Sceneggiatore di Ti ricordi di me? (in concorso al Festival riservato a opere prime e seconde) e regista di Tutta colpa di Freud, Genovese confessa il proprio amore per la Grande Mela. Ma tra la prima statunitense del suo ultimo film e l’inizio del nuovo progetto c’è spazio anche per raccontare della possibilità di lavorare Oltreoceano e della ricerca di un’isola dove girare la prossima pellicola.
Di nuovo a New York e per un festival in terra statunitense, non è la prima volta…
Ero già venuto al N.I.C.E. tanti anni fa con Nessun messaggio in segreteria e sono stato a presentare al Tribeca Incantesimo napoletano, ormai dieci anni fa. Ma ho partecipato a molti festival americani, che amo in particolare per avervi spesso vinto il premio del pubblico: a Miami, a Toronto, a Detroit. Gli States mi portano fortuna, ma amo molto New York, cinematograficamente e non solo. Volevo girarci un film da sempre e con Tutta colpa di Freud ho potuto farlo. Soprattutto a Brooklyn, a Dumbo, perché per me la sagoma della città che si vede da lì è un vero e proprio simbolo. E’ qualcosa che ancora mi emoziona ogni volta che vengo, e vengo spesso, per la sua bellezza.
Proprio la bellezza sembra rivestire un ruolo importante nella sua visione del cinema…
Per me è importante, oggi. Il calo negli incassi, le difficoltà del cinema, la pirateria, son tutti problemi di cui ci lamentiamo giustamente – e dobbiamo continuare a farlo – ma penso che in piccola parte, quello che noi possiamo fare, è dare una immagine più cinematografica possibile ai nostri lavori. Visivamente, un film tanto più merita di esser visto al cinema tanto più si perde nel vederlo piccolo… Anche la cura visiva, secondo me, per quanto poco, sarebbe utile per riportare la gente al cinema. E su ‘Freud’ il pensiero c’è stato, anche a livello produttivo, e non solo per New York, ma anche per Roma in zone dove è difficile e costoso girare…
Questo amore per New York si è mai tradotto in possibilità professionali?
Devo dire che non ho mai cercato, ma potrebbe essere una esperienza interessante. Il fatto è che a me piace molto l’Italia, e girare nel mio paese. E penso che per fare un film veramente internazionale non serva andare all’estero. Paradossalmente puoi girare in un ascensore di una palazzina di paese, ma con un linguaggio e un appeal internazionale. Allora diventi internazionale. Non a caso vediamo coreani, cinesi che vincono i grandi festival del mondo. La speranza è sempre quella di portare il cinema italiano oltre i nostri confini.
E ha avuto la possibilità di farlo?
L’idea di fare un film negli Stati Uniti, e quindi di usufruire di questa macchina organizzativa importante e di attori altrettanto importanti, c’è. Ho due proposte: una sceneggiatura canadese molto interessante, però da fare in Canada, e una presa a Los Angeles, ma attraverso un produttore italiano. Ma da qui a realizzarle… vediamo che succede. Sono entrambe coproduzioni, la prima risale a un anno fa e si tratta di una commedia un po’ anomala… in realtà un dramma nel quale si sorride anche, la seconda solo a prima dell’estate, ma sarebbe una commedia più classica. Magari poi però ti arriva dal Giappone la proposta, l’idea della quale ti innamori e che ti fa lasciare tutto e inizi a girare quella.
In effetti, non sembra essersi innamorato di queste storie, o no?
Ci sto pensando. Dipende anche dal cast, del quale ancora non si è nemmeno parlato, e da dove si dovrà girare. E’ tutto in fase embrionale.
Quindi ora si dedicherà solo alla promozione del nuovo film?
Abbiamo appena finito di girare Sei mai stata sulla luna?, tra Parigi, la Puglia e Milano. Il film esce il 22 gennaio, ma sto già pensando a un’altra storia: una sceneggiatura da scrivere e da girare forse la prossima estate, se tutto va bene. Vedremo se sarà questo il prossimo progetto. Per ora c’è il soggetto e basta, nemmeno un titolo.
Di che si tratta?
Di una storia molto divertente sulle ‘seconde opportunità’. Parla di coppie sposate, ma delle coppie in generale, metaforicamente. La domanda che pone è: se vi dovesse capitare di dovervi riscegliere, dopo anni di relazione, vi riscegliereste? Sarà ambientata su un’isola nella quale si scopre che il prete che aveva celebrato tutti i matrimoni non era mai stato prete e quindi tutte le unioni vengono annullate. Sembra una questione meramente formale, in realtà un tarlo comincia a lavorare dentro tutte le coppie e a porre un interrogativo, una nuova scelta.
Ha già scelto l’isola su cui girare?
No. Sarà un’isola del Mediterraneo, ma la vorrei non riconoscibile e magari inventare un nome rappresentativo, che la renda ancora meno identificabile.
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