Dalla finestra si scorge un albero, oltre la ferrovia. Sulla parete è appeso il ritratto di un poeta, Giacomo Leopardi, quello della “Sera del dì di festa”, degli amori malinconici e della giovinezza che scorre via.
Bianca ha poco più di vent’anni, dovrebbe essere all’università, ma ha lasciato la casa dei genitori per trasferirsi in un’abitazione con vista sull’albero, insieme ad Angelica, sua coetanea, amica e amante. Bianca scrive su un quaderno, cerca cocaina in vari locali e passa il tempo con amici, chiedendosi perché tutti siano sempre così tristi.
L’opera prima di Sara Petraglia come regista e sceneggiatrice, L’albero, racconta i giovani di oggi, alla ricerca di sogni e speranze che sembrano loro negati, del desiderio di vivere e amare, e della loro profonda infelicità. Un film contemporaneo, poetico e tagliente, con Tecla Insolia e Carlotta Gamba.
Prodotto da Bibi Film e distribuito da Fandango a marzo, è presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma.
Dice Petraglia: “La storia ha preso diverse forme mentre la scrivevo. Pensavo di non essere in grado di inventarla e avevo quasi rinunciato. Nel cercare tra i miei appunti, che riguardavano abbozzi di romanzo e brutti fumetti, tornava sempre questa figura dell’albero reale che vedevo da casa mia al Pigneto. E’ stata rielaborata in maniera veloce, con il piacere puro della scrittura. Non avevo l’idea di farne un film, è stato Angelo Barbagallo a convincermi, una volta che ho avuto il coraggio di fargliela leggere”.
“Sara è un’artista – commenta Barbagallo – sono fiero del film e già la scrittura era emozionante, originale, vera, ma non già consumata. Ha fatto un’estrema sintesi del suo passato, oltre a scrivere bene è una grande fotografa. La somma di queste cose è il coraggio di raccontare qualcosa che la coinvolgeva profondamente. Sapevo che mi sarebbe piaciuto vedere quel film al cinema, con un punto di vista del tutto originale. D’altra parte mi è stato subito evidente che il film non poteva farlo altro che lei. La regia non poteva che essere la sua. L’ho messa letteralmente all’angolo, anche se amorevolmente. E’ un film evocativo ed emozionante”.
Prosegue Insolia: “Parto dal presupposto che dopo aver saputo che ero stata scelta ho ricevuto la sceneggiatura, e una volta finita, l’ho ricominciata da capo. L’ho fatto varie volte, ero assuefatta dalla storia di queste due ragazze e dallo stile con cui veniva raccontata. Non riuscivo bene a capire il perché ma conoscendo Sara e confrontandomi con lei ho capito che si trattava dell’autenticità dei personaggi, dei loro sentimenti. Il film non detta una morale, non è una storia generazionale. Parla di un’amicizia amorosa e la nostalgia di Bianca è qualcosa che mi emoziona tantissimo. Parlando col mio agente dopo la fatidica mail sul provino ho subito pensato che mi ci rivedevo molto, cocaina a parte. Era una dimensione delicata, sottile, da proteggere e raccontare”.
Per Gamba “è stato immediatamente chiaro che girare il film sarebbe stato divertente. La sua forza è tutta qua. Le persone con cui abbiamo girato ci sono state costantemente accanto e si tratta di una forza molto importante quando nasce un film come questo, un’opera prima che ha fatto scattare immediatamente la magia, con equilibrio e amore, che hanno sorretto la mia interpretazione. Sono contenta di far parte di un film puro, che c’è e si autoracconta”.
“L’amore è necessario per affrontare le dipendenze – dice ancora Petraglia – e in particolare la rete di connessione con gli altri. Una cosa del genere non si affronta da soli, ma alcuni rapporti vanno interrotti. Noi abbiamo raccontato un momento in cui un’amicizia può diventare un amore, e invece il rapporto si sfracella. Tuttavia, anche separandosi, il sentimento resta. Spesso si parla di cocaina con stereotipi, spesso in maniera superficiale, mentre ci circonda tutti. Volevo dare un punto di vista diverso sulla questione, senza pretendere di insegnare niente a nessuno. E’ la storia di due persone che vivono una dipendenza a modo loro”.
Il film ha naturalmente anche un grande afflato nostalgico: “Questi ragazzi – conferma la regista – si alimentano della propria tristezza, come se fosse una fontanella romana. L’ho visto spesso: gruppi di amici infelici che sembrano famiglie tristi. Ma per certi versi essere così tristi e avere il tempo di lamentarsi così tanto è pure un privilegio. Bianca è una lagna continua, ma persone così, ossessionate dalla loro tristezza, esistono. E’ una tristezza vitale”.
Il film è stato realizzato grazie anche ai contributi ministeriali, come Barbagallo ci tiene a sottolineare.
C’è tempo ancora per una parola di Petraglia, sulla vita di set: “ho sempre amato il lavoro della fotografa di scena che ha la posizione privilegiata di vedere e sentire tutto senza essere vista a sua volta. Ha la massima libertà un lavoro bellissimo e sottovalutato. Non ho ricevuto consigli specifici, se non quello di andare dritta per la mia strada. Prima di girare ero terrorizzata, poi la squadra si è formata e sono stata aiutata tantissimo, soprattutto per quello che riguarda le interpreti: hanno l’età perfetta, un talento immenso e avevano una bomba a orologeria come alchimia tra loro”.