Dopo aver colpito il pubblico del Sundance Film Festival con le sue creature fantastiche, The Legend of Ochi dell’esordiente Isaiah Saxon si prepara a debuttare nelle sale italiane l’8 maggio 2025 con I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection. Un ritorno sentito al cinema d’avventura per famiglie, nello stile di grandi classici come E.T. l’Extraterrestre e Gremlins, ma con quel tocco di stranezza e arthouse che ci si aspetterebbe dall’ormai acclamata produttrice A24. Nel cast, Willem Dafoe, Helena Zengel, Emily Watson e Finn Wolfhard, la star di Stranger Things, a cui sovente capita di pensare durante la visione di The Legend of Ochi. L’opera di Saxon guarda con altrettanta devozione agli anni ’80, ma capovolgendo alcuni schemi narrativi distintivi, come i sobborghi americani delle grandi città sostituiti con l’atmosfera eterea di un villaggio del Nord Europa. Come incrociare Steven Spielberg e Robert Eggers, ma con un budget di appena 10 milioni di dollari. Grazie a un uso atipico e ridotto della CGI, affiancata a tecniche come la matte painting o gli animatronics, The Legend of Ochi è una visione suggestiva, ma senza la potenza narrativa dei grandi successi anni ’80 a cui si ispira. Il progetto rientra nei piani dell’A24, tra i riferimenti del cinema d’autore americano, che ha da tempo annunciato l’interesse a esplorare nuovi generi e pubblici.
Ambientata nelle fiabesche alture del Nord Europa, la storia ci immerge in un universo popolato da umani e da misteriose creature chiamate Ochi. Questi piccoli esseri pelosi, simili a tarsidi con grandi occhi dolci e lunghe code, sono temuti e cacciati senza pietà dagli abitanti del luogo. Al centro della vicenda c’è Yuri, una giovane ragazza di campagna che si ribella a questa ostilità. Nonostante il padre Maxim (un Willem Dafoe in una performance sopra le righe) sia il più feroce nemico degli Ochi, Yuri decide di proteggere un cucciolo ferito, intraprendendo un viaggio avventuroso per ricongiungerlo alla sua famiglia. Inseguita da Maxim e da Petro (Finn Wolfhard), un giovane cacciatore adottato dal padre, Yuri affronta foreste incantate e pericoli, incontrando lungo il cammino Dasha (Emily Watson), una figura enigmatica che nasconde più di quanto sembri.
Uno dei punti di forza del film è, appunto, la straordinaria realizzazione degli Ochi. Saxon ha lavorato con un mix di animatronica, pupazzi e tocchi di CGI discreti. Questa scelta regala al film un’atmosfera artigianale e tangibile, da vera “leggenda” che prende vita. La cura per i dettagli visivi si riflette anche nella regia di Saxon, già noto per i suoi visionari videoclip per artisti come Björk, di cui rielabora l’immaginario folk, anche grazie alla fotografia di Evan Prosofsky, che trasforma i paesaggi rurali in scenari fiabeschi. Per la cantante islandese, Saxon diresse il videoclip di Wonderlust, manifesto di una regia che ritroviamo in Ochi, a partire dall’interesse per l’incontro tra modellini, burattini, CGI e live action.
Nonostante la sua notevole realizzazione tecnica e l’affascinante creatura protagonista, The Legend of Ochi non emoziona come la potente colonna sonora vorrebbe costantemente suggerire. Paesaggi straordinari e misteriosi paludi si aprono su personaggi troppo abbozzati, privati di un approfondimento utile a godere del contesto. Minimale e prevedibile, i personaggi si fanno notare grazie a un design sempre caratteristico, ma faticano a intessere un reale rapporto con lo spettatore. In particolare, la dinamica familiare, che dovrebbe essere un elemento centrale, non riesce a connettersi pienamente con la vicenda della creatura, e i motivi dei personaggi appaiono talvolta poco chiari e contraddittori. I personaggi principali stessi, come Yuri e Maxim, rimangono meno dettagliati rispetto all’ambiente circostante, rendendo difficile un pieno coinvolgimento emotivo. Anche per questo, non è sempre chiara la funzione della colonna sonora; seppur splendida, è l’unico collante tra la fiaba messa in scena con dovizia di dettagli e i sentimenti che dovrebbe suscitare.
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