Allarme “abbacchiamento” per il cinema italiano. Lo ha lanciato giovedì scorso Nanni Moretti a un incontro (tra esercenti) sul futuro delle sale cinematografiche nell’ambito del festival Visioni Italiane della Cineteca di Bologna, e l’onda lunga delle reazioni non sembra esaurirsi. Intervenuto, appunto, come esercente del Cinema Nuovo Sacher di Roma – “Perdo parecchi soldi – ha detto – Finché la mia società che è piccola, minuscola, potrà permetterselo, continuerò a perdere più di 50mila euro l’anno, poi non so” – il regista Palma d’Oro per La stanza del figlio si è scagliato contro i film italiani – “ci sono troppi film d’autore che poi alla fine non sono belli e creano disaffezione” e “Otto film italiani commerciali su dieci, il pubblico si rifiuta di vederli già dal primo giorno” – ma anche contro un’atmosfera generale non positiva. “È il clima intorno al cinema e in particolare intorno al cinema in sala che non c’è – ha sottolineato Moretti – Tutti sono abbacchiati, lo spazio per le recensioni sempre più piccolo fino a scomparire, ci vorrebbe un clima che faccia capire che è una cosa bella e che quelli che non vanno al cinema non sanno quello che si perdono”. Dichiarazioni che sono arrivate al pubblico tramite un articolo a firma di Emanuela Giampaoli, che le ha riportate su La Repubblica mentre, stranamente, non è circolata nessuna registrazione video dell’incontro.
Cinecittà News ha chiesto ad alcuni critici e giornalisti italiani di commentare le posizioni prese dal regista, a partire da Gino Castaldo, chiamato in causa da Moretti con il suo collega critico musicale Ernesto Assante: “Faccio un esempio – ha detto Moretti – il festival di Sanremo per decenni non se l’è filato nessuno. Leggo Repubblica ed Ernesto Assante e Gino Castaldo, i due giornalisti che si occupano del festival, quando ne scrivono sprizzano gioia”. “Mi ha fatto sorridere l’espressione ‘sprizzare gioia’ – commenta Castaldo, anche conduttore con Ema Stokholma della trasmissione di Rai Radio Due Back2Back – Ho capito cosa volesse dire Nanni sui festival di cinema vissuti senza entusiasmo, ma il festival di Sanremo è ridiventato brillante e divertente solo negli ultimi tre o quattro anni, prima era una croce. C’era una qualità scadente e semmai noi critici sprizzavamo ironia. Questo perché c’è stata una rivoluzione che ha smosso tutto: dopo alcuni anni di immobilismo, il panorama musicale italiano è tornato vivace e lo si vede appunto da Sanremo. Negli ultimi anni abbiamo ascoltato canzoni vere, che piacciano o meno, mentre prima c’erano dei cast irreali”.
“Nanni non ha fatto altro che dire che il re è nudo, la cosa preoccupante è che ho sentito arrivare da più parti appelli alla moderazione”, esordisce Fabio Ferzetti, critico cinematografico de L’Espresso, che continua: “Se il cinema non capisce che deve continuare a essere popolare, e non a parlare solo agli addetti ai lavori, è finita. Mai come oggi il cinema rischia di diventare una macchina celibe senza più rapporto col pubblico e vera capacità di entrare nell’immaginario, creare dibattito, suscitare desiderio ed emozioni condivise. Mi stupisce, poi, che non si parli dell’altra faccia della medaglia: quanti bei film vediamo andare al macello? Eppure, anche tra noi che di cinema parliamo, il 90% dell’attenzione è dedicata a difendere pochi titoli-bandiera. Siamo sicuri che Il colibrì meritasse il gran numero di pagine che gli è stato dedicato quando ci sono anche altri film bellissimi che passano quasi completamente sotto silenzio? Non ho mai visto maggiore confusione e povertà di informazione; parlo dei grandi media naturalmente. Siamo incapaci di promuovere il buono che c’è e non facciamo che lamentarci. Ad esempio, ci sono due film francesi bellissimi con un grande appeal potenziale come La pantera delle nevi e La vita è una danza: entrambi avrebbero meritato molto di più. Nessuno ha il coraggio e la forza di fare opinione, dobbiamo farci domande anche noi. Evviva Nanni che ha rotto il ghiaccio”.
“Nanni fa Nanni, provoca, cerca di gettare il sasso nello stagno e ci riesce, fa discutere e questo è importante”, dice Cristiana Paternò, presidente del Sindacato Critici Cinematografici Italiani e vicedirettrice di Cinecittà News – Il cinema deve tornare a far discutere e anche a far litigare le persone. Nei momenti più ricchi c’erano grandi dibattiti e volavano schiaffi. In modo metaforico, s’intende”. Mauro Donzelli, firma di ComingSoon.it, le fa eco: “Nanni Moretti regala sempre stimoli e pungolature di classe. Non c’è dubbio che un critico non debba mai perdere l’entusiasmo per quello che fa, nonostante i tempi cupi. Specie nelle (eccessive) abbuffate dei grandi festival e almeno prima di aver visto i film. Mi sembra che lamenti lo spazio sempre più piccolo dedicato alle recensioni sui quotidiani cartacei che legge: lo inviterei ad allargare le letture anche a chi fa critica e giornalismo senza limiti di spazio. In milioni di lettori lo fanno ogni giorno, penso possa essere per lui uno stimolo e magari fonte di sorprese, oltre che di passione”. “Una cosa che mi ha fatto pensare – riprende Paternò – è che ha accusato i critici di essere tristi, ma un po’ lo è anche il cinema in generale. Paragonandolo con le altre arti, quando vado a teatro, ai concerti e alle mostre, trovo tanto pubblico divertito e coinvolto, mentre mi è capitato di andare al cinema in una sala mezza vuota e con un clima un po’ depressivo. Dobbiamo cercare tutti, non solo i critici, di portare un po’ di gioia ed entusiasmo nelle cose che facciamo ed è importante trasmettere l’entusiasmo anche quando si viene intervistati, e questo non sempre accade. Se la critica di Nanni è rivolta a tutti, dunque, la accolgo volentieri, ma se è rivolta solo a critici, non credo si debba dar loro tutta la colpa”.
