“Manuela Cacciamani è un tecnico” ed “è colei che ha scoperto che Cinecittà non era come l’avevano rappresentata in determinati bilanci fatti in precedenza, diciamo così, nella gestione precedente, non mi spingo a fare nomi, a dire cose perché è inutile. Io sono il politico, oltre che giornalista, disturbatore eccetera, cioè sono colui che come ministro della Cultura gestisce Cinecittà per conto del Mef. Allora qui una cosa deve essere chiara, se leggete sui giornali, ovunque e di qualunque colore siano questi giornali, che adesso è che è arrivata la destra, Cinecittà non va bene, sappiate che è una balla monumentale. E aggiungo, è una balla smentita dal lavoro di Manuela Cacciamani e della sua cosiddetta due diligence, che cos’è una due diligence? Quando uno va a scavare in ciò che hanno fatto quelli che c’erano prima e trova i peccatucci. Ma sappiate, peccatucci o non peccatucci, che come disse quello per salvare l’euro, di fronte a Cinecittà, whatever it takes. Cinecittà, sappiate, sarà sempre salva e prospera”. Lo ha detto il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, intervenendo al dibattito “Per un nuovo immaginario italiano. La via italiana per la rinascita del settore cinematografico” organizzato nella sesta giornata di Atreju, al Circo Massimo.
Al panel è intervenuta anche Manuela Cacciamani, ad di Cinecittà, che ha affermato: “Cinecittà ha passato vari momenti di crisi e questo è un momento di passaggio dove sicuramente abbiamo iniziato un’attività di rilancio, a Los Angeles abbiamo incontrato gli operatori internazionali che hanno molto apprezzato il nuovo tax credit. Come si fa a farla ripartire? Si fa grazie al fatto che comunque il brand è già molto forte; grazie al PNRR inoltre nel 2026 avremo degli studios super tecnologici e molto competitivi”; infine Cinecittà “ha un grande valore rispetto agli studios del mondo, che sono le persone”.
“Si può fare buon cinema e buona cultura anche quando le risorse sono poche”, ha spiegato ancora il ministro della Cultura. Nel rispondere alle critiche sul nuovo sistema per erogare risorse al cinema Giuli sottolinea che “la destra è sicurezza e legalità, è ordine anche nei conti pubblici ed è meritocrazia. Quindi dopo anni di disordine in cui si mescolava un cinema stellare a posizioni di rendita – prosegue – il governo di destra e centro si è incaricato di mettere ordine, dicendo ‘noi partecipiamo al rischio di impresa ma con ordine, creando selezioni e norme rigorose'”. Un discorso questo che “riguarda il tax credit e tutto il complesso” precisa.
Del resto, secondo Giuli, “è evidente che c’è bisogno di dare anche un segno identitario: vi siete mai chiesti perché non c’è mai stata una fiction su Fabrizio Quattrocchi?”, è il quesito che il ministro rivolge alla platea, ricordando che con ogni probabilità ce ne sarà una presto su Nicola Calipari. Perché è giusto incoraggiare “a patto che sia rappresentata una realtà plurale, è un diritto? È un dovere per chi amministra la cultura”, afferma Giuli per il quale “dovrebbe esistere un tax credit più incoraggiante per opere che hanno meno disponibilità come quelle dei giovani”. Insomma “bisogna saper spendere bene”.
Inoltre in tema di creazione di un immaginario “questo significa creare sfere di autoriconoscimento, non il film iraniano con la cinepresa fissa sull’erba che cresce. Occorre riattivare le nostre radici, attingere a quelle profonde e rappresentarle. Occuparsi di cosa? Rappresentare le periferie, rappresentare gli immigrati di prima e seconda generazione, raccontare la guerra e i conflitti sociali. Bisogna essere meno ombelicali, accorciare le distanze tra centro e periferia che è la verità”, spiega Giuli che mette in guardia dal politicamente corretto declinato nella cultura woke. “Oggi alcune cose non rientrano nei codici della nostra società, di cultura woke si muore perché quello che produce non è la censura, è l’autocensura. Alla fine morirà per autofagia, a forza di negare negherà se stessa: allora saremo più liberi e potremo rappresentare la nostra società senza paura” conclude.
“Dovrebbe esistere un tax credit raddoppiato o più incoraggiante per le opere fatte con pochi soldi. Ricordiamoci che in Italia il neorealismo ha fatto la storia del cinema mondiale con pochissimi soldi e tanta creatività. Il che significa che bisogna anche incoraggiare i giovani che hanno meno disponibilità, perché si scommette meno su di loro”, afferma,
Infine una riflessione sul politicamente corretto: “la sensibilità si modifica con il tempo quindi non c’è dubbio che oggi alcune cose non rientrano nei codici della nostra società. Ma attenzione: di cultura woke si muore perché produce qualcosa di peggiore della censura, ovvero l’autocensura”. Il politicamente corretto “nella sua declinazione morirà per autofagia, perché a forza di negare finirà per negare se stesso. E allora saremo più liberi, di rappresentare la nostra società senza aver paura di sbagliare parole, avverbi, soggetti e predicati e fare dei discorsi di verità con le parole che la nostra logica binaria ci ha insegnato dalla nascita. Anche perché altrimenti è difficile raccontare la realtà se ti castri nel raccontarla”, conclude.
Gli altri interventi al panel sono quelli di Augusta Montaruli (vicepresidente Commissione Vigilanza Rai), Giulio Base (attore, regista e direttore del Torino Film Festival), Fausto Brizzi (regista, sceneggiatore e produttore), Federico Moccia (regista e scrittore), Giampaolo Rossi (amministratore delegato Rai).
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