L’innocenza sacrificale della mucca bianca

È dedicato alle vittime innocenti condannate a morte 'Ballad of a White Cow' di Behtash Sanaeeha e Maryam Moghaddam, in concorso alla Berlinale


Una mucca bianca – che nelle cerimonie religiose della Sharia islamica in Iran viene di solito usata come sacrificio – si trova nel cortile vuoto di una prigione e fissa a lungo lo spettatore, inchiodandolo, da vittima innocente condannata a morte, alle sue responsabilità. Prende il via così il film in Concorso alla Berlinale Ballad of a White Cow di Behtash Sanaeeha e Maryam Moghaddam, un film che racconta delle vittime, di chi ha subito ingiustizia direttamente, o di chi, indirettamente, ha visto la sua vita stravolgersi a causa della morte di una persona innocente che gli era vicina. “Abbiamo cercato di rappresentare qualcosa di molto vicino alla cultura iraniana, ma che sia al tempo stesso un concetto metaforico e universale per l’essere umano”, sottolineano i registi, alla loro terza collaborazione.

Protagonista del film, una coproduzione Francia-Iran, una donna iraniana, Mina (interpretata dalla stessa regista) la cui vita viene sconvolta quando scopre che suo marito era innocente rispetto al crimine per il quale è stato giustiziato. Le autorità si scusano per l’errore e offrono una compensazione finanziaria, che lei rifiuta perché non vuole scendere a patti, anche per il bene di sua figlia, con un sistema cinico. Ingaggiando così una battaglia solitaria e silenziosa per l’autodeterminazione, combattuta in una società violenta e misogina in cui anche il solo crescere una figlia da sola può diventare una vera lotta.

Mentre i suoi soldi stanno finendo, uno sconosciuto bussa alla sua porta, dicendo che è venuto per ripagare un debito che aveva von il marito. Ma in realtà c’è un segreto e una colpa che la donna ignora e che lega l’uno all’altra. “Questa è la storia di molte persone intorno a noi, e sicuramente di molte persone nel mondo. I personaggi principali sono plasmati a persone che conosciamo”, ammettono i registi che nei titoli di coda hanno dedicato il film alla vera Mina che ha ispirato la storia. “Una delle qualità importanti di un film iraniano è l’onestà nel raccontare questioni sociali e umane che riguardano la società iraniana. Un obiettivo che può essere non così semplice da raggiungere per via della censura. Ma i film che riescono a farlo possono essere influenti, essere delle vere e proprie finestre, che permettono a persone lontanissime nel mondo, di vedersi”.

04 Marzo 2021

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