21 film in concorso a Venezia 75, che ha svelato oggi a Roma, al The Space di Piazza della Repubblica – con il personale della catena di multisale in agitazione per i minacciati licenziamenti – un programma di grande interesse definito dal direttore Alberto Barbera, a più riprese, “straordinario”. In selezione ufficiale ci sono, tanto per dire, tre Leoni d’oro (Zhang Yimou, Tsai Ming Liang e Mike Leigh), un Leone alla carriera come Frederick Wiseman, sei Premi Oscar (Damien Chazelle, Alfonso Cuaron, i fratelli Coen, Errol Morris, ancora Wiseman) ma anche 11 registi che per la prima volta sbarcano al Lido a volte “rubati” alla rivale Cannes come Jacques Audiard, Roberto Minervini e Carlos Reygadas.
Una Mostra “aperta” al nuovo, dunque, (questo secondo aggettivo si deve al presidente Paolo Baratta, che ha sottolineato l’importanza dei progetti “educativi” come Biennale College e Scrivere in residenza rivolto a giovani laureati aspiranti scrittori che avranno Nicola Lagioia come tutor). L’edizione numero 75 – anche se i conti non tornano tra festival cancellati e damnatio memoriae – porta anche la voglia di celebrare con una mostra sulla Mostra (1932-2018) che sarà ospitata dalla rediviva Sala Visconti dell’Hotel des Bains e con un volume dello storico Peter Cowie.
In concorso, dal 29 agosto all’8 settembre, come si diceva, ci sono autori celebrati accanto a scoperte e una sola regista, Jennifer Kent (Australia): tra l’altro Barbera sottolinea di non credere alle “quote”. L’autrice dell’horror inquietante Babadook scende in gara con la sua opera seconda The Nightingale, che narra nell’Australia del 1925 la vendetta di una donna contro un ufficiale dell’esercito. Molto atteso Damien Chazelle dopo La La Land con First Man, anche film d’apertura, non un musical ma una storia di imprese spaziali. L’indipendente americano Rick Alverson, vincitore di vari premi tra Locarno e il Sundance, ha diretto The Mountain con Jeff Goldblum e Tye Sheridan. Il francese Olivier Assayas gioca la carta della commedia con Doubles vies su incroci di coppie e nuove tecnologie. Un altro francese, Jacques Audiard, porta a Venezia un western all’europea, girato tra Romania Spagna, ma con cast americano, intitolato The Sisters Brothers. Altro western è quello dei Fratelli Coen, The Ballad of Buster Scruggs, prodotto da Netflix (che al Lido è ben accetta e ben rappresentata con 5 film e un documentario, a differenza di Cannes): sei episodi anche in musica, con ricco cast in cui spiccano James Franco e Tom Waits. Il Leone del futuro Brady Corbet ritorna al Lido con Vox Lux interpretato da Natalie Portman e Jude Law. Il messicano Alfonso Cuaron ha diretto in bianco e nero l’autobiografico Roma girato in un set che riproduce la sua casa d’infanzia. Dopo U July 22 di Erik Poppe, visto a Berlino, la sconvolgente strage di Utoya è al centro anche di 22 July di Paul Greengrass che si sofferma specialmente sul processo successivo all’eccidio di 71 studenti e su due personaggi, il terrorista assassino e un ragazzo sopravvissuto. C’è grande interesse, naturalmente, per il nuovo film di Luca Guadagnino, remake di Suspiria (dei titoli italiani parliamo in un altro articolo più dettagliatamente): “è il suo film più ambizioso – afferma Barbera – e Tilda Swinton gioca su tre ruoli con un makeup che la rende irriconoscibile. Opera senza autore è il nuovo film del talentuoso regista tedesco Florian Henckel von Donnersmarck (Le vite degli altri), un affresco storico dal nazismo agli anni 70/80, con incursioni nella Germania est, ma anche una riflessione sull’arte. E’ uno dei tanti film lunghissimi, sulle tre ore, tendenza evidente di questa annata.
Il beniamino di Cannes Yorgos Lanthimos approda a Venezia con lo storico The Favourite, ambientato nell’Inghilterra di inizio Settecento, vicenda di intrighi politici e cortigianerie. Mike Leigh gareggia con Peterloo su un episodio rimosso della storia britannica avvenuto a Manchester nel 1819, quando una pacifica manifestazione venne repressa nel sangue. Mario Martone conclude la sua trilogia sulla storia d’Italia – siamo ormai alla vigilia prima guerra mondiale – con Capri-Revolution, storia di una pastorella introdotta in una comunità di intellettuali che vive sull’isola in totale libertà, protagonista una delle sorelle Fontana di Indivisibili.
