Matt Dillon regista con il documentario ‘El gran Fellové’

L'attore americano presiede la giuria del Premio Camera d’Oro Taodue di Alice nella città. "Il mio film ideale per il premio è quello che mostra autenticità e coerenza dei personaggi"


“Prima della Festa di Roma non sono mai stato presidente di nulla” dice ironico Matt Dillon, il 52enne attore americano, una nomination agli Oscar e ai Golden Globe per Crash: contatto fisico di Paul Haggis, e 55 titoli all’attivo con registi come Francis Ford Coppola, Gus van Sant, John Madden e anche una regia.
Dillon presiede la giuria che assegnerà il Premio Camera d’Oro Taodue assegnato alla migliore opera Prima e Seconda presentata nel programma di Alice nella città (sia nel concorso Young/Adult sia in Alice/Panorama).
“E’ una decisione impegnativa che condivido con gli altri sei membri della giuria. Mi trovo in sintonia con i registi di tutti questi film di Alice e mi complimento con i selezionatori perché tutte le opere meritano di vincere un premio – afferma l’attore – Il mio film ideale è comunque quello che dimostra autenticità e coerenza dei personaggi. La linea narrativa è importante certo, ma tutto si riconduce ai personaggi che creano la storia. Il premio che daremo aiuterà il vincitore a proseguire la sua strada”.

All’orizzonte non c’è un secondo film di da regista dopo City of Ghosts (2002), da lui anche co-sceneggiato e interpretato, “e stata un’esperienza importante e piacevole, in Italia il film ha avuto un distributore attento come Domenico Procacci”. Ma un progetto, non di finzione, a cui sta lavorando da tempo c’è, un documentario su un compositore e cantante cubano Francisco Fellové, detto anche ‘El gran Fellové’ scomparso nel 2013. “L’idea risale a parecchi anni fa, nel ’99 girai del materiale mentre Fellové stava incidendo un suo disco. E’ stato uno dei primi cantanti cubani a cercare fortuna a Città del Messico negli anni ’50 che all’epoca rappresentava, nell’America Latina, il cuore, il centro della musica, del cinema e della televisione.
Il documentario s’occuperà di quel genere musicale detto ‘filin’, influenzato dal jazz americano, di cui Fellové è stato un grande interprete”. Dillon dice anche di identificarsi in questo povero nero che all’inizio della sua carriera fatica a emergere, nonostante il suo talento. “Una persona modesta e solo quando cantava veniva fuori la sua grandezza. La sua storia ci ricorda che non dobbiamo mai dimenticare le nostre origini”. E un documentario per Dillon è più difficile da realizzare che un film di finzione perché richiede insieme scrittura e regia.

Il mestiere di attore? “Un lavoro creativo. Lo sono diventato per raccontare una storia, per rispecchiare la verità. E’ gratificante vivere una vita altrui. Per ogni personaggio cerco di entrare nel ruolo, personalizzandolo, ma una volta interpretato me lo lascio alle spalle, non ci penso più. Soprattutto evito i confronti con gli altri attori”.

18 Ottobre 2016

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