Ogni conversazione sul cinema d’azione deve includere il nome di Jackie Chan. È quasi un obbligo stabilito dalla legge. Lo studioso di cinema Andrew Willis addirittura lo designa come la star del cinema più riconoscibile al mondo e, al di là delle esagerazioni, rimane la figura più significativa del cinema d’azione nell’ultimo mezzo secolo.
I suoi film hanno fatto parte delle infanzie di tanti di noi. Ovviamente il tempo passa per tutti, anche per i maestri di arti marziali così atletici e spericolati. Durante la sua ultima apparizione pubblica, la barba e i capelli grigi della star hanno attirato l’attenzione dei fan, ricordando loro che, sebbene il loro idolo compia 70 anni, ha ancora lo stesso sorriso contagioso. Non è certo l’unica star del cinema d’azione, ma i suoi successi e la sua influenza sul genere sono innegabili.
Jackie Chan è nato a Hong Kong il 7 aprile 1954. I suoi genitori, Charles e Lee-lee Chan, lo chiamarono Chan Kong-sang che significa “Nato a Hong Kong”. Sebbene i genitori di Jackie avessero forti problemi economici, avevano un lavoro fisso presso l’ambasciata francese a Hong Kong. Charles era un cuoco e Lee-lee era una governante. Quando Jackie era giovane, suo padre lo svegliava la mattina presto e insieme praticavano il kung fu perché Charles Chan credeva che l’apprendimento di questa antica arte marziale ne avrebbe forgiato il carattere insegnandogli tre valori fondamentali: la pazienza, la forza e il coraggio.
A sette anni, il padre lo iscrisse alla China Drama Academy dove Jackie avrebbe vissuto per i successivi 10 anni della sua vita. Durante il periodo a scuola, imparò le arti marziali, le acrobazie, il canto e la recitazione. La scuola aveva lo scopo di preparare i ragazzi alla vita nell’Opera di Pechino e furono anni difficili. Picchiato duramente ogni volta che commetteva errori o non rispettava le regole, raramente vedeva i genitori.
Dopo essersi diplomato a 17 anni, Chan trovò lavoro come acrobata e stuntman cinematografico, fino ad arrivare sul set di Dalla Cina con furore (1972), con la superstar del grande schermo Bruce Lee.
Proprio in quell’occasione si esibì, come riportato in diverse biografie, in una delle più spettacolari cadute nella storia dell’industria cinematografica cinese, guadagnandosi la rispettosa attenzione dello stesso Lee.
Dopo la tragica e inaspettata morte di Bruce Lee nel 1973, Chan fu scelto come probabile successore nel suo ruolo di re del cinema di Hong Kong. Recitò in una serie di film di kung fu con Lo Wei, produttore e regista che aveva lavorato con il grande Bruce. Furono quasi tutti fallimenti.
Alla fine di quel decennio Chan aveva deciso che voleva uscire dallo stampo di Lee e creare la propria immagine. Unendo le sue abilità nelle arti marziali con un coraggio impressionante (insisteva per eseguire da solo tutte le sue acrobazie) e un senso della commedia fisica demenziale che ricordava uno dei suoi idoli, Buster Keaton, Chan trovò la formula per trasformare le sue performance in oro cinematografico.
Un anno dopo l’uscita del suo primo vero successo, Il serpente all’ombra dell’aquila (1978), Chan si consacrò star assoluta con la prima cosiddetta “commedia sul kung fu”: l’ormai classico Drunken Master che arrivò in Italia per il mercato home video solo nel 2003 in versione DVD e VHS, ben 25 anni dopo essere stato girato.
In un paio di anni, Chan era diventato l’attore più pagato di Hong Kong e una grande star internazionale in tutta l’Asia. Esercitava il controllo totale sulla maggior parte dei suoi film, spesso assumendosi la responsabilità di compiti che vanno dalla produzione alla regia fino all’esecuzione delle sigle.
