“C’è una via delle madri in tutta la mia opera e tanti omicidi e suicidi. Ne I pugni in tasca lui uccide la madre, ne Il gabbiano c’è un suicidio in Gli occhi, la bocca ancora un suicidio, quello del gemello. Le morti dei figli e delle madri e il rapporto tra figli e madri costituisce il nucleo principale della nostra vita”. A parlare così stamani è il regista Marco Bellocchio nel presentare Fai bei sogni, liberamente ispirato al best seller omonimo di Massimo Gramellini (edito da Longanesi con 1.350.000 copie vendute) che dopo Cannes, dove ha aperto la Quinzaine, arriva in sala da giovedì in oltre 250 copie distribuite da 01 Distribution.
Il film parla appunto dell’assenza di una madre, quella di Massimo (Valerio Mastandrea), giornalista famoso che vive nell’ombra di un ricordo doloroso. Fai bei sogni attraversa circa trent’anni della vita di Massimo, prima bambino e poi adolescente (Nicolò Cabras e Dario Del Piero), e poi, da adulto. Un uomo segnato da quel lutto misterioso, pieno di attacchi di ansia e insicurezze. “La storia del film – spiega Bellocchio – parte da un amore non patologico, forte e intenso tra una madre e suo figlio. Questo amore è qualcosa che io non ho conosciuto mai in questa forma, ma mi si sono immedesimato”.
Spiega Massimo Gramellini in collegamento da Torino: “Ogni libro ha sempre due autori: chi lo scrive e chi lo legge. Ma quando lo legge Bellocchio è un’altra cosa. Volevo in qualche modo rispettare la sua reinterpretazione, ma gli avevo chiesto solo una cosa: mantenere lo spirito del libro e questo lo ha fatto”. Dice Edoardo Albinati, sceneggiatore del film insieme allo stesso Bellocchio e Valia Santella: “Abbiamo dato fondo a tutta la nostra vena masochistica in questa sceneggiatura pescando risorse nelle nostre storie personali. Il libro non ci ha affatto frenato, ma anzi ha acceso le nostre fantasie”. Dello stesso parere Mastandrea che dice del suo ruolo da protagonista in Fai bei sogni (venduto in trenta paesi e a Natale nelle sale francesi): “Tutto è nato da un’improvvisa telefonata di Marco e ho subito capito che il tema era forte. Comunque non sono affatto d’accordo che il lavoro è una cosa e la vita un’altra. In un film ci si entra con tutte le proprie esperienze e con la propria vita e, alla fine, ti cambia”.
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