“Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto”.
Nessun cinefilo di una ‘certa’ generazione – ma neanche delle successive – che abbia visto anche solo una volta Per un Pugno di dollari potrebbe mai dimenticare le parole che Ramòn (Gian Maria Volonté) rivolge a Joe (Clint Eastwood) nella parte iniziale del film. Le stesse parole che si ripeteranno nel finale, in quello che senza dubbio rappresenta il duello più celebre della storia degli spaghetti-western e non solo. Un genere che con questo film è ufficialmente inaugurato da Sergio Leone, e a cui a volte qualcuno si permette di riferirsi addirittura con disprezzo, pur se rappresenterà proprio la via italiana al western e rinnoverà completamente il genere anche oltreoceano.
Per un pugno di dollari (1964) è uno dei film scelti dall’Archivio Storico di Cinema Enrico Appetito per ricordare Gian Maria Volonté a trent’anni dalla sua scomparsa, nel primo dei tre appuntamenti allo ‘Spazio Scena’ di Roma la sera del 7 marzo 2024, nell’ambito di Gian Maria Volonté 30, la Mostra-Evento a lui dedicata al WeGil, aperta al pubblico dal 1 al 24 marzo 2024.
È il regista Daniele Vicari, nel ruolo di Direttore Artistico della Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté, a presentare il film, accanto alla giovane attrice Georgia Lorusso.
“Vi consiglio di vedere la Mostra, le foto dell’Archivio Enrico Appetito sono straordinarie”, afferma Vicari: “perché il fotografo (Enrico Appetito, ndr) è straordinario, ma anche perché il soggetto, Gian Maria Volonté, rende le foto tridimensionali, in grado di cambiare l’intenzione dello sguardo del visitatore, da scena a scena, da film a film”.
“Il magnetismo dello sguardo di Volonté è alla base della scelta che molti anni fa un gruppo di cineasti, che comprendono Ettore Scola, Elio Germano, Valerio Mastandrea e altri, me compreso, ha fondato una scuola di cinema intitolata al suo nome, il motivo per cui noi siamo qui”, continua il regista. “La nostra scuola ha voluto chiamarsi Gian Maria Volonté perché tutti noi ci riconosciamo nell’atteggiamento, nell’attitudine di quest’uomo che sapeva mescolare, ovunque fosse possibile, la sua capacità espressiva di attore nel cinema, in rapporto con il pubblico, con l’essere ‘un attore sociale’, come diceva lui stesso, essere e operare dentro la società, non essere mai indifferenti a ciò che ci accade intorno. Per queste stesse ragioni la nostra scuola regionale è completamente gratuita, e questo è uno dei nostri vanti, abbiamo voluto che la scuola intitolata a Volonté non avesse barriere di accesso. Se qualcuno di voi ha approfondito la sua figura, saprà che quando è venuto a Roma per studiare all’Accademia, lui dormiva per strada, in macchina. E questa determinazione di un ragazzo che voleva a tutti i costi imparare l’arte dell’attore ed entrare nel mondo che desiderava conoscere è una determinazione che ancora oggi i ragazzi hanno. E Georgia ne è la dimostrazione” – dice indicando la giovanissima diplomata alla Scuola Volonté che sta per prendere la parola.
“Io mi sono diplomata l’anno scorso in recitazione alla Gian Maria Volonté. È un’accademia pazzesca, perché ci sono tutti i reparti: regia, produzione, suono, fotografia, costume, vfx, tutti!… “, continua Georgia Lorusso. “All’inizio ti fanno fare un percorso interdisciplinare, in modo tale che tu possa vedere tutti i reparti: perché essere attore, o regista, o tecnico del suono, vuol dire anche sapere cosa fanno gli altri nella troupe, sapere quale è il tuo ruolo e quale non lo è, perché l’interesse è veramente comune, perché la costruzione di un film è lunga, è tanta. E per fare un film ci vuole del tempo, dell’attenzione, e ci vuole soprattutto una coesione tra tutti, solo così si arriva al film. ‘Io io io’ non funziona, e questa cosa alla Volonté la insegnano: io la consiglio a tutti, primo perché è gratuita, perciò provare si deve sempre. Le materie che si affrontano sono varie, e non è un’infarinatura metodica, ci sono vari metodi da esplorare, perché noi siamo tutte persone, e tutti voi mi state guardando con occhi differenti, ognuno di noi respira in un modo diverso. Quindi come fai a fare un mestiere se non sai bene cosa stai facendo tu nella vita? C’è una libertà nel rigore in questa accademia, come lo è stato per Gian Maria Volonté: un rigore che lui ha avuto per sempre, fino alla fine, e una professionalità. Spesso quando hanno inervistato attori che hanno lavorato con lui dicevano ‘pensavo di stargli antipatico, perché lui non mi guardava, non mi parlava’… Perché era dentro quel ruolo, e poi dopo gli diceva ‘guarda scusami, ero molto concentrato, e non volevo creare subito un legame tra noi’”.
