Giuseppe De Domenico: “Far parte della visione di Maura Delpero è stato qualcosa di unico”

L'attore è tra i protagonisti del film 'Vermiglio' che ha conquistato il Leone D'Argento-Gran Premio della Giuria all'81esima Mostra del cinema di Venezia


Per Giuseppe De Domenico la sfida in Vermiglio è stata grande. Sulle vette della Val di Sole «è stato un po’ come quando in un’escursione ti ritrovi tra la bellezza delle altezze e la paura dei precipizi. Sono stato felicissimo di aver lavorato con Maura Delpero. Aver fatto parte della sua visione è stato qualcosa di unico”, ci ha detto l’attore qualche ora prima che la presidente di giuria dell’81esima Mostra del cinema di Venezia, Isabelle Huppert, dal palco della Sala Grande del Palazzo del Casinò, annunciasse la vittoria di Vermiglio del Leone d’Argento-Gran Premio della Giuria.

Nel film, nelle sale dal 19 settembre con Lucky Red, De Domenico, siciliano, classe 1993, interpreta Pietro, un giovane soldato, un disertore che arriva in questo paesino del Trentino e conosce Lucia, figlia del maestro (Tommaso Ragno), innamorandosene.

Giuseppe, come hai lavorato alla costruzione del tuo personaggio?

Mi sono avvalso della mia insegnante storica, Anna Laura Messeri, per confrontarmi su come trovare la giusta intenzione interpretativa di questo giovane uomo. In ogni singolo movimento e in ogni singola parola ho cercato di trovare la giusta emozione. Gli orrori della guerra rendono anche questo personaggio una sorta di fantasma.

In che cosa ti rispecchia?

La vulnerabilità è un elemento che abbiamo in comune. È difficile inventarla, il lavoro è stato tirarla fuori. Con Pietro condivido anche il desiderio di un amore autentico, oltre a essere una persona che per i suoi silenzi nella vita è stato frainteso.

Vermiglio è un film ambientato in un mondo antico, lontano da te che fai parte di una generazione ancorata alla tecnologia. Provi in qualche modo nostalgia per quell’universo?

Un oggetto tecnologico crea oggi un’astrazione digitale che ti disconnette dalla realtà. Provo sicuramente nostalgia per la qualità dei rapporti e del contatto che c’erano allora, ma anche per la qualità delle attese. 

Vermiglio è un film basato anche su molti silenzi. È più difficile comunicare senza usare le parole?

Dipende sempre dalla sceneggiatura. Maura ha descritto bene cosa avveniva nella sceneggiatura, ed è stato bello avere poche cose da dire. Laddove le parole sono messe in secondo piano, le immagini risultavano centrali.

Tutto l’opposto del teatro, dove la parola è fondamentale. 

Io vengo da una formazione di prosa e lì sicuramente il lavoro è molto diverso. Qui abbiamo recitato al fianco di attori non professionisti. Dettavano loro il tono e il ritmo, noi ci dovevamo accordare per dare un livello di autenticità e verità. È stato tutto un lavoro a togliere. 

Quando hai scelto di fare l’attore?

Al secondo anno di ingegneria edile mi sono reso conto che la recitazione mi dava la possibilità di scoprire e legittimare i miei stati emotivi. Non volevo fare l’attore perché banalmente mi piaceva vivere le vite di altri. Attraverso i ruoli che interpreto, riesco a scoprire di più me stesso. Ho lasciato la Sicilia per studiare recitazione a Roma in una scuola privata e poi sono andato a Genova dove mi sono diplomato al Teatro Stabile.

Il tuo debutto è stato, quindi, su un palcoscenico.

Il primo progetto importante è stato Antigone di Michele Di Mauro dove facevo Emone e poi La cucina di Valerio Binasco. Nel 2017 mi sono trasferito a Roma per girare il film tv su Paolo Borsellino dove interpretavo il figlio. Poi è arrivata la serie internazionale ZeroZeroZero di Stefano Sollima nella quale ho impersonato un criminale. Ho vissuto un periodo di ambizione negativa e quel personaggio in qualche modo l’ho sentito vicino, creava distacco e paura.

Hai lavorato anche con Valeria Golino in Euforia.

Quello è un progetto a cui tengo molto. Appena arrivato a Roma da Genova, feci da spalla a tutti i provini degli attori. Davo le battute e, facendolo, ho imparato ogni giorno qualcosa. Valeria mi ha affidato nel film un piccolo ruolo di contorno, che per me vale tanto. 

Da chi ti piacerebbe essere diretto?

Alice Rohrwacher, ma anche Paolo Sorrentino. L’ho incontrato recentemente in un provino, e magari la prossima volta faremo un passo in avanti. Un tempo quando non mi prendevano, provavo grande amarezza. Ora è diverso.

Oggi c’è tanta competizione, visto che ci sono molti giovani attori?

Il mercato si è aperto all’internazionalità e c’è uno scambio maggiore con altri Paesi e questo porta anche ad alcuni attori italiani della mia generazione ad avere possibilità all’estero. Ci possono essere occasioni per ognuno di noi. Grazie a ZeroZeroZero mi sono ritrovato da solo a 25 anni dall’altra parte del mondo, in America, a recitare. E spero che mi capitino ancora occasioni così.

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