ROMA – “Questo progetto segna la maniera in cui voglio raccontare le mie storie e il modo con cui voglio prenderne parte”. Il primo film da regista è un passo fondamentale per ogni artista. Lo è particolarmente per Kasia Smutniak che esordisce alla regia con il suo Mur, documentario presentato alla Festa del Cinema di Roma 2023 in vista dell’uscita nelle sale il 20 ottobre, distribuito da Luce Cinecittà.
Nel suo primo film, l’attrice polacca naturalizzata italiana ci racconta – tramite un viaggio on the road nella zona rossa dove migliaia di migranti provano a raggiungere l’Europa occidentale – i muri che stanno iniziando a circondare il suo paese d’origine, la Polonia. Tutto nasce “dall’urgenza di documentare quello che si stava cominciando a costruire, nel silenzio generale, compreso quello dei giornalisti, ossia un muro di confine in acciaio lungo 186 km e alto 6 metri tra l’europea Polonia e la Bielorussia. Un muro divisivo come sono tutti i muri e come quello che sta accadendo in questi giorni continua a dimostrare, un muro che ricordava quello del ghetto ebraico davanti al quale sono cresciuta”.
Il progetto di Mur ha piantato radici nel viaggio fatto al fianco di Diego Bianchi per il programma “Propaganda Live”. “Avevo sentito che stava scattando qualcosa e così ho deciso di ascoltare il mio io profondo. Quando la realtà ha superato quello che raccontavo sugli schermi, mi sono fermata. Il vaso si è riempito e ho voluto concentrarmi, magari rischiando un po’, per raccontare quello che stavo vivendo in quel momento”.
Non si può non notare il parallelismo tra Mur e Green Border, acclamato film di Agnieszka Holland, vincitore del Premio speciale della giuria a Venezia 80. “Sono due progetti compatibili, – rivela Smutniak – in fondo raccontiamo la stessa cosa, un periodo molto denso, e ricco di avvenimenti. Le stesse persone, gli stessi fatti. Ho seguito il progetto fin dall’inizio, è stato girato un anno dopo. A differenza del mio, Green Border è un film di finzione che si basa su fatti reali. Agnieszka dice che siamo due partner in crime”.
Una popolare attrice che, armata di attrezzature leggerissime – piccole videocamere e cellulari, si avventura in luoghi di dolore e disperazione, in quei boschi dove ogni giorno muoiono annichiliti dal freddo decine di donne e bambini che sfuggono dalla guerra e dalla povertà.Al suo fianco solo la presenza, il sostegno e la voce della sua co-autrice Mariella Bombini. Una situazione sicuramente fuori dal comune, ma che ci dice tanto di un’artista che sente la responsabilità del suo privilegio e che soffre di un certo “senso di colpa”. “La voce delle donne è molto importante adesso. Sono riuscita a fare questo progetto perché sono stato spesso sottovalutata. – dichiara Smutniak – Un’attrice dell’Est, ma mezza italiana, quindi super privilegiata, non ero considerata pericolosa. Attorno a me hanno abbassato un po’ la guardia. Volevo una compagna di viaggio, un’italiana, una persona esterna che non capisse il contesto. Che abbia un punto di vista crudo e sincero. Il materiale era difficile da maneggiare e volutamente non ho voluto far vedere i migranti. L’ho fatto perché volevo far vedere il punto di vista delle persone come me, che non sono in prima linea. Sono più una spettatrice di quello che accade in Europa. Ma mi sembrava il punto di vista più vicino a quello delle persone che vedranno il film, e anche il più sincero”.
“Tutti mi dicevano che bisognava vivere in Polonia per capire la situazione reale, – conclue la regista – una situazione in cui donne e bambini morivano nel bosco e venivano continuamente disumanizzati. Un processo che abbiamo già vissuto ed è stata la pagina più terrificante della storia umana. Non ci possiamo più permettere di disumanizzare nessuno, perché siamo capaci di cose terrificanti”.
La normalità di una famiglia composta da padre, madre e due figli, viene spezzata da una terribile scoperta: entrambi i genitori sono gravemente malati ma solo uno dei due può essere salvato.
Il film Palma d'Oro a Cannes 2023 vince il Golden Globe 2024 come Miglior film straniero
Intervista a Carlotta Antonelli, Marlon Joubert e Aliosha Massine.
Il riconoscimento è promosso dall’associazione “Amici di Luciano Sovena” alla presenza di Lorenza Lei, responsabile dell’Ufficio Cinema della Regione Lazio. Lei ha espresso parole di stima per Luciano e per il suo...