Piperno & Villari: ‘Cipria’, la bellezza delle donne in movimento

a bellezza, un concorso per la sua celebrazione e la guerra che irrompe: tratto da una storia vera, narrata da Lucia Mascino, prodotto e distribuito Luce Cinecittà: intervista a Piperno e Villari


TORINO – C’è un contrasto stridente tra l’idea della bellezza e quella della guerra, ma c’è una storia vera che le fa camminare fianco a fianco, che scrive una storia nella Storia: Cipria – Il film della nostra vita di Giovanni Piperno e Anna Villari, nella sezione Fuori Concorso/Amici Nostri del TFF, nasce “parafrasando” il vissuto di signorine e signore che nel ’41, nel pieno del Secondo Conflitto Mondiale in atto, là dove il regime rassicurava chiamando una vicina vittoria, hanno partecipato a un concorso pubblicitario – “Il film della nostra vita”, atto primo per la realizzazione di un film. 

Giuseppe Visconti di Modrone, padre di Luchino, con la sua casa cosmetica lancia il concorso, soggetto la cipria “Velveris, velo di primavera”: la giuria, le vincitrici, il cinema e la guerra, che paralizza e lascia in sospeso tutto per sempre fino a questo film – prodotto e distribuito Luce Cinecittà – che riavvolge il tempo all’indietro, tornando in quel momento bellico, in cui la bellezza aveva perso la guerra contro il conflitto, attualizzando ora quelle donne, rivelandole, nonostante – come una polvere di cipria – lì le loro esistenze fossero state polverizzate, come il cosmetico. 

Il giornale “L’Illustrazione del Popolo” invitava allora le signore a inviare la propria storia, con la promessa che le più belle avrebbero preso vita sulle pagine di carta, sarebbero state radiosceneggiate, addirittura diventando un film sul grande schermo: la vincitrice, inoltre, avrebbe goduto anche di “lire 10.000”. C’è molto “cinema” in questo concorso, non solo per l’esito ultimo ma perché – tra gli ideatori – s’annovera anche Cesare Zavattini, inoltre giurato insieme a Alba De Cespedes, Luchino Visconti, Vittorio De Sica.   

80 anni dopo, Cipria – raccolte e selezione alcune di quelle storie, che grazie alla carta sono rimaste, intatte, e no, non polverizzate dalla guerra – racconta quelle esistenze femminili, capaci di narrare un universo, talvolta di precorrerlo, non raramente stupendo.

Giovanni, Anna, la scelta di un’unica voce narrate – Lucia Mascino – e quella del soggetto femminile, qui Maria Andrea Giraudo Beretto, 38 anni, nubile, figlia unica di un contadino ricco, diploma di maestra e la voglia di andare a vivere in città. ‘Un’impiegata, né giovane, né vecchia, che sa tenere un posto di prestigio’, la vincitrice del concorso con Vita ai margini.

Giovanni Piperno (GP): La scelta della Mascino deriva da un lungo lavoro: all’inizio c’era la preoccupazione verso il pubblico che avrebbe dovuto seguire tre storie differenti in un film realizzato interamente con repertorio, ma non appartenente alle protagoniste, pensavo che richiedesse tre voci differenti, ma questo avrebbe spezzato il flusso emotivo del film, quindi ho proposto a lei di essere narratrice e la scelta è stata dettata da alcuni fattori, il primo che Lucia ha delle caratteristiche biografiche che somigliano a quelle di Maria Andrea, anche lei è una ragazza scappata da un paesino della provincia, è nubile, ha dato molta importanza al suo lavoro senza mai perdere una capacità di relazione che non è propria di tutti gli attori; prima però di arrivare a lei ho fatto un casting virtuale, ascoltando su YouTube le voci delle attrici degli audiolibri di Rai Radio3, cercando poi le loro voci in contesti in cui non recitavano, ma alla fine sono tornato a Lucia Mascino. 

Anna Villari (AV): Maria Andrea fu non a caso nella realtà anche la vincitrice del concorso perché nel suo lungo racconto – pubblicato in due puntate – parla con grande verità e consapevolezza di una donna straordinaria per l’epoca, che pian piano, scegliendo la città, probabilmente Torino, assapora la libertà e i successi, anche sul lavoro; lei capisce di doversi tenere un passo indietro anche nel mondo professionale, anche perché le leggi dell’epoca non permettevano una carriera alle donne, però lei diventa un po’ il perno dell’azienda, guida, viaggia, parla le lingue, e con dispetto nota la meschinità degli uomini con cui s’incontra, dice delle cose fulminanti come ‘un uomo è disposto ad aspettare una donna che s’attarda dal parrucchiere ma non una donna che fa tardi in ufficio’. Non poteva che essere lei la nostra protagonista, per la sua forza, per il suo coraggio, ribaltando infine la vita che aveva condotto fino a quel momento.  

