‘Il mio compleanno’, compiere 18 anni in una casa famiglia

Realizzato nell'ambito di Biennale College e presentato ad Alice nella Città, il debutto alla regia di Christian Filippi rivela le difficoltà di tanti ragazzi e ragazze giunti alla matura età nelle case famiglia. Nel cast Zackari Delmas, Silvia D’Amico e Giulia Galassi


Opera prima di Christian Filippi realizzata nell’ambito di Biennale College e presentata ad Alice nella CittàIl mio compleanno è il racconto delle difficoltà affrontate da tanti ragazzi che vivono nelle case famiglie. Riccardino, il protagonista, sta per compiere 18 anni e decide di scappare per raggiungere la madre da cui è stato allontanato da 4 anni, scoprendo presto un’ardua realtà che lo obbligherà a decidere sul proprio futuro. Il film è il risultato di una lunga ricerca operata da Christian Filippi, che adatta le storie vere di molti ragazzi e ragazze che vivono in case famiglia. Al compimento dei 18 anni infatti a questi ragazzi cambia la vita, costretti a lasciare la struttura che li ospita.

Il film, prodotto da Leonardo Baraldi per Schicchera Production in associazione con Media Flow e con Vivendi main sponsor, è sceneggiato dallo stesso regista con Anita Otto e vanta nel cast Zackari Delmas, Silvia D’Amico, Giulia Galassi, Simone Liberati, Federico Pacifici, Nicolo’ Medori e Carlo De Ruggieri. Le musiche originali del film sono state composte dai MeganoidiIl mio compleanno non ha ancora una distribuzione.

Ciao Christian, come sono andate le prime proiezioni del film?

È andata molto bene, mi ha sorpreso tanto quanto a Venezia. Dopo la proiezione a Venezia, nei giorni successivi, la gente mi fermava e mi diceva: ‘Ma ti rendi conto? L’ho visto proprio nel giorno del mio compleanno, ed è stata una bella esperienza’. Anche ieri sera la sala era praticamente piena.

Cosa colpisce di più gli spettatori?

Sicuramente le performance degli attori, di tutto il cast. In particolare la performance di Zack, che è meno conosciuto rispetto a Silvia, ha colpito molto. Pensa che, nonostante Zack abbia recitato in altri due film presentati a Venezia, Alberto Barbera non lo aveva riconosciuto. Quando gli è stato chiesto se fosse davvero un ragazzo di una casa famiglia, ho detto: “No, in realtà l’hai già scelto per altri due film in concorso”. Inoltre, un aspetto che le persone notano molto è come ho trattato il tema. C’è il dramma, sì, ma con una chiave ironica. Questo è qualcosa che ho osservato conoscendo i ragazzi e gli educatori: cercano sempre di sdrammatizzare, di esorcizzare i traumi con un’ironia che diventa una sorta di corazza per loro.

La “generazione dei meme” ha bisogno di affrontare la vita con ironia?

Probabilmente sì, lo usano anche come uno scudo, una barriera. Questo è evidente nel personaggio di Riccardino. È un elemento ricorrente, insieme al lavoro del cast. Poi c’è il fatto che il film è stato realizzato con il progetto Biennale College, quindi con un budget molto limitato rispetto agli altri esordi. Nonostante questo, abbiamo voluto fare un film ambizioso, mantenendo la massima autenticà possibile, malgrado i limiti del budget.

Come nasce il progetto e come sei entrato in contatto con la realtà delle case famiglia?

Il primo appunto di questo film risale al 2016, otto anni fa. Avevo appena finito di lavorare come assistente al casting e alla regia di Fiore di Claudio Giovannesi. Durante la preparazione di quel film, Claudio mi mandava a fare street casting nei carceri minorili e nelle case famiglia. Dopo aver concluso quel progetto, sono rimasto in contatto con alcune delle persone che avevo conosciuto, e ho continuato a frequentarle. Andavo il sabato mattina a incontrare i ragazzi: guardavamo un film insieme, loro mi raccontavano le loro storie e io cercavo di dare loro strumenti per metterle in fila. Così è iniziato un rapporto che è durato diversi mesi. Poi, però, è arrivata l’estate e i ragazzi avevano gli esami di maturità, così quel percorso si è interrotto. Nonostante questo, sono rimasto in contatto con educatori e assistenti sociali, e ho continuato a sviluppare l’idea del film. Quando poi abbiamo deciso di iscriverci al progetto Biennale College, ho richiamato tutti per ricevere una mano. Erano passati diversi anni, c’erano nuove normative, c’era stato il Covid, e la quotidianità nelle case famiglia era cambiata. Quindi è stato necessario immergersi di nuovo in quella realtà.