“È più difficile ma non impossibile sperimentare oggi la gioia di cui ‘fantastica’ Nanni Moretti”, sottolinea Marzia Gandolfi, critica cinematografica in forza a MyMovies. “Vero, negli anni il mestiere del critico come il contesto in cui opera sono cambiati profondamente – aggiunge – ma anche in un territorio ostile si deve e si può trovare lo spazio per vedere film, scriverne, parlarne e magari immaginarli. Credo che l’intenzione di Moretti sia quella di invitare critici e spettatori a guardare i film con una gioia sempre nuova e baziniana, cioè tangibile e infinitamente ripetibile. ‘Non continuiamo a farci del male’ e impegniamoci a essere una generazione ‘felice’ che scrive resoconti di festival, manifesti polemici, dichiarazioni d’amore o di intenti… Come diceva Pauline Kael: ‘La critica è la sola risorsa indipendente d’informazione, il resto è pubblicità’”.
Pedro Armocida, giornalista e critico de Il Giornale e direttore della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, aveva subito scritto sui social di non condividere “molto di quello che ha detto Nanni Moretti”, perché “È evidente che anche lui, in genere lucidissimo, di fronte a una parte del pubblico che non è più tornata in sala come prima della pandemia, si trovi un po’ spaesato”. Con Cinecittà News ha aggiunto: “Mi sembra inopportuno che un autore parli male dei film dei colleghi, soprattutto perché si finisce per generalizzare. Se sei chiamato come esercente a parlare della situazione del cinema, va benissimo, ma il discorso sulla qualità mi sembra, appunto, una generalizzazione. Il mercato ci sta dimostrando che i film d’autore stanno andando meglio di altri, a partire da Andò e passando per Amelio, Martone, Virzì, Tornatore, Archibugi e lo stesso Moretti. A livello mediatico fa indubbiamente più notizia se le cose vanno male, perché piace mettere il dito nella piaga. Inoltre gli spazi della critica sono ridotti da molti anni e anche il mood triste dei festival sui quotidiani dipende da testata a testata”.
“Sono d’accordo con Nanni sul fatto che la quantità di film italiani che arrivano in sala sia abbastanza eccessiva”, afferma Paolo Mereghetti, critico del Corriere della Sera e autore del Dizionario dei film che porta il suo nome. “I contributi che il Ministero ha dato alle produzioni hanno favorito la proliferazione di titoli, ma non ci si è preoccupati di facilitare il percorso per far arrivare questi titoli al pubblico. È come se fossero state costruite tante macchine senza far sì che ci fossero strade adeguate su cui farle correre. Anche sulla qualità sono d’accordo: la media degli ultimi quattro-cinque mesi è abbastanza periclitante”. E il clima di abbacchiamento? “Io cerco, quando posso, di trasmettere il piacere e l’entusiasmo che mi danno i film, ma la mia è una situazione particolare: scrivo per un quotidiano nazionale e ho abbastanza spazio. Trovo però che i registi e le persone di cinema dovrebbero riflettere su come spesso trasformano la stampa in megafoni delle loro produzioni, con le visite sul set e le esclusive: la situazione attuale è una conseguenza anche di questo”.
Anche Laura Delli Colli, presidente del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici collega il clima intorno al cinema italiano a un discorso più ampio che coinvolge l’informazione e l’editoria: “C’è stata molta attenzione intorno ai dibattiti sul futuro del cinema italiano organizzati alla Festa del Cinema di Roma e lì non mi è sembrato di sentire un clima negativo. Anzi, credo che intorno all’argomento ci sia un momento di grande interesse. Quello degli spazi ridotti per la critica sui giornali non è un tema di oggi, ed è anche cambiato il rapporto tra critica e spettatore. Anni fa c’erano grandi spazi e si riusciva ad accompagnare lo spettatore al cinema, oggi è tutto diverso, anche per la situazione dell’editoria. Se c’è meno attenzione del pubblico verso il cinema, c’è anche meno attenzione del pubblico verso i giornali”. E sulla qualità dei film italiani, sostiene Delli Colli, “il problema è, per così dire, a monte. Lo aveva detto Alberto Barbera presentando il programma dell’ultima Mostra del Cinema e ne hanno dibattuto in molti nei mesi successivi: il vero nemico delle sale è nella quantità eccessiva di film di scarsa qualità, spesso prodotti ‘usa e getta’ che arrivano in piattaforma perché si produce troppo e si scrive a volte troppo in fretta. La cattiva qualità o il cinema fast food hanno in qualche modo condizionato, insomma, il gusto del pubblico”.
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