Ferrara: non cancellate il Chelsea Hotel

Presentato Fuori concorso come proiezione speciale l’ultimo film di Abel Ferrara, Chelsea on the Rocks racconta la storia del leggendario Hotel Chelsea, situato nel cuore di New York, a Manhattan, dei famosi artisti che hanno frequentato questo mitico e ospitale luogo che rischia di scomparire, soppiantato da un centro commerciale. Prodotta da Jean Gatien e David D. Wassermann e interpretata, tra gli altri, da Ethan Hawke, Dennis Hopper, Milos Forman, Gaby Hoffman, Grace Jones e Giancarlo Esposito, la pellicola ha come vero protagonista l’edificio newyorkese edificato nel 1883, come primo esempio dei lavori edili delle cooperative.

Con i suoi 12 piani conservò il primato del palazzo più altro della città fino al 1902 e nel 1905 venne trasformato in un hotel con 250 camere. Da allora in poi è stato considerato un inviolabile santuario frequentato da artisti, scrittori, musicisti e spiriti liberi, diventando così un pezzo fondamentale della cultura americana. Tanti i personaggi passati nell’albergo: Sir Arthur Clarke, Vladimir Nabokov, Bob Dylan, Stanley Kubrick, Arthur Miller, Joni Mitchell, Dylan Thomas, Mark Twain e Tennessee Williams, Milos Forman, Patti Smith, Andy Warhol, Jane Fonda, Charles Bukowski, Jimi Hendrix, Julian Schnabel e tanti altri.

Ma l’hotel, più che una lista di nomi importanti e famosi, “è soprattutto un rifugio per tutti coloro che fanno dell’arte la loro fonte di vita – ha detto il regista Ferrara – Io ho dormito nei migliori hotel del mondo, ma nessuno riesce a offrire le atmosfere del Chelsea”. Quando è nato il desiderio di realizzare il film? “E’ arrivato dopo le polemiche sorte in seguito alla notizia che Stanley Bard, colui che dal dopoguerra in poi creò la fama del Chelsea Hotel, voleva trasformarlo in un albergo di lusso con tanto di centro commerciale e di Starbucks, la famosa catena di caffè, imitando così il triste destino che ha avuto l’hotel Chateau Marmont di Hollywood”.

Ferrara ricorre così al documentario nello stile di Michael Moore, con la speranza “che il nostro grido d’allarme arrivi oltre frontiera e ponga l’attenzione di molti sulla seria minaccia che questo cuore artistico storico e culturale di Manhattan venga presto cancellato”.