“Poi ho fatto ‘La valigia dell’attore,’ – continua l’attrice – un laboratorio che si fa d’estate, all’isola della Maddalena, con Giovanna Gravina Volonté, sua figlia. L’ho conosciuta, siamo anche andate alla tomba di suo padre, che è stato anche un insegnante di vela, negli ultimi anni della sua vita. Infatti su questa tomba ci sono due pietre, una a forma di vela e l’altra a forma di barchetta. C’è molta natura, c’è anche un cactus, sa molto di vita quella tomba, e c’è questa scritta: “Il vento si leva, bisogna ritornare a vivere”: questo è un ottimo messaggio per ricordare cosa lui ha fatto in tutti i suoi film e in tutto il suo percorso. Vi ringraziamo di essere qui, di continuiare a tenere vivi i suoi film, perché sono davvero importanti socialmente, non siamo soltanto dei burattini: siamo qua per dire qualcosa, fare qualcosa, anche se noi attori siamo dei giullari di corte. Però farlo in un modo, farlo per un qualcosa, fa la differenza”.
“Non sono un critico cinematografico”, afferma Vicari riprendendo il microfono, “l’unica cosa che ci tengo a condividere con voi è che questo non è un film impegnato, e quindi non sembrerebbe entrarci nulla con Gian Maria Volonté. Quindi perché Per un pugno di dollari è un film importante, ed è bello che apra questa rassegna? Perché questo film è l’incontro straordinario tra alcuni talenti incredibili della nostra cinematografia, che in qualche modo sembrano non prendersi veramente sul serio”.
“Nel 1961 alla Mostra del Cinema di Venezia venne presentato un film, La sfida del samurai, di Akira Kurosawa”, continua il direttore artistico della Scuola Volonté. “Toshirō Mifune vinse la Coppa Volpi, e dopo tre anni uscì Per un pugno di dollari, che ha praticamente lo stesso plot. Tant’è che la produzione del film di Kurosawa denunciò quella del film di Sergio Leone, che fu costretta a cedere il 15% dei diritti d’uso a Kurosawa, che in un’intervista dichiarò di non aver mai guadagnato tanti soldi in vita sua se non con quel 15%. Perché Per un pugno di dollari in America ebbe un successo incredibile.
“Ma questo è solo un aneddoto molto significativo”, chiosa Vicari, “perché la disinvoltura con cui questi giovani facevano cinema era totale. Per ‘difendersi’, Sergio Leone disse che in realtà quella era la storia di Arlecchino servitore di due padroni. E questo rimando goldoniano serviva per giustificare un’operazione molto più complessa e forte: se vi capiterà di vedere il film di Kurosawa, uno dei più grandi film della storia del cinema, noterete che ci sono molte cose quasi uguali, sia dal punto di vista della struttura del racconto che di quella dei personaggi. Questo gruppo di scriteriati geniali decise di fare questo film facendo finta che fosse un film americano. Quando uscì nelle sale, il film aveva i nomi del regista e degli attori ‘inglesizzati’, perché questi giovani volevano rompere la ‘barriera’ che si era creata con l’abitudine del nostro pubblico a vedere film americani, ed entrare così nel cuore degli spettatori non da una porta di servizio ma da quella principale. Questo ha permesso a Sergio Leone e ai suoi attori una libertà totale, e Gian Maria Volonté che accettò questo film quasi per gioco, probabilmente per soldi, perché erano anni difficili per tutti, trova in questo film un trampolino di lancio così forte dal punto di vista creativo che in alcune scene sovrasta tutti gli altri personaggi. Compreso Clint Eastwood, che dà una prova importante in questo film, che è quello che lo lancia nel mondo del cinema. La forza che Gian Maria Volonté mette in questo film arriva a noi nonostante noi non sentiremo la sua voce in nessuna delle versioni di questo film, perché Per un pugno di dollari è nato doppiato, da attori della radio sia nella versione italiana che in quella americana. Nonostante ciò, la presenza straordinaria di tutti questi attori arriva i giorni nostri con una freschezza incredibile, che a me lascia, rivedendolo, una sensazione che voglio lasciarvi: quella del desiderio di voler ‘giocare a fare il cinema’. Lasciandosi anche permeare dai conflitti della società che c’è intorno: ma Sergio Leone non si lascia mai schiacciare dal desiderio della verosimiglianza, infatti il film all’epoca fu accusato dai critici con la ‘C’ maiuscola di essere un film inverosimile… In realtà il pubblico di tutto il mondo lo ha trovato divertente, nel quale in qualche modo riconoscersi. E in questo film la performance di Volonté ha fatto in qualche modo anche ‘scuola’: lui non ha creato solo un personaggio, ma un ‘modello’ a cui si sono ispirati moli altri attori. Io ho una mia personale idea, che forse è solo la mia, che lui si sia ispirato a Toshirō Mifune, che in realtà in questo film dovrebbe essere interpretato da Clint Eastwood. Ma quest’ultimo, come diceva Sergio Leone, aveva solo due espressioni, mentre Gian Maria Volonté ne ha un bel po’ di più. E secondo me Volonté ha studiato non solo Toshirō Mifune, ma tutto quel mondo espressivo lì, fino a costruire la maschera incredibile e straordinaria che si vede in Per un pugno di dollari”.
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