La pubertà. E’ questa fase della vita a mandare in tilt il sistema emotivo di Riley (voce italiana: Sara Ciocca), che ritroviamo cresciuta dall’Inside Out del 2015 (regia di Pete Docter).
Se in principio erano Gioia, Tristezza, Paura, Rabbia e Disgusto, con Inside Out 2 – diretto da Kelsey Mann e prodotto da Mark Nielsen, a Roma per l’anteprima italiana – ecco far capolino nella psicologia della 13enne Riley anche Ansia (Pilar Fogliati), Ennui (la Noia, Deva Cassel), Invidia (Marta Filippi) e Imbarazzo (Federico Cesari).
Cassel racconta di essere “cresciuta con una mamma – Monica Bellucci – che mi diceva fosse importante annoiarsi, per aprire la mente e prendere ciò che è meglio; dapprima non capivo a cosa servisse, poi, crescendo, ho capito quanto sia importantissimo fermarsi e schiarirsi le idee. Sono cresciuta in una famiglia con persone con tante aspettative ma ho anche avuto la fortuna di avere due genitori per cui è più importante essere sinceri con se stessi: mi hanno detto – se avessi voluto diventare medico o allevare capre – ‘fallo’, per cui io non ho avuto aspettative su me stessa, sono sempre aperta al cambiamento continuo, cercando di essere vera con me stessa, rispettando i miei desideri e i miei bisogni”.
Mentre Sara Ciocca ammette: “sto attraversando lo stesso periodo di Riley, per cui per me è stata un’esplorazione interiore. Nella pubertà c’è una strana vivacità che non si riesce a controllare; i cambi umorali sono così repentini che non capisci chi stia manovrando le tue emozioni, così, spesso, si sfocia nell’imbarazzo”, a cui nel film dà voce Cesari, secondo cui “l’imbarazzo ti fa confrontare con la vera essenza di te, quello a cui aspiri a essere, e ti riporta al tuo essere bambino, cosa ricorrente nel nostro lavoro di attori, quando devi prendere le distanze da te e abbracciare un personaggio che non conosci”. Mentre per Filippi, “è stata una sorpresa il personaggio perché nell’immaginario collettivo l’invidia è cattiva, mentre – sin dagli occhi del disegno – io ho trovato esprimesse ammirazione. È stata disegnata più piccola di statura per comunicare che si senta inferiore e la Marta adolescente si è ritrovata in questa invidia, nel cercare un modello a cui ispirarsi”.
Nel film, il campo di gioco di tutte le emozioni è quello dell’hockey su ghiaccio, praticato dalla protagonista, con le amiche del cuore Brie e Grace. “Quando abbiamo cominciato, nella prima versione, l’hockey non c’entrava, poi però ci siamo chiesti cosa la rendesse felice, e abbiamo deciso per questo sport anche per mettere Ansia lungo il percorso: è qualcosa di intenso”, commenta il produttore Mark Nielsen, a cui fa eco il regista, Kelsey Mann, per cui: “l’innamoramento poteva essere un’alternativa: ci sono molti film che lo affrontano e invece io volevo fare qualcosa che non avessi mai visto, ma con cui potessi identificarmi. E comunque lei s’innamora della cosa più importante, di se stessa: il film parla di questo. È una grande opportunità poter veicolare le emozioni: il primo film ha fatto tantissimo per i bambini e i bambini capiscono i film molto meglio di tanti adulti”.
Nella storia, dapprima, Gioia e le emozioni conosciute fanno addentrare dentro le isole della personalità di Riley, apprendendo che i ricordi diventino convinzioni, da cui sboccia il senso di sé, utile per poter poi fare la cosa giusta.
Insomma, quando arriva la pubertà per Riley è un temporale interiore, dal quartier generale delle emozioni si mette in moto un processo di “demolizione” per far spazio “agli altri…”, ovvero un tumulto di sentimenti fino a quel momento sconosciuti e capaci di creare un frullato emotivo intensissimo, che nell’esistenza di Riley procede passo passo con l’Hockey Camp a cui viene invitata a partecipare, potendo condividere l’esperienza con Vale Ortiz, la capitana della squadra del liceo, suo idolo, soggetto d’ispirazione: è in queste sequenze che l’emotività della teenager si complica, perché – come dice Ansia alle altre – “Riley ha bisogno di emozioni più complesse di voi”, chiudendo così le storiche in un barattolo, blindato dentro un caveau, momento che naturalmente innesca un processo narrativo di riscatto e confronto tra tutte le emozioni, con il desiderio delle prime di riconquistare il loro posto nel Sé della ragazzina.
Per Pilar Fogliati “è molto interessante si parli di ansia a 13 anni: è un’opportunità questo messaggio. Tutte le emozioni di Inside Out 2 permettono di rispondere alle curiosità di volersi conoscere. Il film rende in maniera intelligente l’ansia: il ‘mio’ lavoro è preoccuparmi dei problemi che non si vedono, è una questione di troppo amore, per cui ogni emozione non va scacciata ma è utile, cosa comprensibile da un bambino e spiegabile da uno psicologo”.
Inside Out 2, dunque, afferma e amplia il concetto di “film corale”, ma questo non rende affollato il racconto bensì lo arricchisce di punti vista, dunque di spunti: ciascun personaggio ha una propria personalità – e più d’uno sarebbe predisposto a un proprio spin-off, volendo; la vicenda e la lettura psicologica si fanno un po’ più articolate e così ulteriormente interessanti, permettendo allo spettatore, di qualsiasi età, di confrontarsi con il concetto fondamentale per cui “sono le sfaccettature a rendere Riley quella che è…”, perché la molteplicità di emozioni che abita ciascun individuo lo definisce e lo rende una personalità dall’impronta unica, simile ma mai identico a nessun altro.
Inside Out 2 – il nuovo film Disney e Pixar – esce nella sale italiane il 19 giugno e il regista racconta qualche dietro le quinte, ovvero che “Invidia aveva una gemella: Gelosia, una mia prediletta. Nessuno riusciva a distinguerle. Infine, ci siamo resi conto che Invidia sia il sentimento di desiderare ciò che gli altri hanno, qualcosa di tipicamente adolescenziale, ma magari – prima o poi – Gelosia comparirà…”, così come ammette: “mi piace giocare con questo mondo: sono emerse idee, emozioni e mondi che non abbiamo potuto inserire, come la terra del procrastinare…”, ma conferma che “per il terzo film al momento non ci sono piani”.
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