Lampi, esplosioni, bagliori, galassie e particelle. Poi fiamme su tutto lo schermo.
Bastano i primi fotogrammi per capire che è valsa la pena di attendere tanto per vedere in anteprima il kolossal di Christopher Nolan che quasi tutto il mondo aveva già visto. Girato in un misto di IMAX 65mm e pellicola di grande formato e sviluppato in 70 millimetri, con la colonna sonora di Ludwig Gorasson che fa tremare i polsi per tutti i 180 minuti, Oppenheimer immerge da subito lo spettatore nelle incredibili immagini che ricostruiscono la prima esplosione atomica della storia dell’umanità, ma anche il tormentato mondo interiore dello scienziato che ne è stato l’artefice.
Dopo la clamorosa uscita in blocco degli attori dalla sala londinese del 13 luglio scorso in solidarietà con lo sciopero di Hollywood, il film è approdato finalmente anche in Italia: il formato IMAX – per la prima volta realizzato anche in bianco e nero – è infatti scelto, in genere, per spettacoli dal vivo, o per trasmettere un senso di grandiosità, come fa in questo caso la spettacolare fotografia del film, diretta da Hoyte van Hoytema, mentre gli effetti visivi, quasi tutti rigorosamente analogici, sono a cura del premio Oscar Scott Fisher e di Andrew Jackson.
Il film è tratto dal libro vincitore del Pulitzer American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer di Kai Bird e Martin J. Sherwin e come è noto ripercorre la storia del brillante fisico a cui si deve la scoperta che, accompagnata da ingenuità, follia e paradosso, ipotecherà una volta per tutte il mondo, minacciando definitivamente il futuro dell’umanità.
Tre ore esatte di pura tensione, in una sorta di psyco-thriller in cui storia, etica, politica e privato attraversano il volto dell’irlandese Cillian Murphy – mai scelta fu tanto perfetta per un ruolo – quasi sempre in primo piano, con quegli occhi azzurri geniali e agitati che tagliano ogni sguardo: un attore già apparso in quattro film del regista (Batman Begins, Il Cavaliere oscuro, Inception, Dunkirk) ma mai da protagonista. Come in molti dei precedenti lavori di Nolan (premiati con 11 Oscar e 36 nominations) le inquadrature sono quasi kubrickiane, condite stavolta dal montaggio adrenalinico di Jennifer Lame.
Prodotto da Emma Thomas, Charles Roven e Christopher Nolan e distribuito da Universal, Oppenheimer ha un cast stellare: da Emily Blunt, che interpreta Kitty, la lucidissima biologa moglie dello scienziato, al premio Oscar Matt Damon che veste invece i panni del generale Leslie Groves Junior, responsabile del Progetto Manhattan, mentre Robert Downey Jr. è Lewis Strauss, fondatore della Commissione per l’energia atomica degli Stati Uniti. Il film vede inoltre la partecipazione del Premio Oscar Rami Malek e dello sceneggiatore e cineasta Kenneth Branagh, otto volte candidato alla statuetta, ma anche Florence Pugh, Benny Safdie, Michael Angarano e Josh Hartnett.
La storia inizia negli anni venti, tra aule e laboratori delle università europee dove Oppye incontra i padri della fisica, poi si passa alla direzione del progetto, nel deserto del New Mexico, che inizia nel 1943 per culminare in quell’infausto test “Trinity” del 16 luglio del 1945 che lo porterà in trionfo (vedi foto in alto), ma sarà propedeutico alle due bombe atomiche sganciate poche settimane dopo su Hiroshima e Nagasaki.
“Il nostro lavoro garantirà una pace che l’umanità non ha mai visto” – dice Oppenheimer a un altro fisico coinvolto nel progetto, quasi per autoconvincersi di qualcosa che lo angoscia. Ma l’altro replica: “Solo finché non faranno una bomba più potente”.
Poi, a guerra finita, per Oppenheimer è la volta del senso di colpa verso quella fede nella scienza che ha portato gli Stati Uniti a uccidere centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini in pochi istanti, e che negli anni del più bieco maccartismo americano provocherà la spietata demolizione della sua immagine pubblica e scientifica. “La corsa alle armi va regolata, altrimenti il mondo verrà distrutto”, avverte il fisico, che per tale posizione viene anche accusato di essere una spia sovietica.
Il film giusto al momento giusto, verrebbe da dire, mentre la guerra è tornata tragicamente nel cuore dell’Europa, e l’uso dell’arma atomica – che proprio dopo Hiroshima si credeva ormai un tabù – viene minacciato un giorno si e un giorno no. “Ti avevo mostrato quei calcoli perché mi dicessi se secondo te con l’esplosione atomica si sarebbe corso il rischio di innescare una reazione a catena incontrollabile” – chiede Cillian Murphy – Oppenheimer al collega Albert Einstein interpretato da Tom Conti, ma poi si risponde da solo: “Ebbene sì, quel rischio c’è, il mio progetto lo ha reso possibile”.
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