King Kong


King KongAlcuni particolari film andrebbero visti a stomaco vuoto. King Kong, in uscita il 16 dicembre, è uno di questi. La nuova pellicola di Peter Jackson, un vortice di 3 ore e 10 minuti che coinvolge e rapisce lo spettatore in una grande avventura fantastica e umana, nutre mente e cuore dei bambini (dai 9 anni in su) come degli adulti.

 

Jackson, fedele alla regia di Cooper e Schoedsack come al romanzo di Edgar Wallace da cui il film fu tratto, compie una vera propria dichiarazione d’amore verso questa pellicola che affascinò gli spettatori americani della Grande Depressione e salvò la casa produttrice, la RKO, dal collasso finanziario.

 

Fan sfegatato dalla tenera età di 9 anni del capolavoro del ’33, Jackson ha imitato con maniaco senso della perfezione e reinventato quasi tutto, dallo stile dei titoli di testa e di coda alle sequenze girate ma mai montate nella versione definitiva. Del romanzo il regista e cosceneggiatore riprende pari pari moltissimi dialoghi, (una fra tutte l’ultima frase della storia, messa in bocca proprio come nell’originale letterario – proprio a Denham, il regista squilibrato: “E’ stata la bella che come sempre ha ucciso la bestia”).

 

Il mito della bella e della bestia – qui in chiave ironica – rivive oggi in una forma altamente tecnologica, tra ricostruzioni 3D della New York d’epoca e del gorilla più famoso del mondo, eppure antica. Jackson con la sua pellicola ha consapevolmente regalato un biglietto di viaggio nel tempo all’originale cinematografico del 1933 per permettergli d’incontrare le meraviglie del digitale. Una vera sfida che si è tramutata in una impresa epica ma vittoriosa.

 

Il fantastico di King Kong, una volta calato negli ambienti originali minuziosamente ricreati grazie alla computer grafica – non mancano riferimenti diretti agli attori, dalla divina Fay Wray a Bruce Cabot, del film originale prodotto dalla RKO nel 1932 – acquista una sua dimensione storicamente valida, e quindi più vera dell’originale.

 

La storia è nota. Protagonista l’attrice squattrinata e disoccupata di vaudeville, Ann Darrow, (Naomi Watts), che presa per l’ennesima volta dai morsi della fame si ritrova a rubare una mela. Viene salvata dalle minacce del fruttivendolo da Carl Denham (Jack Black), regista sull’orlo di una sconfitta professionale, alle prese con l’ennesimo taglio di fondi da parte della produzione per il completamento del suo film.

 

L’uomo, pur di continuare il suo film, ha a sua volta rubato il suo stesso girato alla produzione. Con gli investitori alle calcagna Denham deve fuggire entro il tramonto da New York a bordo della nave con cui raggiungerà il prossimo set in esterni. Ma l’attrice protagonista è scappata. Così Denham, una volta incontrata la Darrow, si convince che sarà lei la prossima interprete del suo film.

 

I due, lo sceneggiatore Jack Driscoll (Adrien Brody) e la troupe tecnica partono alla volta dell’isola dei teschi. Là l’ignoto, incarnato in un bestione di 8 metri per 400 kili, si mostrerà.

 

Oltre alle sequenze mozzafiato di combattimenti tra tirannosauri Rex e Kong, che inchioderanno di certo alla sedia i piccoli amanti di Jurassic Park, scorrono molti dei temi affrontati da capisaldi della letteratura di lingua inglese.

 

Infiniti i richiami a Cuore di tenebra di Joseph Conrad, con il parallelo tra Marlow e Denham – entrambi sono attirati da ciò che temono di più – e i binomi continui nero/bianco (e la ‘greyness’ della nebbia), verità/bugia. Altre, e innumerevoli, le citazioni di classici della letteratura fantastica, come il Gordon Pym di Edgar Allan Poe, ed echi della letteratura afroamericana, dall’ Uomo invisibile di Ralph Ellison in poi.

 

Straordinaria la sequenza in cui King Kong e Ann si ritrovano a pattinare sul ghiaccio di Central Park. La bella e la bestia, in una specie di balletto erotico amoroso e macabro, mettono in scena in un gioco di richiami tra il bianco delle vesti di lei e il nero dei peli di lui, l’irreparabile fine di una storia d’ amore ma anche lo scontro tra i mondi di cui i due sono portatori. Sotto forma di razzi arriveranno presto a rompere l’idillio amoroso l’arroganza e la crudeltà occidentale di chi impone modelli di cosiddetta ‘civilizzazione’ credendo di mettere luce e ordine lì dove ha già seminato morte.

 

Una frase, inserita come epigrafe nella pellicola del 1933 e pronunciata dal Marlow/Denham nel film di Peter Jackson: “Quand’ecco la bella guardò in volto la bestia, e la bella fermò la bestia che da quel giorno in poi fu come morta”.

 

Per altre informazioni sul film vedi l’articolo del 4/o numero di Cinecittà NewsPaper

13 Dicembre 2005

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