“Ci sono rimasto molto male, è stata una cosa davvero inaspettata, era ancora giovane”. Tra i tanti cineasti che oggi ricordano Ivano Marescotti, anche Marco Tullio Giordana parla di lui, commosso. Con l’indimenticabile attore romagnolo, nel 1990, girò La neve sul fuoco, un episodio molto poetico del film tratto da Il Polverone, un libro di racconti di Tonino Guerra: una vera ‘chicca’ da rivedere, che il regista e scrittore racconta a CinecittàNews. Sul set, con Marescotti, c’erano anche Maria Maddalena Fellini (nella foto), sorella minore di Federico, e una giovanissima Chiara Caselli. Gli altri episodi erano stati affidati a Giuseppe Tornatore, che avrebbe realizzato l’episodio Il cane blu, Francesco Barilli Le chiese di legno e Giuseppe Bertolucci La domenica specialmente, che avrebbe dato il titolo all’intero film.
“Io fui chiamato a partecipare all’ultimo momento dal produttore Amedeo Pagani, nell’autunno del ’90, quando il gruppo era già formato” – racconta Giordana. “Cercando un attore romagnolo, visto che era tutto ambientato lì, su consiglio di Mario Martone cascai su Ivano Marescotti, che aveva appena fatto L’aria serena dell’ovest (di Silvio Soldini, ndr). L’avevo visto di recente e mi aveva molto colpito, perché è un attore abbastanza inconsueto… e poi quando l’ho incontrato, beh… è una persona talmente travolgente, la sua simpatia, la sua disponibilità, la sua allegria… non ho avuto nemmeno bisogno di fargli un provino. È venuto su in montagna in mezzo alla neve, la sua partner sul set era Maria Maddalena Fellini, anche lei per la prima volta sullo schermo. Erano una coppia meravigliosa, incredibile. La scena è quella in cui lei è la sola ad assistere alla messa, e quando don Vincenzo (Ivano Marescotti, ndr) dice quella frase ‘scambiatevi un segno di pace’ lei si guarda in giro come a chiedere ‘ma non c’è nessuno, con chi me lo scambio?’… allora Ivano fa un’altra faccia come a dire ‘dai non fare la complicata!’ Tutto uno scambio così, tra le righe, che è possibile solo quando hai dei grandi attori, non sono cose che tu puoi istruire”.
È buffo pensare a Ivano Marescotti nelle vesti di un prete, ma quel Don Vincenzo era un prete molto speciale, forse per questo forse lo avevi scelto.
“Si, lui dice messa lì, in questa piccola chiesettina dove non c’è nessuno, in un paesino isolato, perché in realtà si occupa di una comunità di tossicodipendenti. È un prete piuttosto sbrigativo, prende anche a cazzotti un pusher, che viene a reclamare una ragazza per chiederle di tornare con lui, lo affronta, e lo prende a pugni, insomma non è un prete ‘molle’. Un prete romagnolo, ‘romagnolo da combattimento’, da boschi innevati…È molto, molto divertente lavorare con degli attori così generosi, così intelligenti.
Di quell’esperienza hai un ricordo molto nitido, forte di lui. E dopo quel film?
Qualche anno dopo, stavo preparando un film che poi purtroppo non ho fatto, scritto con Francesca Marciano, si chiamava Il cielo… Lo chiamai e gli dissi “guarda Ivano, è stata così felice la nostra esperienza insieme, leggiti il copione, dimmi che ruolo ti piacerebbe fare, esclusi quelli femminili e il protagonista, che doveva essere abbastanza âgée e per il quale avevo già pensato a Gian Maria Volonté. Lui scelse il ruolo di un personaggio infame, losco, viscido, cattivo: tutto quello che non era lui. E gli chiesi ‘ma sei sicuro? E’ un personaggio che odieranno tutti!’… e lui ripose ‘Sì, si, ma l’attore deve fare l’avvocato dei suoi personaggi, non il giudice’. Anche questo dipinge bene lo spessore della sua persona. Dovrei piangere. Ma in realtà riesco solo a sorridere pensando a lui, al suo sorriso enorme, travolgente, a una persona così bella”.
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