“E’ un modo di raccontare il cinema dal punto di vista comune – dice Mandelli – sono cresciuto in un paesino di provincia e quando domenica andavo all’oratorio seguiva sempre il cinema. Tutte le domeniche dopo partite di pallone di cinque ore che finivano 39 a 28 alle 16:30 si staccava e si andava in sala, qualsiasi cosa venisse proiettato. Non eravamo cinefili ma era meraviglioso quel momento di condivisione. Compravamo il biglietto e se ne andava parte della mancia settimanale. E magari vedavamo Mystic Pizza, non certo un film per ragazzi, ma lo facevamo senza pregiudizio. La prima a portarmi al cinema, all’Odeon di Merate, è stata mia mamma. Il mio primo film è stato La carica dei 101. Non parlo “di” cinema ma parlo “del” cinema. Da Wes Anderson all’animazione, cerco un percorso comune con chi mi ascolta”.
Il podcast è prodotto da Chora e Universal Pictures.
L’Odeon, però, ora è chiuso: “in quinta liceo la mia vita è cambiata. Mi hanno preso gli alieni e ho cominciato a lavorare a MTV. Ero stato solo tre volte a Milano fino ad allora e improvvisamente ero un privilegiato e potevo frequentare tantissime persone interessanti. E anche lì, finivamo di lavorare a andavamo al cinema, in corso Europa. C’erano almeno dieci cinema di cui molti erano multisala. Quando uscì Paura e Delirio a Las Vegas un mio collaboratore lo aveva già visto… lui vedeva tutto quello che usciva. E purtroppo ho visto chiudere anche tantissimi cinema. Non bisogna vedere con spavento il cambiamento, ma ora il pubblico è rivolto a un altro tipo di sala. Quella dell’Odeon è un museo, arte, una sala classica, dove si facevano anche le anteprime e già solo per il fatto di essere presentato lì, col suo cerimoniale, faceva sembrare che tutto fosse andato bene”.
C’entrano le piattaforme? “Insomma – prosegue Mandelli – è riduttivo dire così. In Francia vanno ancora al cinema, per esempio. Oggi si lavora fin troppo sul potenziale pubblico: “questo dovrà piacere ai ragazzi, quello agli adulti”… è tutto più complicato. Io sono legato al cinema semplice, quello della poltroncina rossa… poi capisco altre esigenze ma l’importante è che le poltrone non siano così comode da farti appisolare durante un film di Sergio Leone. Oggi c’è un’esigenza pazzesca di velocità, montaggio, ritmo. A me piacciono ancora i film lenti, se è giusto che siano lenti. Ogni cosa nella vita ha bisogno della sua velocità… non sempre bisogna fare le cose a cannone. Al limite mi piace l’anarchia che viene fuori quando il film è noioso… chiacchiericcio, proteste. Ricordo una volta a Osnago qualcuno che si mise a fare ombre cinesi sul palco. Il cinema dell’oratorio era più composto, ma l’esperienza era comunque partecipativa”.
Anche la velocità di produzione era diversa: “Quando uscì Ritorno al Futuro II non potevamo aspettare che arrivasse il terzo capitolo, per tre anni.. che sofferenza. Poi c’era anche il delay tra le uscite americane e quelle italiane. Batman usciva negli USA in estate e arrivava da noi in inverno. E se non lo vedevi al cinema, prima che arrivasse la VHS, poteva passare un anno o più. La sala era anche il momento giusto per vedere il film. Altro evento era la prima visione televisiva… le pubblicità partivano un mese prima… pensiamo a Basic Instinct su Canale 5, che era pruriginoso… e a quel punto tutti potevano vedere il film dello scandalo. Poi I Filmissimi su RaiUno, in tv passavano film pazzeschi… potevi vedere Brian De Palma su Rete Quattro e proprio la tv mi ha fatto scoprire tanti film, magari del passato. Oggi fatico a scegliere, vista quanto è ampia la possibilità. Posso passere un’ora a scrollare… la selezione prima la faceva qualcuno, e io la accettavo ci buon grado”.
E naturalmente grande attenzione alla complicità della sala: “Va benissimo vedere i film a casa – conclude Mandelli – ma la sala è fantastica. Se vedi lo stesso film in un giorno diverso con un pubblico diverso, perfino il film cambia. Vedere Tre uomini e una gamba con un pubblico che si uccide dalle risate… fa parte dello spettacolo!”
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