Ieri se ne è andata, a 77 anni, l’attrice Loredana Martinez e sarebbe un macabro gioco limitarsi a un cordoglio formale per la scomparsa di una seria professionista che pochi conoscono o ricordano. La differenza in questo caso sta nel fatto che questa minuta signora, dalla voce ben modulata e dalla perfetta padronanza dello stile recitativo (si era diplomata all’Accademia Silvio d’Amico e aveva avuto come primo pigmalione Eduardo De Filippo), ha attraversato il teatro e il miglior cinema dalla fine degli anni ’60 fino ad appena ieri, amata e cercata dai migliori registi, spesso presenza silente nel ricordo degli spettatori. Bruna di capelli (o talvolta bionda per esigenze di copione), era nata a Roma il 20 gennaio del 1947 da una famiglia di musicisti siciliani e debuttò in palcoscenico ad appena 16 anni al Centro Universitario di Palermo. Da lì un cursus honorum di tutto rispetto, accompagnato da una laurea in filosofia e un diploma in giornalismo, per poi diventare, tra l’altro, insegnante al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma. Scrivo tutto questo perché quelli che domani mattina andranno a ricordarla alla Chiesa degli Artisti, magari non sanno di avere a che fare con una donna che, a fianco del teatro e del cinema, ha fatto molto altro, comprese le appassionate campagne per portare nel quartiere di Centocelle a Roma la passione della cultura e della recitazione.
Sta di fatto che il cinema si accorge di lei nel 1969, quando Luigi Comencini la chiama per una piccola parte (è la giovinetta Margherita stregata dal Gran Seduttore) in Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano. Tre anni dopo già la cercano in molti, dal maestro Fellini per Roma a Marco Leto e Pasquale Festa Campanile, ma soprattutto uno degli autori da lei più amati, Pietro Germi, che la sceglie per Alfredo Alfredo a fianco di Dustin Hoffman e Stefania Sandrelli. La sua carriera continuerà ad avere “scalpi” eccellenti come Dario Argento, Lina Wertmüller, Aldo Lado, finché il burbero Mario Monicelli la chiama per Caro Michele. Al provino, il regista le chiede senza preamboli: “Ma quanto è alta?”. Per nulla intimidita, lei risponde “dal livello del mare?” e si ritrova a fare la cugina della protagonista (Mariangela Melato) senza ulteriori esami. Alla fine, tra cinema e televisione, la ricorderemo in quasi 50 ruoli che spaziano dalla commedia popolare (con registi come Steno, Vicario, Vanzina) al più raffinato cinema d’autore (Il garofano rosso di Luigi Faccini, Storie immorali di Walerian Borowczyk, Il buon soldato di Franco Brusati, Oci Ciornie di Nikita Mikhalkov).
Magari il nome ci dice poco, ma se la vedete vi tornerà in mente anche per Qui squadra mobile, Casa Vianello o Mannaggia la miseria, ancora con Lina Wertmüller. Questo per dire che Loredana Martinez è un po’ il “milite ignoto” del nostro cinema e un po’ ci ricorda Zelig. Di lei oggi potremmo dire: “Ma chi è quell’omino vestito di bianco che sembra il papa e sta vicino alla Martinez?”
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