cui vinse nel 1997 l’Orso d’Oro a Berlino come miglior attore per il ruolo del gangster strampalato che veste abiti funcky e variopinti. “Sono due registi per me ugualmente importantissimi, con cui mi sono trovato molto bene. D’altronde quando si fa cinema è necessario vivere una specie di amore consensuale e reciproco. Quando l’attore ha un buon rapporto con il regista il film ne guadagna enormemente”.

30 Luglio 2010

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