VENEZIA – Da School of Rock a Che fine ha fatto Bernadette?, attraverso Bernie e Tutti vogliono qualcosa, Richard Linklater – Fuori Concorso a Venezia80 con Hitman – ha compreso la chiave per scrivere la commedia giusta al momento giusto. Interrogato sul tema dai giornalisti, in conferenza stampa il regista ha dichiarato di vedere le cose “dalla prospettiva di una dark comedy”, un vero e proprio aspetto della sua personalità. A esempio porta proprio il soggetto del nuovo film, tratto da un fatto di cronaca che vede al centro un uomo qualunque – professore di etica e filosofia all’Università – diventato sicario sotto copertura per la polizia: “leggo la storia di persone che ne vogliono uccidere altre e penso ‘divertente, c’è del potenziale!'”.
Linklater è venuto a sapere di questa storia tempo addietro, nel 2001. “Mi è piaciuto il personaggio e tutte le peripezie che lo circondano, ma nella mia mente non si riusciva a unire tutto nella forma di un film. Poi, durante la pandemia, nella primavera del 2020, Glen Powell mi chiama e mi dice di aver letto questa storia, al che gli ho detto ‘la conosco da quando portavi il pannolino!’ e così abbiamo iniziato a parlarne”. È stato proprio l’attore protagonista a dare a Linklater l’idea giusta: “mi spinse a pensare che potesse essere la storia di un uomo intrappolato in una doppia identità, ed è lì che ha preso forma Hitman come la dark comedy che credo sia. Ma i fondamenti di questo film sono veri”.
Linklater ha conosciuto Gary Johnson, scomparso nel 2022 e da cui è tratta la vicenda. “Ci siamo sentiti solo per telefono e non sembrava interessargli granché l’idea di un film sulla sua vita”, racconta il regista. “Quando non ho più sentito sue notizie ho saputo cos’era successo. Non l’ho mai incontrato di persona. Questo film è dedicato a lui“.
Una commedia nera e una riflessione sul presente, in cui il tema dell’identità è sempre più centrale. “Il modo in cui lui è intrappolato in questa doppia identità ha a che fare con l’oggi. Abbiamo tante possibilità di proiettarci in identità che non sono la nostra”. E conclude: “Hitman mi sembrava un noir, certo, ma se così fosse stato, sarebbe dovuto finire in prigione, ma il mondo oggi è più complicato di così. E anche di questo parla il film”.
Di Alessandro Cavaggioni
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