Rosi e Tornatore, la nostra Sicilia

I due registi dialogano a distanza in una lezione sul cinema e il Sud, al Festival di Taormina


Peppuccio Tornatore e Francesco Rosi, “i due registi che hanno trasformato la Sicilia in cinema”, come li definisce Mario Sesti in una affollatissima (specie di giovani) Taoclass al Festival di Taormina che ci porta dentro le immagini dei due autori. Due diverse generazioni (Rosi è del ’22, Tornatore di trent’anni più giovane), l’uno napoletano l’altro siciliano, il primo considerato uno dei creatori del cinema d’impegno civile, l’altro più onirico e immaginativo, reduce dal trionfo dei sei David di Donatello per il giallo metafisico La migliore offerta. Tuttavia le affinità elettive tra loro sono tante e li hanno portati anche a scrivere insieme un libro bellissimo, “Io lo chiamo cinematografo” (edito da Mondadori) che nasce da duecento e passa ore di conversazione. Si parla di cinema e si parla della storia d’Italia, con le sue tante ombre. Una storia spesso sanguinosa di cui la Sicilia è uno dei luoghi d’elezione.

“La prima volta che vidi Salvatore Giuliano avevo 9 anni, mio padre me lo impose in tv in un ciclo di Domenico Meccoli. Poi l’ho visto al cinema, nei cineforum, quaranta volte e più. Era un film rivoluzionario: nessuno aveva mai raccontato una storia sfuggendo alla logica del fluire del tempo, iniziando dalla fine, dalla scena in cui il protagonista è già morto. Cristaldi lo definiva un film non “montato”, intendendo che evitava il montaggio tradizionale. E poi era geniale fare un film su un personaggio senza mai farlo vedere, Rosi se ne infischiava delle regole, piegando il tempo narrativo alla logica dell’indagine e qualsiasi cosa si possa scoprire ora sulla morte di Salvatore Giuliano, la sua opera resta valida e inappuntabile”.

Gli fa eco Rosi, collegato via skype dal salotto della sua casa romana. “Prima di tutto devo dire che Tornatore è maestro quanto me, non è più un esordiente. Poi che la sua analisi di Salvatore Giuliano è perfetta”. Scorrono le immagini dei loro primi film: La sfida del ’58 e Il camorrista dell’86, uomini d’onore, banditi in doppiopetto che mangiano in riva al mare un polpo appena pescato e ucciso a morsi e altri banditi che in carcere ‘diventano’ criminalità organizzata. Tornatore racconta: “Conobbi Francesco Rosi nell’81 quando venne a presentare Tre fratelli a Palermo. Io ero programmista regista alla Rai locale, con contratti precari, ma sognavo di andare a Roma a fare il cinema, nonostante non mi avessero ammesso al Centro sperimentale. Ero intraprendente e lo aspettai sotto l’albergo per ore, così alla fine riuscii a intervistarlo. Ho citato in qualche modo quel momento della mia vita in Baarìa nell’addio alla stazione dove si vede proprio un manifesto di Tre fratelli”.

In un’altra scena di Baarìa si ricorda la strage di Portella della Ginestra che in Salvatore Giuliano viene mostrata e denunciata (e grazie a Rosi nacque la Commissione antimafia). Per il cineasta napoletano: “Il cinema serve a far riflettere sulle mancanze della nostra società perché impone un confronto. Questa è la sua qualità più importante. Quando girai la scena della strage, a cui avevo chiamato proprio i contadini di Montelepre come comparse, loro mi tiravano la giacca e mi dicevano è tale e quale”. Verità e realismo, che non sempre coincidono. Spesso la verità emerge limpida dal dispositivo della finzione per tortuosi percorsi. Rosi commenta: “Il cinema può indagare la verità senza che neanche il regista se ne renda conto, perché a volte è dai dettagli che viene fuori la verità. Bisogna andare oltre la denuncia e nei miei film sono sempre andato oltre. È importante soprattutto che lo spettatore si riconosca nelle cose che sullo schermo avvengono”.

Interviene Tornatore. Fu lui, tra l’altro, a consegnare al maestro il Leone alla carriera l’anno scorso. “Con Rosi hai sempre la sensazione di vedere qualcosa di diverso, i suoi film sono tutti prototipi. Qualcuno giustamente disse che dopo Salvatore Giuliano il cinema non sarebbe più stato lo stesso. Nella realtà puoi trovare tutto quello che serve al cinema a evocare la verità”.

Gli spezzoni si rincorrono: Baarìa e Le mani sulla città ed è la speculazione edilizia a bruciare, Tre fratelli e Nuovo cinema paradiso, evocando un gigante come Philippe Noiret. Dunque si parla degli attori. “Portarli dal mio barbiere Amleto – confessa Rosi – era il mio gesto di iniziazione per loro. Non ho mai fatto un film con un attore se prima non l’ho conosciuto e frequentato. Cerco di circondarmi di persone che mi piacciono, che mi danno qualcosa…. Portai persino Amleto in Spagna per fargli tagliare i capelli a Placido Domingo ai tempi della Carmen”.

Si torna, inevitabilmente a parlare di Sicilia. “Non esiste un regione tanto piccola – riflette Peppuccio  – che abbia ispirato tanto cinema. Nessuno è mai riuscito a svelare questo mistero. Ma Sciascia mi disse una volta che la Sicilia è di per sé cinema. In Sicilia trovi tutto ciò che può servire per raccontare qualsiasi tipo di storia. È una terra di grande fantasia, che offre storie tragiche ma anche ridicole, tragedie e farse”. Ma è anche un terra di laceranti contraddizioni e autolesionismo. “Si è arrivati tardi con la Film Commission, si poteva creare una grande realtà – denuncia – perché qui le produzioni vengono, pagano il pizzo e se ne vanno. E non cambiare tutto questo è stato un errore storico”. Conclude Rosi: “Per fare un film bisogna partire sempre dalla passione per un luogo, per una vicenda. Per questo film sulla Sicilia se ne possono continuare a fare tanti, ma se non c’è la passione, non ne verrà fuori nulla”. Gli studenti della Taoclass non potrebbero sperare in una lezione più chiara. 

16 Giugno 2013

Taormina 2013

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Taormina chiude con l’applauso a Gandolfini. Marisa Tomei: “Era eccezionale”

Un lungo applauso a James Gandolfini. Si conclude così, nel segno della memoria e dell’affetto verso l’unico grande assente, scomparso pochi giorni fa, la 59ma edizione del Taormina Film Fest. A ricordare “l’eccezionalità e la generosità” dell’attore dei Soprano anche la diva premio Oscar Marisa Tomei, che ha presentato la commedia familiare Parental Guidance, con Billy Crystal. Annunciate le date della prossima edizione: 14-21 giugno 2014

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Scritto con Gianluca Ansanelli e la collaborazione di Fabio Bonifacci, sarà sul set a maggio. "Sarà una commedia volgare: sto sempre attento a non dire parolacce nei miei film, si può far ridere senza bisogno di trivialità. Voglio raccontare una storia di paese", dice il comico che spera di bissare il successo del Principe abusivo

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Meg Ryan: “Divento regista, grazie a Nora e Jane”

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