I 40 anni, la Filosofia, una vita sentimentalmente stabile: Sophia (Magalie Lépine-Blondeau) è docente all’Università della Terza Età e fidanzata con Xavier (Francis-William Rhéaume); all’apparenza una serena normalità borghese, non però sinonimo di noioso tran tran, infatti cene con gli amici e eventi culturali sono all’ordine del giorno, come l’emicrania di lei.
Ma, proprio quando la vita sembra scorrere senza inciampi, qualcosa la scuote, e così accade per Sophia, che – improvvisamente – incontra Sylvain (Pierre-Yves Cardinal), l’artigiano responsabile della ristrutturazione della loro casa in campagna, sostanzialmente un falegname. Se il colpo di fulmine esiste, questa storia lo mette in scena, innescando così un tourbillion tra senso di colpa e passione, giocato sull’attrazione degli opposti, perché questo sono, più che mai, i due poli della neonata coppia: destinata a resistere? È, infatti, proprio “la differenza” tra i due, l’estrazione culturale, gli interessi, a dar vita al tratto ironico e quasi parodistico della vicenda, fino allo spaesamento.
La natura dell’amore (Simple comme Sylvain), di e con Monia Chokri (Françoise nel film) – in anteprima nella selezione di Un certain regard a Cannes 2023 – è un film personale ma che al contempo fa respirare Lelouch e Resnais, autori da cui la regista canadese probabilmente non è digiuna, ma che non impasta in un pastiche, bensì tessendo la trama e le atmosfere con il proprio passo e concentrando l’attenzione di Sophia, abbracciata e scombussolata da romanticismo e erotismo. Dai due maestri, si può dire abbia probabilmente mutuato la lezione di usare un genere, qui quello della Commedia, portante, senza però escludere l’opportunità di proporre spunti di riflessione: “credo che due individui possano amarsi indipendentemente dalle loro differenze – afferma Chokri. È sicuramente una grande sfida che richiede determinazione. La decisione di amare, come sostiene Bell Hooks (autrice di Tutto sull’amore, uno dei testi di riferimento della regista), è una scelta di connessione, di scoprire sé stessi nell’altro”.
E se, nell’architettura della trama, Chokri fa respirare Lelouch e Resnais, il film che ha costruito attorno agli attori richiama anche la fotografia del cinema di Altman e Truffaut, con una colonna sonora che evoca un gusto vintage, spaziando da Michel Sardou agli Europe. “L’idea era quella di mostrare come i filosofi avessero pensato a ideali come quello dell’amore durante le varie epoche – continua ancora la regista – Con mia sorpresa, ho scoperto che era stato fatto davvero poco sull’argomento in filosofia. È sempre stato un argomento disprezzato, forse percepito come futile o non degno di ricerca filosofica. Ho letto tonnellate di libri, tutti quelli che mi capitavano per le mani! Mi hanno aiutata ad entrare nel percorso di Sophia. Bell Hooks è arrivata molto dopo. La fase di montaggio era già in corso ma ho pensato potesse essere interessante aggiungere i suoi pensieri con un voice over, come per dare voce nuova a pensieri che fino ad allora avevo sentito pronunciare solo da uomini. Certamente, tra gli autori considerati c’è anche Hanna Arendt, la quale però approccia l’argomento da una prospettiva in qualche modo metafisica: parla di amore come Sant’Agostino, quindi le sue idee possono essere criptiche. Ciò mi ha fatto pensare: siamo condizionati perché abbiamo sentito sempre parlare gli uomini di amore – anche le nostre idee al riguardo sono forgiate dalle loro immagini. Quando ho letto Tutto sull’amore l’ho trovato incredibilmente significativo e profondo. Si tratta davvero di un libro che ci insegna ad amare meglio. Hooks dice che l’amore è un verbo e, come tale, possiamo attivamente scegliere, possiamo decidere di amare. Ciò significa che la nostra felicità non dipende dal nostro partner. Quelle parole mi hanno cambiato la vita. Ognuno di noi, come individuo, è responsabile dei propri personali sentimenti”.
Inoltre, aggiunge, “viviamo in un’era marchiata dal cinismo e questo si riflette nel cinema. Per me, si tratta di una posizione comoda per gli artisti, che non hanno un ingaggio emotivo con le loro battute. Ciò dà loro una certa distanza. Sarebbe molto più difficile esprimere se stessi, ed esporre i propri sentimenti. Improvvisamente, ho realizzato quanto fosse interessante tutto ciò. Forse, sarà che sto invecchiando, sarà che ho superato diverse sfide sentimentali, e alcune di queste esperienze mi hanno portata a conoscermi meglio e ad assumere un atteggiamento più dolce. Le esperienze che ho avuto negli ultimi tre anni mi hanno portata a perdere questo cinismo. Ce n’era molto di più in A Brother’s Love, mio precedente film. Non è che non lo approvi proprio: è normale per i più giovani restare più ironici e conflittuali. Anche io avevo un approccio decisamente più slapstick a quel tempo. Alcune persone che avevano letto la sceneggiatura de La natura dell’amore, mi hanno detto di aver riso molto. Ma tutto cambia quando effettivamente guardi il film. Ci sono momenti divertenti, ma credo fosse più importante adottare uno sguardo umano sulle differenze sociali e sui temi ad esse connessi. Questo genere di argomenti può essere scivoloso. Non voglio giudicare. Se avessi calcato più la mano sugli aspetti comici, i personaggi non sarebbero stati così accattivanti. Specialmente Sophia. Sarebbe risultata troppo cinica. Ho deciso di calcare sull’empatia invece di far solo ridere. È stata una scelta volontaria, di cui sono molto fiera”.
La natura dell’amore esce al cinema con Wanted il giorno di San Valentino, 14 febbraio: il 10 febbraio, a Milano, la regista presenzierà il film al Cinema Godard – Fondazione Prada.
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