I torturatori di Abu Ghraib


Berlino. A volte il cinema scende in campo per i diritti umani. È il caso di Standard Operating Procedure, che ha provocato nella capitale tedesca anche un convegno, “Diplomacy in the Age of Terror: The Impact of Diminished Rule of Law on International Relations”, a cui partecipano oltre al regista Errol Morris, alcuni politici, diplomatici ed esponenti delle associazioni per i diritti umani, tra cui il direttore del ‘Financial Times’, Lionel Barber, e il presidente della Commissione per i diritti umani del Parlamento tedesco, Herta Daubler-Gmelin.

 

Il film, in concorso alla Berlinale e poi in sala con la Sony, mostra l’orrore della tortura e la stupidità dei torturatori, soldati americani cresciuti davanti alla tv trash. Il premio Oscar Errol Morris ha raccolto foto e video terrificanti, realizzati nel carcere di Abu Ghraib in Iraq, e ha arricchito il tutto con le interviste agli stessi soldati torturatori, uomini e donne. Le facce in primo piano sul grande schermo del sergente Ken Davis, dei militari Javal Davis e Tony Diaz o delle soldatesse Lynndie England e Sabrina Harman, che raccontano per circa due ore episodi raccapriccianti. Come quella volta che per i 21 anni di Lynndie venne costruita una sorta di torta con montagne di prigionieri nudi ammucchiati e poi costretti a masturbarsi davanti alle soldatesse che li umiliavano per gioco. Oppure prigionieri mascherati, azzannati dai cani, annaffiati da docce bollenti, legati con catene alle sbarre o tenuti al guinzaglio come animali. E ancora lampade rotte fracassate sui detenuti, sodomizzati con manici di scopa, riempiti di formiche, feriti da colpi d’arma da fuoco e poi ripetutamente fotografati o filmati.

 

Terribile la foto del prigioniero messo in piedi su una cassetta, incappucciato con un sacchetto e con fili collegati a dita delle mani dei piedi e al pene. Tra l’ottobre e il dicembre 2003, alcuni di questi ragazzi americani scelsero la guerra solo per uscire dalla povertà e comprarsi un’ambita Ford Mustang. Gli abusi sistematici non sono però tutti considerati illegali e la Standard Operating Procedure è il confine tra ciò che è ancora lecito, mentre sono ritenute ‘criminal acts’ le azioni più violente.

 

“Sono state consegnate 279 foto all’Army Criminal Investigation Division. Io – ha detto Morris – ho deciso di intervistare le cosiddette le ‘bad apples’ (le mele cattive, ovvero i soldati toruratori) puntiti per aver messo in imbarazzo il Corpo Militare Usa e demonizzati dai media. Ho voluto far capire alla gente chi realmente fossero e perché hanno praticato tanto orrore. Al contrario del mio precedente documentario che mi valse l’Oscar, The Fog of War, e che narrava degli uomini di potere, ho voluto focalizzare la storia sui soldati di basso rango e non sui generali, come Karpinski, Graner o Frederick. Vorrei che venissero puniti i veri responsabili, perché molte persone coinvolte nello scandalo di Abu Ghraib sono protette e magari prendono le medaglie, dopo aver messo i bambini in prigione e torturato nel peggiore dei modi i prigionieri. La gente deve chiedersi: è questa l’America?”, ha concluso il regista.

12 Febbraio 2008

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