Nei primi anni ‘80, Chan pensava di essere pronto a sfondare nel mercato americano. In collaborazione con il regista James Glickenhaus, realizzò il deludenteThe Protector. Capì che il momento non era ancora arrivato, per Hollywood occorreva corazzarsi di più, così tornò nella sua Hong Kong.
Con Police Story del 1985, che finì per essere il primo di un franchise che dura da 28 anni, Chan creò il suo miglior film d’azione in assoluto con acrobazie incredibili, scene di combattimento sapientemente coreografate e una narrazione snella, cattiva e guidata dal puro desiderio di intrattenere. Chan realizzò il film come un muto d’altri tempi (costruendo la narrazione intorno alle varie acrobazie). Police Story resta un capolavoro delle arti marziali di Hong Kong.
Chan divenne molto più di una star del cinema: era un’industria cinematografica. Nel 1986 fondò la sua società di produzione, la Golden Way, un’agenzia di modelle e casting – la Jackie’s Angels – per reclutare talenti per i suoi film. Inoltre, dopo che numerosi stuntmen rimasero feriti durante le riprese di Police Story, l’attore fondò la Jackie Chan Stuntmen Association, attraverso la quale formava personalmente le controfigure e forniva copertura medica ai suoi membri.
Da parte sua, Chan afferma di essersi rotto ogni osso del corpo almeno una volta mentre eseguiva le sue acrobazie. Nel 1986, durante le riprese di Armor of God, si fratturò il cranio dopo essere caduto da più di 12 metri mentre tentava di saltare dalla cima di un edificio al ramo di un albero sottostante. A quel punto Chan era ancora per lo più sconosciuto negli Stati Uniti, ma il suo profilo conobbe un’ascesa fulminea durante la metà degli anni ’90, quando una serie di eventi si combinarono per portarlo all’attenzione di un pubblico americano più ampio.
Nel 1995, Chan creò il suo personaggio dei fumetti: Spartan X, una serie che è arrivata nelle edicole sia in Asia che negli Stati Uniti. Nello stesso anno, il giovane regista Quentin Tarantino, fresco del successo di Pulp Fiction, consegnò a Chan un premio alla carriera agli MTV Movie Awards. Secondo voci non così campate in aria, Tarantino minacciò di boicottare la cerimonia se Chan non avesse ricevuto il premio.
Nel 1996 finalmente il primo successo ad Hollywood: Terremoto nel Bronx. Il film incassò 10 milioni di dollari nel suo primo fine settimana, arrivando al primo posto al botteghino, aprendo la strada al debutto americano di due precedenti film di Chan, Crime Story e Drunken Master II.
Nel giro di due anni girò diversi film, ma fu con la commedia d’azione Rush Hour – Due mine vaganti che Jackie ottenne un altro trionfo al botteghino. Nel film Chan utilizzò la sua conoscenza della lingua inglese per interpretare un agente di polizia cinese insieme che lavora con uno scaltro poliziotto di Los Angeles, interpretato dal comico emergente Chris Tucker.
Chan ha continuato a lavorare sia all’interno del sistema hollywoodiano, del quale ha sempre criticato le limitazioni imposte agli attori, sia nel cinema di Hong Kong. Nel 2008, prestò la voce a Scimmia per il film d’animazione di grande successo Kung Fu Panda, che ha dato vita a numerosi sequel, un videogioco e una serie TV e due anni dopo interpretò un ruolo importante nel reboot di The Karate Kid (2010).
Nel 2016 Chan fu il primo attore cinese a ricevere un Oscar alla carriera per la sua “distintiva carriera internazionale”. Chan è anche un noto filantropo le cui cause includono la conservazione, il benessere degli animali e il soccorso in caso di calamità. Nel 2006 annunciò che alla sua morte avrebbe donato metà del suo patrimonio in beneficenza. Dal 2004 è “Goodwill Ambassador” dell’UNICEF e nel 2015 è stata nominato come primo ambasciatore antidroga di Singapore.
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