Omar Sy: “Non mi sento il nuovo Eddie Murphy”


“Il paragone mi fa sorridere, ma non mi sento il nuovo Eddie Murphy anche se mi divertiva molto quando ero ragazzo”. Omar Sy, nuovo idolo francese, il primo attore nero a vincere un César, torna con Due agenti molti speciali  di David Charhon, dal 28 marzo in 200 sale con Medusa (in collaborazione con The Space e Rodeo Drive). In Francia ha già incassato 15 milioni di euro naturalmente sulla scia della commedia che ha lanciato l’attore di origine senegalese, ovvero Quasi amici: film dei record con 400 milioni di dollari incassati in tutto il mondo e pellicola francese più vista di tutti i tempi in Italia.

 

Un successo da replicare, non c’è che dire. Anche stavolta dunque, seppure in un contesto d’azione, protagonista è una strana coppia: Omar è un poliziotto di banlieue specializzato in truffe e bische, oltre che in gaffe, ma mosso da una morale ferrea, mentre Laurent Lafitte (Piccole bugie tra amici) è il collega parigino, fighetto e carrierista, che lavora nella squadra omicidi. Insieme, seppure di malavoglia, indagano sull’assassinio della moglie di un industriale che sta conducendo un braccio di ferro coi sindacati. L’hanno trovata cadavere sotto un viadotto di Bobigny, in mezzo ai rifiuti. Maglietta nera con Cassius Clay, il trentacinquenne Omar sta studiando inglese a tempo pieno in vista di X-Men: Days of Future Past di Bryan Singer, dove sarà accanto a Jennifer Lawrence, Michael Fassbender e Hugh Jackman. Ma di cui non può anticipare nulla per contratto. 

 

“Quasi amici” ha cambiato la sua vita. In che modo?

E’ una domanda che mi hanno fatto ormai in tutte le lingue. Per me c’è un prima prima e un dopo Quasi amici. Se adesso sono qui a parlare con voi e stamattina mi sono svegliato in un hotel di lusso, lo devo a quel film.

 

Anche qui si parla del rapporto tra due persone diametralmente opposte che poi entrano in sintonia.

E’ vero, c’è un collegamento. Io sono convinto che le differenze siano una forza. Chi è diverso da noi ci aiuta spesso a trovare soluzioni inedite. Abbiamo bisogno gli uni degli altri.

 

Lei è nato e cresciuto in banlieue. Sente di rappresentare in qualche modo quella gente? Di portare fuori dalla periferia una critica alla Francia che spende più per un giardino del primo arrondissement che per una scuola di Bobigny?

Amo la Francia, ci sono nato e cresciuto. Certo, è un paese che ha pregi e difetti e può sempre migliorare. Poi mi sento un po’ disagio a parlare adesso in nome delle persone che vivono con il sussidio, forse avreste dovuto farmi questa domanda quando avevo 15 anni, non adesso che sono anch’io un privilegiato.

 

Ci sono pregiudizi molto radicati tra gli strati sociali, come il film mostra anche se in forma divertente e leggera.

Crescere in periferia, essere neri e alti un metro e novanta, vuol dire fare paura e comporta molte porte chiuse e vari problemi. Ma i pregiudizi ci sono da entrambi i lati, anche verso i parigini. Parlandosi si scoprono tante cose. Quanto alle domande sulla politica e le questioni sociali, che spesso mi fanno, devo dire che non mi sento un portavoce dei poveri. 

 

Cosa pensa del remake di “Quasi amici” a cui stanno lavorando in America e che dovrebbe essere interpretato da Chris Tucker e Colin Firth?

Non ne so nulla, non ho nessuna voce in capitolo, aspetto di vederlo per giudicare.

 

Che idea si è fatto del cinema italiano?

Eric Toledano e Olivier Nakache, i registi di Quasi amici, sono grandi appassionati della commedia italiana, perché fa ridere pur essendo profonda e spesso con uno sfondo sociale. Mi hanno fatto vedere parecchi film italiani, tra cui La vita è bella.

 

Farebbe un film in Italia?

Perché no? Accetto proposte interessanti da qualsiasi parte vengano. E poi in Italia fa caldo.

 

Che hobby ha? Le piace il calcio? E la Ferrari?

Adoro il calcio. Da ragazzino giocavo a pallone anche se ero meglio nella pallacanestro. Tifo per l’Olympique di Marsiglia. Una volta ho guidato la Ferrari di un amico, è un’auto meravigliosa. E mi piace anche la Maserati. Nel tempo libero vedo film, vedo i miei amici, sto con la mia famiglia… A volte non faccio niente.

 

Immaginava che sarebbe diventato un attore?

Per niente, sono diventato attore per puro caso quando Eric e Olivier sono venuti a cercarmi, facevo il comico alla tv. Da piccolo pensavo di fare lo sportivo di professione, ma quando ho capito che ci voleva troppo impegno mi sono messo a studiare con l’idea di trovare un lavoro per fare contenti i miei. Finché un giorno non mi sono trovato a intervenire con un amico in un programma radiofonico: facevo un calciatore senegalese, un personaggio inventato, ed è stata una sensazione bellissima, di libertà, come nello sport o nella danza.

 

Pensa che Depardieu abbia sbagliato ad andarsene dalla Francia?

Non ne ho idea e poi che conta la mia opinione su un fatto del genere, non sono un giudice e non sono Dio. Gérard è abbastanza grande per fare quello che vuole.

 

Le piacciono i film d’azione?

Sono molto divertenti. Io sono uno sportivo, mi piace guidare e correre. Spesso gli stunt mi devono fermare, altrimenti farei tutto da solo. Ma non voglio relegarmi a un solo genere, mi va di spaziare.

 

“Due agenti molto speciali” avrà un seguito?

Potrebbe darsi, dipenderà dal pubblico, comunque il finale è aperto.

 

Cosa pensa della pirateria?

E’ una domanda difficile. E’ proprio vero che scaricare i film non fa andare la gente al cinema? Chi ama il cinema ha bisogno della sala per condividere con gli altri le sue emozioni. E chi non ha i mezzi per pagarsi il biglietto, è giusto che possa vedere i film. Internet è difficile da gestire con le leggi, ha una potenza incredibile. Io penso che la pirateria sia imbattibile, ma anche che non potrà mai uccidere il cinema. Forse l’unica cosa che si può fare è dare la possibilità di scaricare a basso costo a chi non si può permettere di andare al cinema.

 

21 Marzo 2013

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