È sempre Maria Andrea a narrare la storia di Donata (seconda classificata) che si trasferisce nelle Filippine; di Zefferina (terza), la più piccola danzatrice e macchiettista d’Europa: tre esistenze straordinarie e progressiste.

GP: Il gruppo di lavoro del concorso era molto avanzato, inoltre le donne che sapevano scrivere erano una minoranza, quindi le storie scelte per la pubblicazione erano tutte molto moderne, non ce n’era una in cui ci fosse una mamma a casa con i bambini, erano tutte donne in movimento. È stata difficile per noi la scelta, c’erano storie di attualità, ma sulla protagonista non abbiamo mai avuto dubbi, anche per la maggior profondità psicologica: poi, abbiamo cercato di affiancare due storie che dessero un po’ la varietà del materiale che era arrivato allora. 

AV: Nella ricerca che stavo facendo nell’archivio di Dino Villani mi sono imbattuta in un trafiletto pubblicitario, da lì la curiosità di capire di più di questo concorso di cui s’erano completamente perse le tracce, quindi da lì la ricerca sulle riviste dell’epoca, sul ‘Radio Corriere’, e così – oltre a trovare una rete pubblicitaria straordinaria per l’epoca – abbiamo ritrovato una ventina di storie, rispetto alle centinaia che pare fossero arrivate alla redazione. Sono donne che comunque cercano una felicità, ma anche al di fuori della famiglia, e questa è la cosa che ci ha più toccati. 

È suggestiva la soluzione registica della dissolvenza in trasparenza di immagini di lei, Maria Andrea, che ‘guarda’ il mondo e lo racconta.

GP: Dal punto di vista tecnico non abbiamo inserito nelle nuove riprese quelle di repertorio, in post-produzione, ma le abbiamo proiettate sul set: la scelta è stata di essere il più analogici possibile, per mantenere l’atmosfera dell’epoca, e quindi abbiamo chiesto al Luce di comprare dei proiettori e, con un sofisticato software di video mapping, abbiamo proiettato le immagini sulle superfici dei set su cui abbiamo girato, sempre disegnandole a seconda del luogo di proiezione, come nel teatro di Villa Torlonia, per cui la proiezione è stata fatta su ciascuna delle sessanta poltrone della platea. È stato un lavoro complicato ma siccome non volevo fare una ricostruzione ma evocare un fantasma la nostra Ottavia Bianchi, che non si vede mai in volto, è il nostro fantasma che evoca i luoghi della protagonista, ma sempre mantenendo all’interno l’archivio. 

Proprio dal punto di vista del materiale d’archivio, cosa c’è di inedito o particolarmente curioso?

GP: Mi vanto di aver tirato fuori dall’Archivio Luce il fondo del marchese Chiari che ‘nessuno conosceva’, era stato solo acquisito. Era un ricchissimo cinefilo degli Anni ’30, che grazie alla sua disponibilità economica faceva filmini con gli amici, ma a livello professionale, sia in 35mm che col sonoro addirittura, ed è un materiale di vita quotidiana di un uomo ricco, per noi molto prezioso. Home Movies aveva poi due fondi meravigliosi, uno della famiglia Togni, e poi il fondo di una coppia degli Anni ’30, il cui marito era un giornalista, tra l’altro proprio de ‘L’illustrazione del popolo’, che aveva uno strano gusto: non si limitava a riprendere sua moglie ma si faceva anche riprendere da terzi, ma non sappiamo chi giri.

AV: Abbiamo anche immagini di repertorio grafico, attinto ad alcune tavole, racconti illustrati di ‘Grand Hotel’, un po’ l’immaginario femminile dell’epoca, per restituire situazioni, contesti, ma anche tipi fisici. Ma un po’ tutta la storia nasce da una ricerca d’archivio, di altro genere, appunto il fondo privato del pubblicitario Villani, che ancora una volta ha riservato sorprese. 

S’ascolta una colonna sonora tra enfasi frizzante e cupezza epica, con anche l’uso di brani canori del periodo

AV: S’è un po’ mixato, da una parte c’è un nostro personale amore per la musica di quegli anni, che guarda all’America, uno swing italiano modernissimo, che ci sembrava particolarmente adatto, ma non volendo per forza essere fedeli in tutto e per tutto Giovanni ha pensato di innestare una musica contemporanea.

GP: Ho chiesto a un musicista finlandese un suono moderno, contemporaneo, freddo, industriale: lui lavora spesso con suoni campionati, ritmi quasi meccanici, e siccome la nostra storia di svolge dentro l’industria dell’automobile, gli ho chiesto una colonna sonora adatta, quindi affiancando il calore delle canzoni dell’epoca e il gelo finlandese. 

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02 Dicembre 2022

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