Molti degli eventi mostrati nel film, come la prima scena, sono adattamenti di racconti veri che ti sono stati riferiti, giusto?

Sì, praticamente tutto quello che succede nella prima parte del film, ambientata in una casa famiglia, è basato su esperienze reali. Per esempio, il luogo in cui abbiamo girato è una vera casa famiglia che era in attesa di ricevere i permessi per diventare operativa. Abbiamo girato proprio nel periodo che precedeva l’arrivo di questi permessi, e abbiamo trovato le reti anti-suicidio già montate: un elemento di scenografia reale, per esempio. Questo è un piccolo esempio di come funziona la quotidianità in queste strutture, dove gli operatori fanno davvero sacrifici enormi.

Hai sentito una certa responsabilità nel raccontare questa realtà?

Assolutamente. Quando ho saputo che avremmo realizzato questo film, ho deciso di cogliere l’occasione e di giocarmela fino in fondo. Non ci credevo fino al giorno in cui ci è arrivata la notizia della selezione al Biennale College. Una volta saputo, ho voluto fare tutto il possibile per essere sincero e autentico, senza paura di raccontare le cose così come sono. Abbiamo coinvolto attori, membri della troupe e anche veri ragazzi delle case famiglia per rendere il tutto il più onesto possibile.

Dopo questo esordio, cosa dobbiamo aspettarci dal tuo prossimo progetto?

Intanto spero che questo film trovi una distribuzione il prima possibile. Ogni volta che posso, faccio un appello, perché non è per una questione di successo, ma per far conoscere una realtà che molte persone ignorano. Sto scrivendo un secondo film, ma con calma, perché sono ancora molto coinvolto in questo. Mi piacerebbe mettermi in gioco anche con altri progetti, magari non nati direttamente da me, cercando unRealizzato nell’ambito di Biennale College e presentato ad Alice nella Città, il debutto alla regia di Christian Filippi rivela le difficoltà di tanti ragazzi e ragazze giunti alla matura età nelle case famiglia. Nel cast Zackari Delmas, Silvia D’Amico e Giulia Galassia connessione con idee già sviluppate. L’importante per me è restare fedele al mio modo di raccontare storie, cercando sempre di renderle accessibili al pubblico.

autore
20 Ottobre 2024

Alice nella città 2024

Alice nella città 2024

Camilla Iannetti: “L’era d’oro è il ritratto di una famiglia non convenzionale”

Presentato ad Alice nella Città 2024, il documentario della regista romana ci porta a Palermo, a riscoprire le protagoniste del suo primo film alle prese con l'arrivo di una bambina

Alice nella città 2024

Alice nella Città 2024, ‘Bird’ di Andrea Arnold è il Miglior film

Il film con Barry Keoghan e Franz Rogowsky si è aggiudicato il premio principale del concorso alla sezione parallela della Festa del Cinema di Roma 2024

Alice nella città 2024

I Fratelli Karamazov tra western e tragedia

In Squali, presentato ad Alice nella città, il regista Alberto Rizzi cerca la strada dell'attualizzazione del celebre romanzo di Dostoevskij che trasporta in Veneto

Alice nella città 2024

Antonio Capuano: “La bellezza è inventarsi la vita. E anche un film”

L’Excellence Award di Alice nella Città va al regista napoletano per la sua opera prima Vito e gli altri, restaurata in 4K da Cinecittà. La presidente Sbarigia: orgogliosa del restauro dei film di grandi maestri


Ultimi aggiornamenti