Commedia a orologeria, il francese Il discorso perfetto di Laurent Tirard, è in arrivo per San Valentino, il 10 febbraio, con I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection. E’ la storia di Adrien, lasciato in “pausa” dall’amata fidanzata Sonia. Dopo settimane di silenzio, decide di mandarle un messaggio proprio alla vigilia di un’interminabile cena di famiglia.
“E’ un film su di me – dichiara il regista – Chiedete ai miei cari come mi comporto durante i pasti in famiglia: sono nel mio mondo, sono introverso e la mia testa è piena di pensieri. Sono felice di aver affrontato il tema dei cuori infranti che, al cinema, di rado viene affrontato dal lato maschile. Anche noi uomini possiamo entrare in paranoia quando ci aspettiamo un messaggio da una donna che amiamo. E poi, ovviamente, c’è la famiglia con tutto il suo non detto, la sua goffaggine. Questo film parla del nostro rapporto con gli altri”.
Il regista, noto per il suo precedente Le Petit Nicolas, riesce a trasformare il monologo interiore in puro cinema in un film di scrittura e di parola, a partire dal titolo, quel “discours” temuto e odiato, da tenere al matrimonio della sorella su richiesta di un invadente cognato da parte del protagonista Adrien.
Ispirato al romanzo edito da Gallimard di FabCaro, autore famoso nel mondo del fumetto d’oltralpe, mette al centro della scena il trentacinquenne Adrien, a capotavola nella classica cena in famiglia: madre, padre, sorella e futuro cognato lo attorniano e lui non riesce che a vederne i difetti e le mancanze. Il solito menù, i soliti argomenti inutili – tipo i vantaggi del riscaldamento a pavimento – i soliti aneddoti raccontati dal padre, e una vastità di luoghi comuni. Lui, nevrotico e solipsistico, è in attesa della risposta di Sonia a un messaggio letto come dimostra la fatidica spunta. Mentre Adrien fa congetture sui possibili motivi del ritardo, ecco che Ludo, il quasi cognato, gli chiede di preparare un discorsetto da fare alla festa di nozze. Potrebbe essere l’occasione per vuotare il sacco delle ipocrisie e dire finalmente a tutti cosa pensa, collezionando gaffe a ripetizione, offendendo tutti, oppure…
Con un protagonista notevolissimo come Benjamin Lavernhe, della Comédie Francaise, che si sdoppia in se stesso e il controcanto di se stesso, tra passato, presente e futuro, immaginazione e realtà, messinscena e desideri, il film costruisce una fantasmagoria di situazioni senza sosta. Il tutto è supportato benissimo dagli altri interpreti: Sara Giraudeau (Sonia), Kyan Khojandi (Ludo), Julia Piaton (la sorella), Francois Morel (il padre), Guilaine Londez (la madre).
Laurent Tirard, studi di cinema alla New York University, sceneggiatore per la Warner Bros a Los Angeles, giornalista, regista, ha raccontato, quando era ospite della Festa di Roma nel 2020: “Del romanzo mi aveva molto colpito il mondo mentale di Adrien che mi sembrava affine al mio, quindi l’adattamento è stato abbastanza facile nonostante la difficoltà intrinseca di mettere in scena la voce off, che spesso andava avanti per pagine e pagine. Per aggirare gli ostacoli ci volevano degli ottimi attori. Quindi niente effetti speciali. Ad esempio, quando la tavolata si ‘congela’ o quando Adrien pensa ad alta voce mentre i suoi parenti continuano a parlare, tutti abbassavano il tono della voce come per un mix in diretta oppure rimanevano immobili. Il digitale l’abbiamo usato pochissimo, appena appena per cancellare qualche sbavatura”.
E’ stato sempre Tirard a sottolineare l’universalità del libro: “E’ un film molto francese ma parla allo stesso tempo di cose che ci sono dappertutto, noiose cene di famiglia, feste di matrimonio, ipocrisia… Un altro aspetto che mi ha interessato è il racconto delle pene d’amore al maschile, un argomento che di solito viene affrontato dal punto di vista della donna. L’ho trovato originale e stimolante”.
Lavernhe ha parlato della sfida – perfettamente superata – di rendere attraente il personaggio principale, fulcro dell’intera narrazione. “Mi chiedevo se fosse possibile seguire un uomo nevrotico, angosciato, che può essere irritante. Sapevo di dover trovare il tono giusto per far sì che la gente finisse per amarlo pur con tutti i suoi difetti. Era un ruolo che mi faceva paura e mi affascinava allo stesso tempo. Alla fine la chiave è anche quella di materializzare i suoi pensieri e ricordi con un notevole virtuosismo registico. E poi vi assicuro che stare 15 giorni a tavola con l’agnello e la torta pere e cioccolato di prima mattina non è uno scherzo”.
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