Roberto Minervini miglior regista a UCR: “Mostro l’assurdità della guerra”

Intervista a Roberto Minervini che vince il Premio per la Regia con il suo film 'I dannati' nella sezione Un Certain Regard. "Nel mio film mostro l’assurdità e l'inutilità del conflitto"



CANNES – Roberto Minervini vince il premio per la Regia con il suo film I dannati nella sezione Un Certain Regard, il secondo concorso del Festival di Cannes, ex aequo con Rungano Nyoni per On Becoming a Guinea Fowl. Il film di Minervini, su un episodio della guerra di Secessione americana, è coprodotto da Rai Cinema e nelle sale italiane con Lucky Red.

“Il premio a Roberto Minervini nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes conferma il talento di un autore che ha mostrato negli anni un’idea di cinema ben definita – commenta Paolo Del Broccoamministratore delegato di Rai Cinema – e arricchisce il percorso di un regista ormai riconosciuto a livello internazionale. Se nel 2015, sempre qui a Cannes, Roberto Minervini aveva raccontato la terra dimenticata della Louisiana, ora con I dannati volge lo sguardo verso un manipolo di soldati invisibili e lontanissimi dal mondo. Disperazione e paure personali si rispecchiano in quelle di una comunità universale di uomini, bersagliata da un conflitto che guarda alla nostra contemporaneità. E se il film ha catturato i favori della giuria è anche perché c’è ancora bisogno di dar voce a chi non ne ha e a chi rischia di morire ogni giorno. Rai Cinema è da sempre al fianco degli autori, li sostiene con fiducia, investe sul loro talento e spesso, come nel caso di Minervini, è al loro fianco fin da quando muovono i primi passi. Partecipa con passione a quei progetti e storie che comportano sfide e viaggi avventurosi e questo film lo è stato fin da subito. Quando il produttore Paolo Benzi di Okta Film ci ha presentato il progetto abbiamo avuto la convinzione che ci avrebbe portato lontani; a lui e a Roberto Minervini vanno le nostre congratulazioni e con loro condividiamo questo successo”.
“Il cinema di Roberto Minervini è un concentrato di realtà, e lo spettatore può trovare nelle sue storie sempre degli strumenti nuovi per riflettere e comprendere meglio ciò che lo circonda – aggiunge Nicola Claudiopresidente di Rai Cinema. Il pubblico che sceglierà di andare a vedere I dannati, in sala in questi giorni, saprà riconoscere di sicuro questa qualità e ci auguriamo che il Premio ricevuto al Festival di Cannes possa dare ancora più prestigio a un film che non passerà di certo inosservato”.

“Per alcuni di noi essere a un festival è una questione di sopravvivenza, essere qui dà un senso al nostro lavoro e ci fa esistere”, ha commentato Minervini, sul palco della Debussy. Cinecittà News lo ha intervistato subito dopo la premiazione.

Minervini, si aspettava questo Premio per il suo primo film non strettamente documentaristico?

Non me l’aspettavo perché con il mio cinema cerco sempre di mettere in discussione la sintassi del cinema stesso e quando si lavora a nuovi linguaggi non è così prevedibile un riconoscimento immediato, a caldo. Tra l’altro I dannati è passato come secondo film di Un Certain Regard e che avesse un’eco fino al giorno dell’assegnazione dei premi, sinceramente, non me l’aspettavo.

Cos’è che la giuria ha riconosciuto nel suo film?

Me l’hanno detto i giurati stessi che si sono congratulati. Potrei sintetizzare con le parole del presidente della giuria Xavier Dolan che ha detto: “Io non avevo mai visto un film che raccontasse così tanto per sottrazione e omissione, obbligandoci a concentrarci su quello che ci hai offerto, eppure quello che ci hai offerto racconta tutto quello che dovrebbe essere raccontato su una condizione tragica come quella della guerra”.

Ricevendo il premio ha detto che questo è un film sulla guerra ma non si vedono i nemici. Cosa c’è dietro questa scelta?

Ho detto questo e ho detto anche che non si vedono i nemici perché nel momento in cui si identifica il nemico si identifica la controparte e l’alleato, si gettano le basi per la giustificazione di un atto bellico, per sradicare quello che viene considerato il male. Ma nel mio film vado a ritroso, parto dalle cause della guerra, dall’assurdità e dall’inutilità della guerra. Le ragioni della guerra – lo sappiamo tutti – non hanno nulla a che vedere con l’inevitabilità dello scontro.

Il film si apre con l’immagine di lupi che sbranano una preda, naturalmente è un richiamo all’homo homini lupus, che però viene rimesso in discussione nella narrazione successiva. Come ha riflettuto su questo aspetto?

Certamente, quando giravo quella scena ho pensato che aprire il film con dei lupi che sbranano un animale morto avrebbe scatenato sentimenti forti, la paura, il trauma della morte così tangibile e carnale, ma in effetti la brutalità della guerra deriva dal fatto che l’uomo, a differenza dell’animale, è dotato di coscienza e capacità di analisi critica, immagazzina una memoria collettiva e quindi ridurci allo stato animale, al “dog eat dog” non è assolutamente giustificabile. La parte più brutale del film viene proprio da quella sequenza.

Lei vive e lavora negli Stati Uniti da molto tempo, quanto sente di rappresentare l’Italia in questo momento?

Sono andato via dall’Italia per necessità, per cercare lavoro, non perché avessi voglia di diventare cittadino del mondo. Stavo bene come stavo ma c’era bisogno di guadagnare. Sono di quegli italiani che appartengono a una storia di emigrazione ma si portano il paese d’origine dentro.

24 Maggio 2024

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