Dagli autori Annalena Benini e Francesco Piccolo, un ritratto intimo, giocoso e liberamente interpretato della poetessa Patrizia Cavalli, scomparsa il 21 giugno 2022.
E’ Le mie poesie non cambieranno il mondo, docu film delle Giornate degli Autori, nella sezione Isola di Edipo – Notti veneziane. Ammirata perfino da Elsa Morante, Cavalli incarna il lato moderno e pop della poesia italiana contemporanea, manifestando un profondo amore per le parole e per l’arte della performance. La sua storia rappresenta il percorso di una donna che si è sempre sentita completamente libera, desiderosa di pubblico e di amicizia, e che ha fatto della vita un gioco serio.
Una giovane ragazza che ha abbandonato la provincia e le sue consuete regole per diventare, nel corso degli anni e delle epoche, la sovrana di sé stessa con un talento fuori dal comune, un’innocenza travolgente e soprattutto un grande senso dell’umorismo.
“Abbiamo voluto mostrare Patrizia Cavalli nella sua verità e intimità – dicono i registi – e offrire al pubblico la possibilità di conoscerla davvero. Per incontrare Patrizia bisogna passare del tempo nelle sue stanze, tra i suoi cappelli, i libri, le poltrone, il tavolo del soggiorno, la grande foto di Elsa Morante, nel posto in cui ha vissuto da quando ha iniziato a scrivere poesie, il posto che coincide con la sua scoperta del mondo e con la vita esteriore e anche interiore”.
Il processo di lavorazione è stato informale, e si nota nella grande spontaneità del risultato.
“È stato un incontro tra amici, soprattutto all’inizio, quindi era giusto mostrarne anche il backstage, la costruzione del film, i cambi d’umore e di idea. Abbiamo seguito Patrizia con fiducia e lei si è fidata di noi e ci ha offerto il suo sguardo sul mondo, sulla poesia, sull’amore, sul poker, sulla malattia. Grazie al montaggio delle immagini di repertorio insieme alle giornate passate insieme a lei, abbiamo mostrato il passaggio del tempo: dalla forza alla fragilità, e poi di nuovo gli scatti vitalissimi, il piacere di stare sul palcoscenico. Le poesie, le canzoni, la gioia di discutere, il trionfo della gelosia”, raccontano gli autori.
Caratteristica dell’arte letteraria di Cavalli è la ricerca della verità, in qualsiasi modo si possa intendere il termine: “L’abbiamo seguita nella sua generosità di offrire la verità su ogni cosa: la verità di un pensiero non conforme e la verità del desiderio di performance, di divertimento, che vince su tutto ed è un atto poetico. Negli andirivieni nel tempo anche la sua voce cambia, cambia il suo volto, cambia la sua presa sulla vita: Patrizia è a volte sopraffatta, sembra chiedere aiuto ma poi in un istante riprende il controllo di ciò che ama e di ciò che non le piace. Si muove, cammina avanti e indietro, mostra le nuove difficoltà dovute all’età e alla malattia, un po’ se ne compiace e comunque ne fa spettacolo. Questo film è il racconto visivo, senza formalità o gabbie rigide, del cammino di una donna geniale e totalmente libera, che ha detestato la solitudine. È un film sulla libertà di essere e vivere come ti pare. Non c’è nessun codice esistenziale a cui Patrizia Cavalli aderisca, i codici sono soltanto suoi, li ha creati lei. Ce li ha offerti e noi li abbiamo restituiti con la macchina da presa, senza lasciarla mai”.
Emerge secco il ritratto di un’artista a tutto tondo, con un certo talento anche per la musica e la comicità, tanto che alcune performance sono al confine con la stand up comedy: “E’ un aspetto di lei che conoscevamo – specificano i registi – e abbiamo avuto il desiderio di mostrarlo, poi lei è andata anche oltre le nostre aspettative. Sapeva trasformare in un pezzo comico qualsiasi cosa, senza perdere la serietà di quello che stava facendo. A un’amica americana si è presentata traducendo il suo cognome in ‘Horses’. Amava divertirsi decostruendo la realtà e distruggendo codici, anche autodenigrandosi, che è l’aspetto più importante di un grande talento comico. Inoltre amava la musica, era intonatissima e aveva un grande orecchio, suonava il kazoo e cantava molto bene, faceva tutto parte della performance e dell’amore per lo spettacolo”.
Fondante, naturalmente, il rapporto con Morante: “E’ un aspetto importantissimo – confermano Benini e Piccolo – che lei paradossalmente raccontava come “casuale”. Incontra Morante tramite amici e alla sua domanda “cosa fai?”, risponde “scrivo poesie”. Ma non aveva pronto qualcosa che potesse veramente piacere a Morante, che era molto selettiva, così si impone di scriverle senza però risultare artefatta. E quando poi Morante le risponde “sono felice, sei veramente una poetessa” il sollievo di Patrizia è tutto per la persona. Non cercava la patente di poetessa ma voleva continuare ad essere apprezzata da Morante, non voleva essere espulsa dalla sua vita. La poesia di Patrizia mette sempre al centro le persone, in maniera del tutto antiretorica, così come racconta la sua passione per il poker e per i soldi “regalati”, che preferisce rispetto a quelli guadagnati. Davanti a tutto, Patrizia Cavalli ha sempre una risposta spiazzante, e questo ne fa la più grande poeta dei nostri tempi”.
L’ultimo sguardo è per la malattia, più che per la morte, che Cavalli dichiara di ritenere un’idea astratta: “La infastidiva che la malattia si fosse presa lo spazio che prima era di altri pensieri – chiudono gli autori – e in qualche modo la deresponsabilizzasse dal fare altro, creando un alibi. Anche in questo era assolutamente originale e rivoluzionaria”.
Distribuisce Fandango.
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