Per Kurosawa, storia spy anni ’40, tra intimità e giustizia sociale

Per Kurosawa, storia spy anni ’40, tra intimità e giustizia sociale


VENEZIA – Kiyoshi Kurosawa, regista, propone in Concorso il film Spy no tsuma (Moglie di una spia), sua prima opera ambientata in un’epoca passata: “Ho sempre trovato interessante questo argomento storico: fino ad ora ho trattato storie del presente, ma ho pensato fossero importanti il tema della società e dell’individuo, che possono convivere ma anche scontrarsi; quando mi sono soffermato a pensare quale fosse un periodo in cui ci potesse essere un contrasto più forte, ho capito fosse interessante osservare l’individuo in una società coinvolta in una guerra, per cui ho scelto il periodo degli Anni ’40. Inoltre, il perché dello spionaggio, riguarda un’attività molto intellegibile per la netta separazione individuo-società, poi in un film, a livello di ‘genere’, ha comunque un fascino”, spiega il regista di questa sua storia di spionaggio, sull’asse Giappone/Manciuria-Stati Uniti, che si costruisce soprattutto a Kobe, nella prima notte dello scoppio della II Guerra Mondiale, nel 1940

Una città della campagna giapponese, una coppia borghese – Satoko (lei) e Yusako (lui) – e un viaggio in Manciuria di lui, nel nome del cinema, sua velleità, che però innesca la prima miccia della gelosia della donna, che sospetta il marito abbia portato indietro con sé un’infermiera per amore, quando – per l’altro – questa dopo pochi giorni viene rinvenuta senza vita in uno specchio d’acqua. 

L’attrice Yu Aoi (Satoko), spiega che “La relazione della coppia cambia: prima esisteva il marito, quindi esisteva lei, che però poi deve iniziare a prendersi cura di lui, e da lì cominciano a pensare di poter vivere davvero insieme, la dinamica di complicità che fa smuovere la storia. Il carattere di lei è pieno di energia, e ha dato anche slancio a me, che tendo a essere più pacata”. Il personaggio femminile, dapprima si presenta come una moglie un po’ adorante del proprio marito, con una leggerezza quasi da bambina, e così si lascia andare all’istinto non mediato della gelosia, a seguito del viaggio di lui, che legge solo come di tradimento, sostenuto anche da un telegramma che lei riceve e annuncia il posticipo del rientro a Kobe dopo due settimane rispetto alla data fissata. 

Nel frammezzo Satoko invita Taiji Tsumori, amico d’infanzia a militare, a bere un whisky a casa, situazione in cui percepiamo lui dissentire per l’essere stato chiamato senza la presenza del marito, qualcosa che però non fa escludere che lui possa avere anche un certo interesse per lei, laddove sarà proprio l’uomo a raccontarle l’episodio dell’infermiera venuta con Yusako dalla Manciuria. 

Nella trama s’inserisce un quarto personaggio, Fumio, nipote della coppia che è stato con lo zio in viaggio: una discussione tra loro porta il giovane a dire alla zia che lei non è consapevole di cosa Yusako abbia fatto per farla vivere tranquilla, e le consegna dei documenti, in doppia copia, giapponese e inglese, specificando che lui è sotto controllo. 

“La relazione tra la coppia era di reciprocità dei sentimenti umani, di protezione e complicità, ma in forme differenti: per il sentimento che ho cercato di trasmettere, ho svolto la mia interpretazione sulla sceneggiatura ma anche con il mio punto di vista, oltre che nel confronto con l’attrice e il regista, cosa che ha dato vita al mio personaggio”, dice l’attore Issey Takahashi (Yusako). E la complicità di cui parla l’attore, rispetto al suo personaggio, è proprio il profondo slancio che svolta l’approccio della moglie, che abbandona il piano della gelosia e si inorgoglisce di essere la moglie di una spia, di un uomo che, nel film, afferma: “la mia fede non è al mio Paese, ma alla giustizia universale”, nell’intento di voler consegnare agli americani quella documentazione, per smuovere l’opinione internazionale, e che attesta esperimenti virali sulle persone manciuriane. 

“Quando ho approcciato questa opera ho fatto qualche riflessione sul fatto del contesto storico, ma non mi sono concentrato sull’ essere più o meno politico. Questo film è fiction, però basato su un evento storico realmente accaduto in Manciuria: il posizionamento storico è la base narrativa. Quando si contrappone la realtà con la Storia, la realtà non ha ancora digerito nulla a livello decisionale: quando c’è un evento storico sarà poi giudicato come evento passato, anche a livello politico. Ma il contesto è già deciso, non c’è necessità da parte mia di dare un giudizio politico ma di raccontare la verità”, chiosa il regista, che ha partecipato, con gli interpreti, alla conferenza stampa via zoom da Tokio, poiché impossibilitati alla presenza a Venezia causa pandemia. 

 

09 Settembre 2020

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