“La guerra desiderata” di Zanasi: “Il cinema dovrebbe aggredire la realtà, non il contrario”

La war comedy ambientata a Roma è nella sezione Grand Public e sarà in sala dal 10 novembre


Qualche settimana fa, con Siccità, abbiamo visto una Roma assetata col Tevere in secca, raccontata da un coro di personaggi le cui traiettorie si incontrano. Oggi con War – La guerra desiderata di Gianni Zanasi, nella sezione Grand Public della Festa del Cinema, vediamo il cielo della Capitale attraversato dai caccia e il Lungotevere percorso da camionette cariche di paramilitari invasati, col fucile spianato. La prima immagine del film – una coproduzione Italia-Francia di Pupkin Production, Vision Distribution, Éloïse Film in collaborazione con Sky e con Amazon Prime Video – è un cartello che avvisa: “Il film è stato scritto nella primavera del 2019”, per mettere subito in chiaro che questa “leggera” distopia è stata pensata ben prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Era necessario farlo perché War immagina proprio “una guerra nel cuore dell’Europa”, in questo caso scatenata da uno scontro tra ragazzi italiani e spagnoli in cui c’è scappato il morto, e poi si sviluppa, in verità, in un’altra direzione. Zanasi esplora infatti i modi in cui la guerra nasce, prima di tutto, dentro di noi, e non aspetta altro che una scusa per venire fuori. Anche qui, come nel film di Virzì, la spaventosa e velocissima deriva passa attraverso un folto gruppo di personaggi. Tra i tanti, a guidare il racconto ci sono Tom (Edoardo Leo), che è laureato in lingue romanze ma alleva vongole, Lea (Miriam Leone), figlia del sottosegretario alla Difesa che fa la terapeuta all’Asl, e Mauro (Giuseppe Battiston), che dallo spillare birre passa al guidare, esaltato, un gruppo paramilitare perché “ora finalmente possiamo essere utili. Non so a te, ma a me non è mai successo”.

“La guerra è una droga – commenta l’attore – una rappresentazione adrenalinica. Si sente nel mio personaggio questa febbre di violenza, di riscatto, di combattimento. Emerge una frustrazione che deriva da 70 anni di pace che, per lui, uniforma gli animi. Nel suo desiderio di diventare una specie di guerrigliero, un militare della domenica pomeriggio, Mauro realizza il suo sogno di appartenere a qualcosa. Una coscienza fragile lasciata sola si guarda intorno e prende un fucile. Il suo percorso rappresenta il bisogno di essere compreso e amato, ma lui non sa cosa voglia dire”. “Guarda come ci hanno ridotto 70 anni di pace – declama infatti Mauro nel film – Compriamo smartphone che si rompono dopo due anni, lavoriamo come bestie e non guadagniamo un cazzo”. Battute che riportano alla memoria il famoso monologo di Orson Welles ne Il terzo uomo sulla neutralità della Svizzera: “In Italia, sotto i Borgia, per trent’anni hanno avuto guerra, terrore, omicidio, strage ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, con cinquecento anni di amore fraterno, democrazia e pace cos’hanno prodotto? L’orologio a cucù”.

Aver anticipato l’orrore dell’attualità, a Zanasi, ha fatto “un bruttissimo effetto. Il cinema dovrebbe aggredire la realtà, non il contrario. Quando eravamo in moviola la Russia ha invaso l’Ucraina, un amico mi ha scritto ‘sei un veggente’. Non prevedo il futuro, è il futuro che sta andando all’indietro. Quello che sta succedendo è l’orrore, non ho altre parole”. Ma, precisa, “il nostro film parla di tutt’altro, c’è una guerra che si avvicina, ogni paese segue una deriva di ricerca identitaria isterica, si avvicina l’ipotesi del conflitto e nella vita delle persone emerge un senso di urgenza fortissimo: non c’è più tempo per il Moscow Mule o la Spa, ma solo per il ‘sei amico o nemico’, ‘mi ami o mi odi’?”.

Nell’ansia di sviscerare, con la sua war comedy, i temi cruciali della contemporaneità, Zanasi perde un po’ il magic touch di anarchia e dolcezza che caratterizza da sempre il suo cinema. Ci mostra un villaggio militare nello stadio dei Marmi e ci chiede “da quanto siamo così fuori di testa?”. Prova a rispondere Miriam Leone, che con il personaggio di Lea fa la resistenza: “L’unica cosa che puoi cercare di fare non è dare risposte certe, ma farti domande. Il film ci chiede cosa siamo diventati e come un evento apocalittico ci possa investire e spazzare via. È importante, anche per il nostro cinema, che questo lo faccia una commedia”. In chiusura la produttrice Rita Rognoni plaude a Lea, che “vuole fermare la guerra con la tigna” e si augura “che questo e gli altri film riabituino il pubblico a vedere il cinema in sala”. War – La guerra desiderata al cinema ci arriverà il 10 novembre con Vision Distribution.

 

17 Ottobre 2022

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