Massimo Ghini ricorda Rosi: “Napoletano atipico, sul set era di grande rigore”

L'attore romano ricorda il grande regista che lo diresse nel '97 nel film La tregua. "Abbiamo trascorso cinque mesi in Ucraina. Per me un colpo al cuore pensare che quei luoghi adesso siano dilaniati"


Francesco Rosi è stato per me un regista di riferimento. Se ho deciso di fare l’attore lo devo al suo film Il caso Mattei, che vidi quando ero ancora uno studente liceale e ne rimasi folgorato”. Così Massimo Ghini ricorda con l’Adnkronos il regista Francesco Rosi, nato il 15 novembre 1922. Il centenario sarà celebrato con varie manifestazioni, mostre, convegni e una programmazione speciale sulle reti Rai. “Nella mia vita ci sono due Rosi – dice l’attore romano – il regista che conosco da spettatore e quello con il quale ho trascorso cinque mesi della mia vita in Ucraina dove abbiamo girato La tregua nel 1997. E’ per me un colpo al cuore pensare che quei luoghi adesso siano dilaniati, vilipesi e devastati da una guerra assurda”.

Ghini ricorda soprattutto la “napoletanità atipica”. “Era ironico ma molto rigido sul lavoro, molto attento, molto puntuale. Sembrava nordico. Il suo soprannome era ‘o professore’, termine che conteneva la sintesi esatta del modo di essere di Francesco: uomo colto, intelligente, preparato ma anche molto rigido e determinato”.

Insomma, un perfezionista assoluto cresciuto alla scuola di un altro grande perfezionista, Luchino Visconti, del quale, insieme a Franco Zeffirelli era stato aiuto regista. “Ho avuto la fortuna di essere diretto sia da Rosi, sia da Zeffirelli – dice Ghini che con il regista fiorentino ha fatto Un tè con Mussolini – Entrambi precisi e meticolosi, si esprimevano in direzioni diverse pur venendo dalla stessa ‘corte’ viscontiana: Rosi alle prese con temi sociali mentre Zeffirelli, che ha avuto successo internazionale dirigendo testi di Shakespeare, operava un approfondimento quasi ‘barocco’ sull’estetica”.

Tornando a Rosi, Ghini osserva che “quel tipo di narrazione che c’era nei suoi film era unica, perché riusciva a unire la cronaca quasi documentaristica all’invenzione cinematografica. Una cosa che non è da tutti, tanto che grandi registi americani, come Francis Ford Coppola e Martin Scorsese, hanno confessato di avere imparato molto dai film di Rosi che andavano a vedere nei cinema americani ogni volta che li proiettavano. Aveva una qualità e uno stile narrativo molto moderni”.

E ricorda di essere stato “bacchettato” più volte da Rosi durante le riprese de La tregua: “Era maniacale nella costruzione di ogni scena, dalle inquadrature alle battute. Sono stato spesso rimproverato da lui, perché c’era sempre un grande rigore sul set e quando mollavi, ti dava una bacchettata e ti riportava nella giusta direzione”. E sul cinema di oggi dice: “Io non mi lamento, lavoro tantissimo, ma quel tipo di coraggio che avevano allora personaggi come Rosi e non solo, oggi manca, non lo trovo più”. Infine un moto d’orgoglio dell’attore: “A Il caso Mattei mi lega un destino strano perché, dopo circa 37 anni dal capolavoro di Rosi (uscito nel 1972, ndr), ho interpretato Mattei per il film tv Enrico Mattei – L’uomo che guardava al futuro, diretto da Giorgio Capitani. Il successo popolare di quel film ha fatto sì che la pellicola di Francesco, che era scomparsa dalla programmazione televisiva da un po’ di tempo, tornasse in tv. Insomma, il mio successo pop ha fatto tornare Rosi in televisione…”.

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14 Novembre 2022

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