Padilha all’attacco: “Il mio film non è fascista”


BERLINO E’ stato Francesco Rosi l’unico artista italiano premiato e presente ieri alla cerimonia finale della 58esima edizione della Berlinale. Mentre l’unica a commuoversi stringendo tra le mani il suo Orso d’argento è stata l’attrice Sally Hawkins, per la sua interpretazione in Happy-Go-Lucky. L’attore iraniano Reza Najie, premiato per il film Avaze Gonjeshk-ha spera invece che “questo film aiuti il mio Paese a uscire da un momento socio-politico molto difficile”.
Dopo la premiazione i giornalisti incontrano i vincitori e scoppia anche una piccola polemica riguardo all’Orso d’oro Tropa de elite. Il brasiliano José Padilha era stato infatti accusato dalla stampa tedesca di aver realizzato un film fascista e per questo motivo i giornali avevano esortato il regista a chiedere scusa. “Ma io non ho da chiedere scusa a nessuno – ha replicato il cineasta quarantenne – perché in realtà ho solo rappresentato quella che è la vita del mio Paese, con le esecuzioni arbitrarie della polizia che fa spesso irruzione nelle favelas di Rio De Janeiro massacrando anche i bambini”.
Il regista cinese Wang Xiaoshuai (premiato per la sceneggiatura del film In Love We Trust) si è dichiarato “orgoglioso di ricevere l’Orso, soprattutto perché è una vittoria in più per il cinema indipendente cinese, che è stato promosso in tutto il mondo proprio grazie ai festival, in particolare quello di Venezia diretto da Marco Muller”. Paul Thomas Anderson, regista de Il petroliere, Orso d’argento per la regia e per le musiche, ha raccontato di aver subito telefonato a Jonny Greenwood dei Radiohead. “Non mi ha risposto, forse stava dormendo, ma quando lo saprà non starà nella pelle. Il mio film cerca di insegnare come nella vita occorra avere anche dei nemici per potersi migliorare  attraverso la competizione e la sfida”, ha poi spiegato. Per Errol Morris, che ha vinto il Gran Premio della Giuria, con Standard Opearting Procedure, “è fondamentale vincere questo premio che promuoverà il film e aiuterà a far capire alla gente chi siano davvero alcuni soldati americani, torturatori senza cultura, accecati solo dalla tv trash. Ma anche a ricordare che esistono altri soldati al vertice, che hanno anche loro torturato i prigionieri di Abu Ghraib, ma sono protetti e magari prendono pure delle medaglie al valore”.

16 Febbraio 2008

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