Il terzo italiano del concorso è Roberto Minervini che continua il lavoro di scavo nell’America profonda con What You Gonna Do When the World’s on Fire? tre ritratti sul razzismo con un ritorno delle Black Panther. L’ungherese Laszlo Nemes, Oscar per Il figlio di Saul, con Sunset ci porta alla vigilia prima guerra mondiale in un film che si avvolge a spirale su se stesso. David Oelhoffen con Frères Ennemis costruisce un polar che ricorda The Departed ma trasferito nella banlieue parigina dove i destini di tre amici si dividono tra legge e criminalità. Il messicano Carlos Reygadas con Nuestro Tiempo ci porta nella sua fazenda dove si fa interprete, insieme alla moglie e al resto della famiglia, di un lavoro sul tema della coppia aperta. Julian Schnabel ha affidato a Willem Dafoe il ruolo iconico di Vincent Van Gogh (At Eternity’s Gate) grande artista che viene raccontato nell’ultima fase della sua vita, prima dell’internamento in manicomio, in un film tra creatività e pazzia. Acusada è un’opera seconda dell’argentino Gonzalo Tobal che ricostruisce eventi reali legati a un processo che può ricordare quello di Amanda Knox. Zan di Shinya Tsukamoto è un film di samurai rivisitato.
Molto ricco anche il Fuori concorso, a partire da The Other Side of the Wind, l’ultimo lavoro di Orson Welles finalmente recuperato, grazie a Netflix. Si tratta di un film iniziato nel 1970 con cast leggendario (John Huston, Peter Bogdanovich, la moglie di Welles Oja Kodar, Susan Strasberg) bloccato da problemi finanziari con una lavorazione che si è protratta fino al ’76 e centinaia di bobine da rimontare.
Si vedranno anche le prime due puntate de L’amica geniale di Saverio Costanzo tratta dal primo romanzo della quadrilogia di Elena Ferrante pubblicata in Italia da e/o – e prodotta da Wildside e Fandango per HBO-RAI Fiction e TIMVISION, con Umedia e il supporto di Creative Europe. Il diario di Angela Noi due cineasti di Yervant Gianikian è l’omaggio del compagno di vita e arte ad Angela Ricci Lucchi, da poco scomparsa. Ben dieci i documentari fuori concorso, con opere di Amos Gitai, Emir Kusturica, Sergei Loznitsa, Errol Morris, Giorgio Treves, Tsai Ming-liang, Frederick Wiseman: tra questi il film su Pepe Mujica di Kusturica e un doc girato in Siria durante l’assedio di Mosul dagli italiani Francesca Mannocchi e Alessio Romenzi.
Tra le opere di finzione Una storia senza nome di Roberto Andò, sul non detto della politica italiana, con Micaela Ramazzotti, Renato Carpentieri, Alessandro Gassmann e Laura Morante; Les estivantes di Valeria Bruni Tedeschi, girato nella casa di famiglia, La quietud di Pablo Trapero, Mi obra maestra di Gaston Duprat, l’annunciato A Star is Born di Bradley Cooper e Ying di Zhang Yimou.
E a proposito di Netflix, presente in forze a Venezia dopo le polemiche con Cannes, Barbera teorizza l’assurdità di mettere paletti. “E’ vero che si deve fare di tutto perché le sale sopravvivano, ma siamo in una fase di transizione: occorre confrontarsi con il nuovo senza dogmi. In Francia la legge è diversa, c’è una finestra di 36 mesi tra la sala e le altre forme di fruizione”.
Per quanto riguarda Il vizio della speranza, il film di Edoardo De Angelis che sarà alla Festa di Roma: “L’abbiamo visto e apprezzato, De Angelis è un grande talento che non ha ancora trovato una forma compiuta ma non avrebbe accettato altra collocazione che la competizione. Penso che il suo talento originale sarà un riferimento per il cinema italiano dell’avvenire”.
Ottimi i rapporti con il cinema Usa presente con una pioggia di titoli: “Per gli studios, Venezia, insieme a Telluride e Toronto, si è dimostrata una buona opportunità di lancio verso per gli Oscar. Abbiamo recuperato la funzione che la Mostra aveva avuto in passato”.
Su 150 film italiani visti ne approdano al festival una ventina: “C’è fermento, molti esordì significativi, è una fase propositiva con una voglia di riscatto”.
Le registe restano poche in percentuale, ma Venezia ha scelto di non cavalcare il #MeToo. “Per me – afferma Barbera – è un segno di rispetto mettere tutti sullo stesso piano e dare alle donne la stessa dignità, ragionare in termini di quote sarebbe umiliante per loro stesse”. Mentre Baratta aggiunge: “Il problema esiste. Con Biennale College cerchiamo di formare nuove generazioni e dare possibilità di esordire, infatti abbiamo due autrici su tre. Stiamo lavorando anche a una ricerca statistica su questi temi”.
Anec, Anem, Fice e Acec ribadiscono l’urgenza di stabilire, senza preclusioni, procedure di consultazione all’interno di tutta la filiera industriale e con Anica, APT, MiBAC e Regioni
Il regista di Perfetti Sconosciuti, giurato a Venezia 75, rilascia un'intervista a 'La Repubblica', specificando che "il film vincitore passerà anche al cinema", in merito alla protesta delle associazioni di categoria circa l'assegnazione del Leone d'oro a Roma di Cuaron, prodotto da Netflix
Terzo anno per il delegato generale della Settimana Internazionale della Critica, Giona A. Nazzaro, a cui abbiamo chiesto un bilancio di questa edizione. Tra protagonismo femminile sommerso e media poco attenti al cinema non mainstream. "Sic@Sic dà delle possibilità a giovani autori in tempo reale e spesso sono donne"
Definendo il film del messicano Alfonso Cuaron, vincitore del Leone d'oro, "molto bello", il quotidiano francese ricorda che un tale riconoscimento "farà storia"