LEONE ANTICLERICALE?


Il Leone d’oro a Magdalene offende la Chiesa cattolica, ma nulla trapela sul palco del Palazzo del Cinema quando Peter Mullan, in kilt viola iridescente, sale a ritirare il massimo premio della 59^ Mostra. Gigi Marzullo, surreale cerimoniere per tutte le stagioni, gli domanda “che cos’è la felicità?”. Lui racconta che da ragazzo si era appassionato al cinema grazie alla Battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo senza immaginare che ne avrebbe eguagliato le sorti. Fuori è il putiferio: al cardinale Ersilio Tonini fa eco Valerio Riva, replicando le accuse durissime dell’Osservatore romano. “Far vincere un film che è una calunnia contro la Chiesa squalifica la Mostra”. E questo proprio nell’anno del centrodestra, con Urbani e Gasparri seduti in platea a due poltrone dal giullare premio Nobel Dario Fo, oggetto di una gaffe finale di Marzullo, che ha dimenticato di annunciare Johan Padan alla platea. Mullan non ripete il paragone coi talebani, ma velatamente conferma: “Il mio film non riguarda solo la Chiesa cattolica ma tutte le fedi e l’oppressione nei confronti delle donne. Spero che le ragazze vadano a vederlo e capiscano che è importante non rinunciare a lottare”.
Oasis Difficile dimenticare Magdalene, un film che ha lasciato il segno in questa Venezia piovosa e grigia. Se ne sarà accorta anche l’impenetrabile Gong Li che non sa una parola d’inglese ma sa il fatto suo. Persi per strada Rolf de Heer, Patrice Leconte e Sam Mendes, senza dire di Kitano, i premi raddoppiano sul coreano Oasis e sull’americano Far from Heaven, mentre al russo Konchalovskij va la stima della giuria per aver denunciato la follia della guerra. Ma tutto impallidisce di fronte all’anatema dei vertici della Chiesa.
All’Italia, per inciso, non è andata male. Con una Coppa Volpi che segnala il poeta pazzo d’amore Stefano Accorsi e, soprattutto, con il Leone del futuro che Due amici di Scimone & Sframeli condivide con l’altra sorpresa della Settimana della critica, lo statunitense Roger Dodger.
Ma la serata è stata svelta e incolore: senza Julianne Moore, casalinga perfettina che si scopre sposata a un gay, sostituita da una pallida lettera di ringraziamenti, con Accorsi che ha voluto citare tutti, da Raicinema alla sua agente, dedicando il premio a uno che non ne ha vinti mai come Dino Campana.
Silenzio dai politici. Applaudito però l’invito che Aurelio De Laurentiis, fresco cavaliere delle Arti e delle Lettere di Francia, ha rivolto al ministro Urbani perché “da domani si metta in piedi la 60^ Mostra”. E chissà se il riferimento è a un eventuale cambio di poltrone, ma il ministro Gasparri ha difeso De Hadeln: l’operato delle giurie è inappellabile.
Due menzioni per l’originalità: al poeta russo Evtuscenko, che è partito lasciando a sostituirlo una sua giacca futurista e all’attrice di Oasis, che ha promesso “in futuro imparerò a mangiare i fagioli”.

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08 Settembre 2002

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