VENEZIA – “Uno dei motivi per cui ho fatto questo film è perché nel frattempo ho fatto anche altri film sulla Seconda Guerra Mondiale, sull’Olocausto, e il pericolo del nazionalismo è stato messo a dormire: è stato evacuato dall’agenda europea; ma non è sparito. 30 anni fa ho intitolato il mio film Europa Europa: era stato girato nel 1989, anno speciale per la Storia europea; la vaccinazione dell’Olocausto è sparita ma adesso ci ritroviamo in un momento in cui può riaccadere il passato. L’Europa è il sogno ma anche dove sono accaduti i peggiori crimini contro l’umanità, ecco perché – allora – il doppio nome nel titolo. La crisi dei rifugiati darà forma al futuro dell’Europa. Il film – Il confine verde – racconta quello che sta accadendo in queste regioni – tra Polonia e Bielorussia – e abbiamo scelto un approccio epico, con punti di vista diversi – la famiglia, i militari, gli attivisti – perché è una storia da vedere in tutte le complessità possibili, per dar voce a tutti quelli che non l’hanno”, così Agnieszka Holland presenta il suo film in Concorso alla Mostra.
La storia apre a ottobre 2021 e si svolge in un estenuante andirivieni al di qua e al di là del filo spinato che traccia il confine, in cui in particolare un gruppo di civili – compresi bambini e donne in attesa – giunti lì con un volo aereo sognando la Svezia come approdo, sono costantemente sballottati – tra aree paludose, bottiglie di acqua acquistabili dai militari a 50 euro ciascuna, pestaggi ingiustificati da parte di alcuni di loro: sono esseri umani scappati all’ISIS e che cercano di non morire di sete abbeverandosi agli aghi di pino. Non è una storia di finzione – o meglio, lo è come scelta di messa in scena, ma è la verità dell’Europa attuale, e – nel film – espressamente viene spiegato a questi migranti che sono le pedine di una crisi geopolitica cinicamente architettata dal dittatore bielorusso Aljaksandr Lukašėnko, che li vuole in Polonia, ovvero in Europa formalmente – “terra promessa” per questa gente – ma per poterli usare come arma, perché la Polonia non li desidera e lì raccontano alla popolazione che loro siano i cattivi.
“Se avete letto Dostoevskij” – continua Agnieszka Holland – “la natura umana è capace del meglio e del peggio e i miei film riguardano proprio questo; così sono le guardie al confine: quanto questo potenziale è usato dai politici, dalle chiese, dagli opinion maker? Io ho parlato in modo anonimo con guardie di confine e la battaglia è dentro i loro occhi. I media polacchi, alcuni, seguono la crisi in modo onesto e rischioso ma il governo ha deciso di chiudere la zona intorno alla frontiera così sono stati bloccati dall’accedere alla zona incubo, che non si è potuta documentare. Era impossibile per un documentarista o giornalista andare lì, ma io potevo fare un film di fantasia e continuare a parlarne. Pochi hanno protestato per la creazione di questa zona e anche i media hanno accettato di non andare lì: credo che i media debbano sempre controllare se i governi prendono decisioni che limitano la libertà. I media hanno fatto cose importanti ma sono stati anche un po’ codardi e un po’ pigri”.
Per l’autrice polacca “se si sta cercando il cuore della realtà, la forza del film è essere un film sui migranti. Il cinema europeo di fiction non è abbastanza coinvolto nella narrazione del mondo di oggi su scala epica. Ci hanno rimpiazzato le serie tv più ambiziose e il cinema deve riguadagnare spazio; la crisi climatica, dei rifugiati, dei nazionalismi: se i film non torneranno a riappropriarsi di ciò perderanno la loro forza morale”.
Se tre decenni fa per Agnieszka Holland era Europa Europa il grido, come legge l’Europa contemporanea, attuale? “Credo stia perdendo le sue convinzioni, abbia paura del cambiamento drastico nelle zone di confort, i politici populisti sfruttano le circostanze e quelli come Putin hanno capito i punti deboli del potere europeo e usano questo in modo sempre più efficiente. Credo che l’Europa, figlia del risveglio dopo la Seconda Guerra, abbia paura ad affrontare il problema dei migranti, che i mezzi usati siano inefficaci, sanno che così non si risolverà il problema, si tratta solo di usare palliativi sulla ferita aperta, come per la catastrofe climatica crescente per cui dovrebbero decidere cosa fare: l’Europa, se continuiamo così, sparirà, diverrà una fortezza, dove chi tenterà di entrare verrà ucciso, da noi europei”.
Infine, Holland – a conclusione della conferenza stampa ufficiale del suo film – legge un messaggio di Grupa Granica, alleanza di 14 associazioni che si occupano di migranti in Polonia, un pensiero per non dimenticare “…persone che si nascondono nella foresta, che perderanno la vita, non perché l’Europa non possa fare qualcosa, ma perché non vuole farlo …”.
60.000 sono gli esseri umani deceduti – dal 2014 ad oggi – cercando di raggiungere l’Europa (24.000 nel Mediterraneo) afferma l’autrice, che alla fine della lettura chiede un minuto di silenzio per loro, richiesta a cui è seguita spontanea una standing ovation di tutta la sala conferenze, conclusasi con un applauso affettuoso e molti sguardi lucidi.
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