L’ultima immagine di Rara di Pepa San Martin – due donne e due bambine tutte e quattro addormentate in un lettone, sotto un morbido piumone -suggerisce la lettura più tenera di un film che riflette una realtà molto più presente di quanto forse si creda, ma il “quadro” umano è più complesso di quello narrato. L’adolescente Sara (Julia Lübbert, premio Miglior Attrice all’International Queer Film Festival 2016 di Lisbona) abita con la mamma, la compagna di questa, la sorellina e un gatto. Frequenta serenamente il papà e la sua fidanzata. La regista racconta questa storia vera con un passo delicato, ironico, senza giudizio alcuno: presenta questa “strana famiglia” – come recita il sottotitolo del film – in un clima di assoluta normalità e armonia, così come apparentemente sembra viverla Sara, che in fondo anche dalla scuola, dai compagni, dalla società non subisce alcuna emarginazione, tanto meno bullismo. Certo, qualche domanda sulle due mamme rimane quasi una curiosità inevitabile, ma Sara risponde a chi chiede con garbo, facendo passare un tono tollerante; insomma, nulla apparentemente turba la ragazzina, né in casa, né fuori.
Un po’ semplicisticamente nel dibattito che è seguito alla proiezione in occasione di un incontro che si è svolto alla Casa Internazionale delle Donne a Roma, la lettura del disagio che Sara manifesta in crescendo viene fatta considerandolo come qualcosa di normale: un possibile comportamento di qualsiasi adolescente; anche se forse meriterebbe una messa in discussione meno leggera, perché la ragazzina, in un passaggio, dichiara espressamente “imbarazzo”, con riferimento alla dinamica nella casa materna, che – va detto – non è però la cosa di cui il film si occupa, concentrandosi invece sul punto di vista di Sara rispetto alle cose della vita.
Il film, che si può dire si regga davvero sulle spalle dell’interpretazione di Julia Lübbert, ha ottenuto consenso e suscitato dibattito, seppur senza un contraddittorio, poiché gli ospiti che ne hanno parlato appartengono tutti ad un contesto con una visione omogenea della questione, che invece ha sfaccettature multiple e, per essere completo, avrebbe dovuto confrontarsi con un punto di vista differente, perché la battaglia del diritto civile è etica ma anche il confronto è necessario, altrimenti tutto risulta parziale.
Ha aperto l’incontro una mamma lesbica, che cresce con la compagna tre bambini, e presiede le Famiglie Arcobaleno, Marilena Grassadonia: “Sono molto scossa dal film perché queste sono storie che viviamo. Questi conflitti avvengono anche nelle coppie eterosessuali. Il punto di vista della bambina mi ha colpita. Qui non possiamo che ricollegarci alle nostre situazioni quando nelle Famiglie Arcobaleno si decide di separarsi, e nelle coppie dello stesso sesso, a volte il genitore legale può decidere di eliminare del tutto il rapporto con il genitore sociale. Per questo puntiamo moltissimo sul riconoscimento del genitore sociale da un punto di vista legale”.
Sulla considerazione, la senatrice Monica Cirinnà, porta un caso concreto di esito positivo: “Finalmente la Corte di Cassazione ha riconosciuto il ruolo del genitore sociale (riferendosi ad una sentenza in Sicilia). Il ruolo del genitore non biologico viene ricostituito mettendo l’interesse supremo del bambino dinnanzi a tutti. Purtroppo dobbiamo ancora combattere con la parte medievale del Parlamento, la parte retriva della nostra società”. Proprio la questione sociale è il punto su cui insiste Imma Battaglia – LGBT: “Faccio i complimenti alla produzione cilena, è una novità: dove ci sono lavori in cui si parla dell’adolescenza, significa che c’è un film interessante per le scuole. Questo tipo di lavori servono per formare le prossime generazioni. Rivendico che non ci sia uguaglianza tra le due famiglie, omogenitoriale e tradizionale: una coppia omo non è uguale alle altre. Io dico che i figli crescono bene o male nel contesto, la capacità del genitore prescinde dall’orientamento sessuale. Adesso però è il momento di parlare di adozioni: dai viaggi della disperazione molti bambini restano soli, per cui va velocizzata l’adozione ad una coppia omosessuale perché sono troppi questi bambini rimasti soli al mondo”.
E sul tema della genitorialità in senso stretto, ma anche della formazione nelle scuole, riflette Mario Colamarino, presidente del Circolo di Cultura omosessuale Mario Mieli: “Due mamme fanno meno paura alla società di due papà. La nostra società è matriarcale: quando si parla di uomini, nell’immaginario si alimenta il pregiudizio. Con la Legge sulle unioni civili non bisogna credere di aver compiuto l’opera: adesso inizia la battaglia e questa deve passare anche nelle scuole”.
Rara è una produzione cileno-argentina, proiettata in contesti cinematografici internazionali, a partire dal Giffoni (leggi anche la nostra corrispondenza dal festival) dove è stato presentato al pubblico degli adolescenti. Il film ha vinto diversi premi, tra cui Miglior Film sezione Generation Kplus a Berlino 2016 e, al Festival di San Sebastian, due riconoscimenti: Premio Sebastiane Latino e Premio Horizontes Latinos. Nelle sale italiane dal 13 ottobre, distribuito da Nomad Film Distribution.
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