Il soft power al MIA, “Dobbiamo tutte chiedere di più”

Chiara Sbarigia, presidente di Cinecittà, ha partecipato al panel del MIA “Soft power for nextgen film professionals - Women, Academy, Industry”


Ribaltare uno stereotipo che sembra consolidato: la persuasione non è uno strumento principalmente femminile. E’ quanto emerso dall’interessante dibattito tenuto ieri al MIA – Mercato Internazionale Audiovisivo- intitolato “Soft power for nextgen film professionals – Women, Academy, Industry” che ha visto la partecipazione della presidente di Cinecittà SpA, Chiara Sbarigia, della  director Business & Legal Affairs Netflix Italia, Lucia Carta, della Presidente e Direttrice Artistica dell’Accademia del Cinema Italiano, Premi David di Donatello, Piera Detassis, della  produttrice e presidente della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, Marta Donzelli e di Beatrice Flamini, Vice president, Government and Regulatory Affairs NBC Universal.

L’incontro è stato moderato da Domizia De Rosa – Presidente di Women in Film, Television & Media Italia (WIFTMI).

“Ho iniziato il mio percorso professionale nel settore dell’audiovisivo, partendo dalla più umile gavetta  – ha raccontato Chiara Sbarigia, Presidente di Cinecittà SpA –  e per un quarto di secolo ho scalato tutte le posizioni dell’associazione dei produttori televisivi, per cui lavoravo, fino a diventarne Direttore Generale e Presidente della società di servizi. Il mio è stato un lavoro svolto sempre dietro le quinte, ideando e implementando strategie e attività a livello nazionale e internazionale, incluso il MIA che ci ospita oggi, per i presidenti che si sono susseguiti,  per inciso, tutti uomini. In quel periodo è stata mia premura avvalermi di collaboratrici e cercare di favorire la presenza di produttrici all’interno degli Organi associativi. Quando ho accettato l’incarico che attualmente ricopro a Cinecittà, ho trovato una situazione abbastanza asimmetrica: innanzitutto i direttori erano tutti uomini ma anche nelle Linee-Guida del Ministero della Cultura, che come Cinecittà siamo tenuti ad osservare, mancava un richiamo esplicito alla parità di genere.  Infine, a livello di contenuti, l’Archivio Luce, che l’anno prossimo compie cento anni, non conteneva alcuna fotografia o video realizzati da donne.  Ho deciso quindi che era necessario mettersi subito all’opera per compiere innanzitutto un atto riparatorio, ma anche che si desse spazio a quella che ho chiamato la ‘verticale femminile’.

Con il Ministero della Cultura abbiamo quindi subito concordato un punto di merito da inserire nelle Linee-Guida, e poi ho trattato per l’Archivio l’acquisizione di fotografie e video della performance che la grande artista Vanessa Beecroft ha accettato di realizzare recentemente a Cinecittà. E’ un’acquisizione importante perché Beecroft da sempre si interroga artisticamente sul corpo delle donne e sulla sua funzione socio-politica. Abbiamo anche acquisito scatti della giovane fotografa Anna Di Prospero e stiamo in questi giorni trattando l’acquisizione di un fondo molto ricco di una fotografa e personalità molto importante nel mondo culturale italiano, recentemente scomparsa. Un altro mio obiettivo – ha continuato Sbarigia – è trasformare l’idea che ci siano alcuni mestieri che sono appannaggio maschile: non è così. Attiveremo già da dicembre dei laboratori a Cinecittà nei quali insegneremo sul campo che c’è ampio spazio per le professioniste in ogni settore del cinema e dell’audiovisivo.”

Alle partecipanti è stato chiesto quando abbiano scoperto il soft power (che potrebbe essere tradotto con “potere persuasivo”), all’interno del proprio percorso professionale e di vita. Durante la discussione sono stati analizzati una serie di dati per quanto concerne le donne e il lavoro. Per le giovani donne, per esempio, è più difficile anche solo “immaginarsi” in posizioni apicali. Per questo, è stato rilevato, c’è una tendenza femminile a candidarsi solo quando si è in possesso di una preparazione persino superiore a quella richiesta.

“Quando ho iniziato a lavorare – ha dichiarato Piera Detassis – facevo l’inviata, e mi piaceva molto, quindi immaginavo che il mio futuro potesse rimanere quello. Mi sono persino stupita quando mi è stato chiesto di ricoprire la carica di direttrice. All’epoca c’era un libro che giaceva su tutte le scrivanie dei direttori: L’arte della guerra. Volente o nolente l’ho dovuto leggere anche io, e molto di quello che so sul mestiere del direttore l’ho imparato da lì. Quest’episodio è indicativo, perché il ‘potere’ che emerge da quel libro non è certo ‘soft’, e assomiglia anzi a una tipologia di gestione del potere che solitamente associamo al mascolino. In linea generale – ha proseguito Detassis – ho sempre scelto delle donne per le mie squadre, ma per me è un fatto naturale: mi trovo meglio nel dialogo e nel confronto, che è fondamentale. Un altro aspetto che ritengo di assoluta importanza, per chi riveste ruoli di potere, è la capacità di saper delegare, cosa che, credo, io non ho mai avuto timore di fare”. “Il mio è stato un percorso inedito – ha dichiarato Marta Donzelli – perchè ho studiato filosofia, ho vinto una borsa per fare il Dottorato, l’Università mi piaceva e pensavo di continuare all’interno di quel mondo. Certo è che, anche quando la mia carriera ha decisamente deviato traiettoria, tutto quello che avevo imparato grazie alla filosofia ha continuato ad aiutarmi. La capacità di ascoltare, di analizzare i punti di vista altrui è quanto di più prezioso il percorso universitario mi abbia lasciato, ed è una caratteristica che ha molto a che fare con il soft power. Non penso che il soft power sia una caratteristica esclusivamente femminile, ma certo le donne hanno una capacità di resilienza decisamente maggiore, è stato necessario svilupparla, ed è un bene prezioso”. Il panel si è concluso con una battuta, che poi battuta non è, rivolta alle giovani donne che si stanno immettendo nel mondo del lavoro: “non abbiate timore di chiedere più soldi, valorizzate la vostra professionalità!”.

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12 Ottobre 2022

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